Corrado e la conquista della libertà

Vale la pena darsi tanto da fare per gli altri, credere nell’amicizia, quando poi proprio da chi ritieni più fidato ti arrivano certe fregature?. Ecco cosa andava rodendo Corrado dopo un’ennesima delusione al riguardo. Di qui la decisione, presa a mente fredda: Da ora in poi penserò solo a me stesso, a studiare per farmi una posizione: degli altri non me ne voglio più interessare…. Se prima di iniziare l’università veniva considerato una persona socievole e aperta, con queste idee per la testa nel giro di pochi mesi divenne scostante, un autentico riccio da cui era meglio stare alla larga. Per colmo di presunzione m’impuntai per affrontare l’esame più difficile di quel primo anno di Ingegneria. Per un pelo riuscii a superarlo, ma il mio amor proprio di diciannovenne ne soffrì: mai avevo sperimentato un fallimento così clamoroso. Per di più a casa era inevitabile il confronto con mio fratello che in neanche sei anni si era laureato in medicina col massimo dei voti. Corrado era appena riemerso dallo sconforto in cui era sprofondato che di lì a poco le sue sicurezze ricevevano un nuovo brusco scossone. Come ogni estate, trascorrevo le vacanze a Sanremo. Quell’anno poi, per scaricare la tensione degli ultimi insuccessi, non vedevo l’ora di riprovare l’ebbrezza della vela. Questo sport mi appassionava al punto che durante il periodo estivo era più il tempo che passavo a mare che quello sulla terraferma. Marco, un amico più giovane di un anno, m’invitò a provare la barca avuta in regalo dai genitori per la conseguita maturità. Quel 31 luglio 1978, a dire il vero, il forte vento e il mare grosso avrebbero sconsigliato tale gita, ma la fiducia nelle nostre capacità e l’attrattiva di una sfida agli elementi ci spinsero invece ad armare l’imbarcazione e ad avventurarci fuori dal porto. A stento riuscivamo tenerla sotto controllo, e nel momento in cui ci rendemmo conto che sarebbe stato meglio rientrare, vuoi per il forte vento in poppa, vuoi per imperizia di Marco che stava al timone, lo scafo si capovolse e ci ritrovammo a mollo. Per raddrizzarlo, bisognava afferrare la deriva e far leva col proprio peso; ma ciò che in condizioni normali non avrebbe costituito un grosso problema, con quel movimento di onde risultava una vera impresa. Tre volte tentai la manovra, senza però riuscire a risalire a bordo per tirare giù la randa; di modo che il vento, trovando opposizione nella vela, abbatteva ogni volta la barca. Mi lasciai così galleggiare sfinito con accanto un Marco che, avendo perso ormai la testa, non poteva essermi di nessun aiuto. Aggrappati all’imbarcazione capovolta e sospinti dalle onde, finimmo a ridosso della scogliera del molo. Per fortuna sopraggiunsero su un gommone dei soccorritori che ci aiutarono a toccar terra incolumi. Non senza fatica anche la barca venne messa in salvo. La cosa più singolare di questa disavventura fu però un’altra: nel momento stesso in cui, venutegli meno le forze, Corrado già cominciava a bere, ecco passargli per la mente in rapidissima sequenza, come in un film, certe immagini del suo passato. E il fenomeno continuò anche a terra, nei giorni successivi. Di che si trattava? Era un prender coscienza dei momenti più belli e densi di significato di tutta una vita, un coglierne la consequenzialità. Ora, questa sorta di sguardo retrospettivo, cui si accompagnava una più acuta consapevolezza della precarietà e fragilità umana, risultava a lui come un monito a non sciupare i tanti doni ricevuti, e uno stimolo invece a spendere bene gli anni a venire. Ma un’altra amara esperienza era riservata a Corrado. Sempre in quei giorni conobbi una ragazza di non comuni qualità. Impegnata in un gruppo di estrema sinistra, riusciva a mettere tempo ed energie a disposizione degli ultimi, degli emarginati, malgrado una situazione familiare disastrosa. Fu per me come uno specchio delle mie pecche: grazie a lei, infatti, mi resi conto che avevo perso il gusto di prodigarmi per gli altri; sì, avevo trascurato il mio prossimo, unicamente concentrato sui miei problemi, sulle mie esigenze. Ma proprio quando l’ammirazione verso questa ragazza cominciava a trasformarsi in un sentimento più profondo, rimasi freddato dalla scoperta che aveva già dato il suo cuore ad un altro… Come mai questo susseguirsi di scacchi, accompagnati da intense riflessioni esistenziali? Non saprei spiegarlo. Ad ogni modo tutto servì a far chiarezza in me e a far emergere il bisogno di riallacciare, una