Credere che è possibile

Single, papà di un sedicenne Molte volte nel corso degli anni ho chiesto alla madre di Paul di sposarmi. A un certo punto, quando sembrava che questo mio desiderio si stesse concretizzando, ho comprato una casa e vi ci ho trasferito lei e nostro figlio. In seguito, però, ci siamo nuovamente lasciati: era chiaro che non ce l’avremmo fatta a costruire una famiglia stabile. Madre e figlio sono rimasti in quella casa, e molti attorno a me dicevano che in questo modo mi facevo sfruttare. Ma io vedevo la cosa con occhi ben diversi: era la casa di Paul, e lui aveva bisogno di sua madre. Per me era una grande sofferenza il non poter vivere insieme come famiglia, in particolare il non accompagnare nostro figlio a letto la sera o far con lui colazione al mattino. La cosa più difficile era per me intuire il dolore che gli stavo procurando. Più Paul cresceva, più gli faceva male il fatto che, dopo averlo incontrato, dovevo andarmene di casa e non stare con lui. Ho dovuto accettare il fatto che quella era una croce sua, e che io non potevo far niente per levargliela. Poco tempo fa mi ha chiesto qualcosa di più sul rapporto mio con sua madre e sulla sua gravidanza. Gli ho raccontato come ci eravamo incontrati, come il rapporto tra noi era stato molto burrascoso per tre anni, e come un giorno lei mi disse che lo stava aspettando. È stato uno shock per me – gli ho detto -, ma subito mi sono accorto che questo figlio sarebbe stata la realtà più importante della mia vita. Mi sono immaginato la mia vita con te e che da quel momento eri entrato nella mia vita per sempre come il più grande dono di Dio. Quando Paul nacque, ricevette il battesimo, ma dopo di ciò non ebbe più alcuna formazione religiosa, dato che sua madre (non cattolica) ed io non riuscivamo a metterci d’accordo su come farlo. La mia unica consolazione era che Dio aveva tutto in mano e che un giorno gli avrebbe dato il dono della fede. Me lo sono ricordato tante volte negli anni, perché avevo un fortissimo desiderio di condividere con lui la mia fede. Ogni anno, fin dalla sua nascita, Paul mi ha accompagnato ai grandi incontri dei Focolari e questa, assieme alla testimonianza che cercavo personalmente di dargli con la mia vita, incluse le molte mancanze e il mio ricominciare ogni volta ad amare, è stata la sua occasione di entrare in contatto con la fede cristiana. Veniva anche con me a messa ogni domenica, ma se ne stava seduto e annoiato perché non credeva in Dio. Io gliene parlavo ogni volta che me lo chiedeva. Due anni fa mi ha chiesto ripetutamente di poter vivere con me. Gli ho detto dapprima che il suo posto era accanto a sua madre, ma a 13-14 anni forse aveva bisogno proprio di me. Quello era anche il mio desiderio, ma voleva dire chiedere a sua madre di lasciare la casa. Dopo una resistenza iniziale, lei ha capito la richiesta di Paul e la sua partenza non è stata un passaggio troppo difficile, dato che poco tempo prima aveva incontrato un uomo di cui si era innamorata. Ora è sposata con lui, aspetta un bambino, e vive in un altro Paese. Sia io che Paul abbiamo mantenuto un buon rapporto con lei e suo marito. Ora vivo insieme a mio figlio ed il nostro rapporto è sincero e bello. Sin dall’inizio siamo stati d’accordo su tutto, tranne che su Dio: è un pensatore assai logico, e il suo soggetto preferito è la matematica. Così un giorno, in una rivista culturale dei Focolari, gli è capitato di leggere un articolo intitolato Il concetto matematico dell’infinito nel pensiero di Chiara Lubich. All’inizio Paul sembrava non esserne stato colpito. Poi, in un momento di confidenza, con le lacrime agli occhi mi ha detto quanto lo aveva toccato quella comprensione sull’infinito assoluto, e come esso sia in relazione con Dio. So che Cristo ha sofferto. Lui ci ha mostrato la via – mi diceva -, lui si è svuotato, annientato ed ha generato vita in tutti noi. La sua morte e resurrezione rendono possibile ogni trasformazione, ogni cambiamento. Era come se la sua incredulità non fosse mai esistita. L’avevo sempre lasciato libero, credendo che la fede è veramente un dono che io non avrei potuto dargli. In quel momento ho sentito l’amore personale di Dio per ciascuno di noi due. E così ha continuato a raccontarmi che un anno prima aveva posto a sua madre la stessa domanda che mi aveva fatto riguardo alla sua gravidanza. La sua risposta: Eravamo molto giovani, tutto è stato uno sbaglio. Gli aveva fatto male, molto male, pensare di essere solo uno sbaglio. Eppure non poteva negare l’amore che aveva sentito. E continuava: Ora so che io non sono uno sbaglio. Dio è stato sempre lì e ha qualcosa di grande in mente per me da fare nella vita. B. D. – New Mexico Essere, non fare: mio padre ed io Mio padre ed io non siamo mai stati vicini. Non accoglieva niente di quello che cercavo di fare per colmare la distanza tra noi. Quando gli è stato diagnosticato un cancro, più che mai avevo deciso che dovevo risolvere la situazione. Volevo dirgli che gli volevo bene e sentire la stessa cosa da parte sua. Sicuro del mio programma, sono andato a trovarlo in Florida dove i miei genitori si erano trasferiti, per stare un po’ con loro. Ma più cercavo di aiutarlo, o a fare cose per lui, più mi metteva da parte dicendomi: Va’ da tua madre . Era per me una sofferenza sempre più acuta. Un giorno ero seduto sul terrazzo con lui quando mi sono accorto che avrei dovuto scordarmi di dover fare qualcosa per lui, ma semplicemente stare con lui, essere una presenza accanto a lui. Un attimo dopo mi ha chiesto di andargli a prendere il giornale. Era un atto d’amore minuscolo, ma il poterlo fare mi diede tanta gioia. I giorni seguenti sono stati particolarmente armoniosi con lui, e ogni cosa si svolgeva nella pace. Poco dopo la mia partenza, mio padre fu ricoverato in ospedale ed entrò in coma per alcune settimane. Mia moglie ed io lo andavamo a visitare e gli parlavamo, convinti che lui ci poteva ascoltare in qualche modo. All’improvviso con uno sforzo immane, si è come svegliato volendo comunicare con noi; ma non riusciva a farsi comprendere. Gli ho preso la mano e gli ho sussurrato: So cosa stai cercando di dirmi, ma non devi preoccuparti. Mi prenderò cura della mamma. Appena sentite queste parole, si mise a piangere. Senza parole ho sentito tutto il suo amore per me. Mio padre morì quella sera stessa. Sento una grande gratitudine in cuore. L. D. M. – New York

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