Cesare salvato da Popolizio

Spinti dall’esigenza di messinscene agili che portano a ridurre o estrapolare brani di opere grandiose, il rischio che spesso si corre è quello di impoverire la complessità del dramma e l’interagire delle dinamiche interne di cui esso vive. Presentava questi limiti il progetto di Walter Pagliaro sulle tragedie romane di Shakespeare: tre allestimenti con brani da Giulio Cesare, Antonio e Cleopatra e Tito Andronico. Sul palcoscenico del Globe Theatre l’operazione ha così assunto la forma di studio; e tale, in parte, era per la presenza di giovani allievi attorno a due interpreti professionisti. L’intento era quello di evidenziare le ragioni che muovono Shakespeare a dare «volto teatrale a un mondo divenuto problematico e senza coerenza». «Sulla scena di questi drammi irrompe l’inafferrabilità del reale e l’inconsistenza dell’essere umano – si legge sulle note di regia – …in una fase di disgregazione sociale molto simile alla nostra». Con questo sguardo contemporaneo, ne Il mantello squarciato. Scene dal Giulio Cesare, si parte dall’imboscata omicida e dalla esaltazione da parte di Cassio della teatralità di quel momento: «In quante età future questa nostra scena sublime verrà recitata, in stati ancora non nati e con accenti ancora sconosciuti ». Nello sveltire però i passaggi della scarna tragedia (appena un’ora), i personaggi risultano rimpiccioliti, senza più grandezza se non nella lingua alta del Bardo. A riscattarla, però, oltre al Cassio dall’eloquenza istituzionale di Massimo De Rossi, c’era la presenza di Massimo Popolizio. Con qualsiasi personaggio si cimenti, Popolizio ci offre sempre indimenticabili interpretazioni. In una delle grandi scene in cui meccanismo del potere e meccanismo del cuore umano trovano una superba sintesi, il suo Antonio, senza ricerca di effetti declamatori, sembra evocare una necessità amletica nei toni colloquiali davanti al corpo pugnalato di Cesare. Per infiammarsi poi davanti al popolo. L’allievo di Cesare seduce quella massa in ascolto con le tecniche del maestro, spingendo l’arte oratoria ben oltre i confini della politica. Per il suo gran discorso pieno di colpi di scena, Popolizio domina sul balcone del Globe; quindi si strazia accanto al cadavere di Cesare, e furoreggia proteso sulle scale del proscenio. L’intensità sfaccettata della voce dell’attore romano, accompagnata da una gestualità istintivamente plastica e carica di senso, resa ancor più vibrante da un’atmosfera di luci caravaggesche, ci regala una pagina folgorante di grande teatro. ,

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