volta rientrato a Roma, i rapporti con chi, anni prima, mi aveva reso partecipe di una scoperta fondamentale. Anzi, così impellente fu questo desiderio che volli anticipare il mio rientro nel caldo della capitale, adducendo come scusa ai miei lo studio per un altro esame. A questo punto, per spiegarci meglio, occorre sapere qualcosa di più dei trascorsi di Corrado, ripresentatisi a lui in maniera così imprevista e movimentata. Frequentavo la seconda media presso un istituto gestito da religiosi quando, tramite il mio insegnante di inglese, conobbi alcuni giovani vicini ai Focolari e cominciai a simpatizzare con gli ideali di questo movimento. Con loro mi impegnai anche in una iniziativa di solidarietà a favore di una tribù africana che mi spalancò davanti un orizzonte vasto come il mondo, cui seguirono i primi entusiasmanti congressi internazionali. Vivere una esperienza comunitaria con al centro l’amore richiesto dal vangelo risultava, per un ragazzo della mia età, certo più dinamico e gioioso del cristianesimo di routine a cui ero abituato. Col tempo però, e specie quando iniziai il liceo, lungo questo percorso si evidenziarono difficoltà che mi parvero insormontabili. Mi accorsi infatti che non riuscivo a sostenere un ritmo di vita reso intenso dai molteplici impegni e attività, tanto più che i miei, cui premevano molto i risultati scolastici, non mi lasciavano una grande libertà di movimento. Senza contare che avvertivo ormai pressanti le inquietudini e gli interrogativi propri di un adolescente quale ero. La conseguenza fu che i miei contatti con quei giovani divennero sempre più sporadici, fin quasi a cessare durante gli anni del liceo. cui Corrado cercò di riallacciare i rapporti. Per la verità la cosa non fu così semplice e immediata, nonostante le sue buone disposizioni. Ma seppe tener duro: pur continuando gli studi con la consueta scrupolosità, si dedicò ad approfondire nella donazione agli altri quell’esperienza evangelica da cui, ne era certo, sarebbe dipesa tutta la sua esistenza futura. E ciò nella consapevolezza che si è giovani una sola volta, che occorre approfittare di questa stagione irripetibile per aderire con generosità a Gesù e alle esigenze del suo vangelo. Assorbito da questa esperienza, non avevo la benché minima idea di che strada prendere nella vita. Tutte mi sembravano ugualmente belle. Nell’ambito della comunità romana dei Focolari, avevo infatti la fortuna di conoscere persone delle più varie vocazioni che per me rappresentavano indistintamente un esempio luminoso. E poi il problema di una scelta, se di problema poteva parlarsi, non mi sembrava così impellente. Estate dell’81. Dalle vacanze a Sanremo quella volta Corrado era tornato con l’anima in subbuglio. Sulla gioia e sul senso di sacro provati al matrimonio di due cari amici s’era infatti stesa l’ombra di una proposta non proprio limpida fattagli da una ragazza. Forse la stessa condotta di lui aveva dato adito, sia pure involontariamente, a quell’episodio spiacevole? Fatto sta che nel suo rimuginare prendevano corpo sensi di colpa, di insoddisfazione verso sé stesso; e insistenti gli tornavano in mente, nei momenti più impensati, frasi come Dovresti essere e non sei… fare e non fai… vivere secondo un certo stile e non vivi…. Malauguratamente non aveva accanto, in quel frangente, nessuno con cui condividere quella prova. Mi stavo quasi convincendo che non ero fatto per un cristianesimo impegnato quando mi capitò di ascoltare la parabola del fariseo e del pubblicano. Rimasi colpito dall’umiltà di questi, che uscì giustificato dal Tempio, a differenza dell’altro; e quando più tardi volli rileggere la parabola nel Vangelo di Luca, provai un tale senso di liberazione dai miei limiti che ogni scrupolo, insoddisfazione, rimpianto (Dovresti essere e non sei… eccetera) svanì come nebbia al sole. Occorre dire che ero molto legato alla famiglia, da cui avevo assimilato valori importanti come il senso del dovere (non per niente mio padre aveva intrapreso la carriera militare); talvolta però questa educazione aveva pesato eccessivamente sul mio carattere e sul mio comportamento. No, non era stata facile per me la conquista della libertà. Quell’episodio per me fu decisivo: ora che Dio mi aveva dato un assaggio di questa libertà che scaturisce dall’amore, non c’era atto più logico e intelligente che ridonargliela dicendogli un sì deciso, scegliendo lui soltanto come il tutto della mia vita.

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