Chirac, 40 anni sotto i riflettori

Muore l’ex presidente francese a 86 anni, figura discussa e discutibile, ma animato da una forza politica oggi sconosciuta. Cattolico, da presidente fu prima francese che credente, esponente di quella “grandeur” che per decenni ha animato la scena pubblica transalpina

Dal 1977 al 1995, Jacques Chirac fu sindaco di Parigi. Fu perciò anche il “mio” sindaco, per 10 anni. Lo incontrai quattro o cinque volte, nel corso di manifestazioni ufficiali, ma anche più privatamente in margine a un incontro con l’allora presidente italiano Cossiga. Mi colpì perché attorno a lui non spargeva solo il profumo del tabacco che tanto amava, ma anche un’aura di serena determinazione. Cinico lo era, come forse tutti i presidenti del XX secolo post bellico lo furono, ma in modo se si può dire forse più umano dei suoi predecessori Mitterrand e Giscard, avvicinandosi in questo a colui che lo aveva lanciato in politica, Georges Pompidou.

Mi abituai poco alla volta alla sua figura alta, quasi imponente nei suoi atteggiamenti, al suo carattere duro e ai suoi sorrisi più aperti di quelli del presidente d’allora, François Mitterrand, ma comunque sempre parzialmente indecifrabili. Era cattolico, frequentava regolarmente la sua parrocchia, aveva una moglie, Bernadette, legata ad ambienti tradizionalisti cattolici, ma in politica era solo francese, non cattolico-francese. Aveva un senso quasi sacro della separazione tra sacro (appunto) e profano. Non partecipò mai a riunioni di “politici cattolici”, propendendo molto più chiaramente per il gaullismo laico più tradizionale. Aveva un fortissimo radicamento nel territorio rurale, prerogativa importante per i grandi di Francia, e la sua Corrèze non veniva mai dimenticata nei discorsi politici importanti.

Aveva soprattutto il senso di quella grandeur che era stata soprattutto di De Gaulle, che Mitterrand e in qualche modo anche Giscard d’Estaing avevano voluto perpetuare, e che invece i suoi successori faranno fatica a riproporre, certo non Sarkozy né Hollande, mentre ora Macron ci sta ritentando a modo suo. Ecco, per capire Chirac bisogna capire quel sentimento nazionalista che è la grandeur, sentimento francese per eccellenza. Jacques Chirac seppe interpretarla a suo modo, nei suoi elementi fondamentali.

Innanzitutto il radicamento nel territorio, appunto, che non vuol dire piccineria, ma visione che parte dal locale, dal contatto vitale con la gente: il presidente francese, almeno fino a tutto il XX secolo, per essere eletto doveva avere la dimensione di una figura popolare, una persona che la gente ammirava ma che nel contempo sentiva di poter invitare a pranzo senza problemi, anche abitando in una spersa fattoria del centro del territorio. I presidenti francesi – va ricordato che la Francia è una repubblica presidenziale, con un ruolo del primo cittadino molto più importante di quanto non sia ad esempio in Italia o Germania, che sono repubbliche parlamentari –, dovevano saper parlare alla gente, dovevano saper prendere decisioni anche dure ma in tutta indipendenza, a condizione che fossero corrispondenti al “sentire” del popolo.

Un presidente familiare con la grandeur, poi, doveva avere la chiara visione del fatto che la Francia aveva “qualcosa in più” rispetto ai vicini, e anche alle grandi potenze lontane; nessuno poteva imporle qualcosa che limitasse la sua indipendenza. Così la grandeur obbligava ad avere un’altissima considerazione dei “territori fuori dall’esagono” (come La Nuova Caledonia, come la Guyana francese, o l’isola di Mayotte), così come delle ex-colonie (politicamente parlando, perché economicamente talvolta qualche atteggiamento coloniale sussiste ancor oggi). Chirac non abdicò alle prerogative dell’Eliseo nella preservazione di questa memoria che aveva ed ha certamente qualche reminiscenza imperiale. Il fatto che fosse stato ferito in Algeria diede grande autorevolezza a quest’aspetto della sua “saggezza politica”.

Chirac, poi, sapeva agire nell’ombra. Grande frequentatore degli ambienti politici della capitale sin dalla sua gioventù con Pompidou (fu uno dei più abili negoziatori per mettere fine agli scioperi del ’68), sapeva bene che i francesi bisognava saperli sorprendere dopo aver non solo e non tanto “tramato” nell’ombra, quanto dopo aver lavorato silenziosamente per permettere che gli eventi si disponessero in modo favorevole. Corollario a questa capacità, era la flessibilità: il presidente resta presidente in ogni caso, anche se la maggioranza parlamentare non è dalla sua parte, o viceversa. Chirac dovette convivere come primo ministro con il socialista François Mitterrand, che difendeva strenuamente con le sue stilettate di fino le sue prerogative diplomatiche e nella difesa, e poi da presidente dovette convivere con il primo ministro socialista Lionel Jospin.

