Colombia: perché ho votato no

Una lettrice di Bogotà spiega perché il processo di pace avviato nel Paese sudamericano necessita di una forza inclusiva e non esclusiva. Il referendum poneva un quesito a cui non si poteva rispondere affermativamente

Penso al mio Paese come a una famiglia che sotto la guida di un buon padre di famiglia (il presidente) deve  fare partecipi tutti i membri che la compongono, non solo il figlio preferito che beneficia della sua influenza (la guerriglia delle Farc), ma anche il figlio disobbediente e trasgressore, indisciplinato (tutti gli altri gruppi non nominati, ignorati che compiono pure atti di violenza e che fanno tanto male al nostro Paese). A tutti deve trasmettere e dare coscienza civica, morale e responsabilità per creare un ambiente pacifico, educandolo e dandogli  le stesse possibilità, formandolo, facendogli vedere i propri errori.

 

Gli altri membri della famiglia devono avere l’opportunità di comunicare, di essere parte della famiglia stessa, di essere perdonati come il figlio prediletto. Il padre deve donare e delegare ai singoli membri la responsabilità dei diversi compiti della famiglia per crescere dentro quello stesso nucleo famigliare. Il perdono, oppure le scuse, sono un diritto di tutti non solo del singolo, non devono essere lesi i diritti degli altri (le minoranze, non solo i gruppi contro la legge, ma anche istituzioni, studenti, operari, indigeni ecc.), anche se non esistono le regole adeguate, o le procedure che devono esistere in qualunque sistema o famiglia.

 

La mancata partecipazione di un elemento sostanziale, in un qualunque sistema, giuridico, ingegneristico, meccanico, umano… dà come risultato l’inefficacia e lo squilibrio d’un sistema, non sfruttando il vero potenziale della capacita del meccanismo o delle persone che portano avanti un Paese.

 

La storia del Vecchio continente – dalla rivoluzione francese a Hitler, Mussolini e Stalin, fino ai nostri giorni – ci insegna che la disuguaglianza rallenta un Paese e lo rende più povero, misero e frustrato, ma anche e soprattutto che così la violenza diventa un meccanismo di difesa. I monopoli, le privatizzazioni delle istituzioni, la vendita del patrimonio di un Paese quando è evidente il danno generale che questo produce o produrrà, il poco accesso a una qualità della vita degna che economicamente concentra la ricchezza, tutto ciò impedisce un vero sviluppo della comunità e dell’intero sistema di un Paese.

 

Per tutto ciò anche il nuovo accordo del presidente Santos non è buono per il nostro Paese, perché è ingiusto con tutta la Colombia, quella che ha detto no al referendum. Per raggiungere la pace si devono toccare alcuni temi centrali per il rispetto della nostra costituzione, come l’estradizione dei colombiani fuggiti all’estero. Ciò in effetti viola il diritto alla vita come uno dei nostri pilastri costituzionali: gli Stati Uniti hanno la pena di morte, contraria alla nostra Costituzione e al rispetto dei diritti umani sanciti dal diritto internazionale.

 

Il Paese continuerà pagando per la pace raggiunta con questo accordo parziale, firmato dal presidente. L’impunità per tanti delitti commessi fa sì che il vero perdono non sia ancora all’orizzonte. E ci saranno gruppi che continueranno a delinquere, lasciando le vittime con una retribuzione insignificante e premiando chi forse non lo merita con tanti benefici onerosi per il Paese.

 

Il perdono penalmente parlando è un premio donato dal presidente alle Farc contro la volontà dei colombiani che hanno detto no al referendum. Un popolo ignorante e indifferente è un popolo schiavo. La liberta di esprimersi e lo sciopero sono un diritto che non deve essere leso da nessuno, deve essere garantito dalle persone a chi governa il nostro Paese. La liberta permetterà di scegliere il meglio per tutti.

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