C’era poi un aspetto della grandeur che potrebbe sembrare poco importante, ma che per i francesi era ed è ancora un elemento fondamentale: il presidente deve saper conservare attorno sulla sua figura (anche sulle questioni più propriamente personali come gli affetti) una certa dose di mistero. Mitterrand fu maestro in quest’arte, ma Chirac fu suo degno successore. Anche il fiorire di continue leggende metropolitane sulle sue frequentazioni muliebri, in massima parte false anche perché il suo rapporto con Bernadette era solido, facevano parte dell’immaginario collettivo che avvolgeva la presidenza francese.

Infine, last but not least, l’aspetto più politico, il più importante di tutti: il presidente francese doveva e deve avere indubbie capacità di comando, deve saper guidare le truppe, non solo quelle dell’esercito, e deve avere la barra sempre orientata a nord. In questo Chirac è stato un campione, più di altri forse, perché anche nei momenti della sconfitta – e per lui ce ne furono non pochi, soprattutto alle tre presidenziali prima del 1995 – non si scoraggiò mai, avendo ben presente dove voleva arrivare, cioè all’Eliseo. Per il bene della Francia, naturalmente, ma anche per la propria indiscutibile ambizione personale. Tentò in tutti i modi di diventare presidente, ma ci riuscì solo all’ultima chiamata, quando batté un grigio Lionel Jospin.

Insomma, Jacques Chirac ha fatto di tutto per 40 anni, in oltre 40 anni di vita politica ai più alti livelli. Ripercorrere la sua vicenda umana, personale e politica, vuol dire ripercorrere tutta la vicenda politica francese dalla fine della guerra ai nostri giorni.

 

Breve biografia

Jacques Chirac nasce il 29 novembre 1932 a Parigi, da genitori della Corrèze.

Dopo la morte di sua sorella, studia prima a Corrèze, poi a Parigi, al Lycée Louis-le-Grand Maturità nel 1950. Frequenta Sciences Po nel settembre 1951.

Milita nel Partito Comunista e vende il quotidiano L’Humanité.

Nel 1950, firma l’Appello di Stoccolma di ispirazione comunista contro le armi nucleari.

Revisore contabile presso l’Università di Harvard nel 1952.

Rientra in Francia nell’ottobre del 1953, si fidanza con Bernadette Chodron de Courcel, che sposa nel marzo 1956. Hanno due figli: Laurence (1958-2016), che soffre di anoressia nervosa, un vero dramma per la famiglia, e Claude, nato nel 1962.

Studia alla Scuola Nazionale di amministrazione, l’Ena.

Servizio militare dal 1956 al 1957.

Volontario in Algeria, è ferito e promosso tenente nel dicembre 1957.

Entra alla Corte dei conti.

Nel dicembre del 1962, entra a far parte del gabinetto del primo ministro, Georges Pompidou, come incaricato di missione fino al febbraio 1967.

Nel 1965 viene eletto consigliere municipale di Sainte-Féréole, in Corrèze.

Nelle elezioni legislative del 1967 diventa deputato.

L’8 maggio 1967, si unisce al governo di Georges Pompidou, che lo soprannomina “il bulldozer” a causa del suo attivismo. È nominato segretario di Stato per l’Occupazione presso il ministro degli Affari Sociali.

Durante gli eventi del maggio-68, svolge un ruolo importante nei negoziati che porteranno alla firma degli accordi di Grenelle, che mettono fine allo sciopero generale.

Dopo il maggio 68 diventa segretario di Stato per l’economia e le finanze.

Georges Pompidou, è eletto presidente della Repubblica nel 1969.

Il 7 gennaio 1971, Jacques Chirac diviene ministro per le relazioni col Parlamento.

Nel luglio 1972 viene nominato ministro dell’Agricoltura.

Alle elezioni presidenziali del 1974 sostiene Valéry Giscard d’Estaing, che viene eletto.

Nel frattempo, Jacques Chirac prende il controllo del partito gollista, l’Udr.

Per alcune leggi discusse, come quella sull’aborto, Chirac deve dimettersi da capo dell’Udr.

Crea il Rassemblement pour la Republique (Rpr), nel 1976.

Il 25 marzo 1977 diviene sindaco di Parigi.

Alle presidenziali del 1981 finisce terzo al primo turno.

Alle legislative del 1986 ottiene la maggioranza assoluta.

Jacques Chirac viene nominato primo ministro dal presidente Mitterrand, per una convivenza difficile,

Nel 1988 viene di nuovo sconfitto da François Mitterrand.

Nel 1990 Edouard Balladur diventa primo ministro, essendo inteso tra i due che Chirac sarà candidato alle elezioni presidenziali del 1995. Ma Edouard Balladur decide di presentarsi.

Chirac viene eletto presidente della Repubblica nel maggio 1995 contro il candidato socialista, Lionel Jospin. Alle elezioni del 1997 vince la sinistra e Jospin viene nominato primo ministro.

Nel 2002 viene rieletto affrontando Jean-Marie Le Pen, con l’82,21% dei voti.

Ha come primi ministri Jean-Pierre Raffarin e poi Dominique de Villepin.

L’11 marzo 2007, Jacques Chirac annuncia che non sarà candidato per un terzo mandato.

Nel 2009 viene incriminato per lavori fittizi quando era sindaco di Parigi. Ha un ictus. Il 15 dicembre viene condannato. È la prima volta nella storia della repubblica francese.

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