C’era una volta la befana

Sì, c’era una volta la Befana… anzi no! non c’era ancora, appunto. Invece c’era una ragazzina dal nome fiorito. Rosa – così si chiamava – era una giocherellona; per questo, fin da piccolina, si sbrigava a fare (bene) i compiti per andare a giocare con i bambini del quartiere. Ne aveva sempre una frotta dietro perché, quando si trattava di organizzare un gioco, magari inventandone uno nuovo lì per lì, Rosa diventava subito la leader naturale del gruppo. Non le mancavano certo nuove idee e poi non si stancava mai di ricominciare a giocare. Da bambina Rosa si trasformò in una ragazzina, poi in una ragazzotta, poi in una bella signorina, poi in una persona matura e su e su fino agli anta e agli ultra anta, insomma che nessuno sapeva quanti anni avesse. Eppure c’era qualcosa in lei che non cambiava mai; era la voglia di giocare e soprattutto di far giocare gli altri, perché niente le faceva più piacere degli occhi ridenti di un bambino che le andava dietro saltando a zoppetto, o del gridolino di spavento di chi la scorgeva… adesso sì… adesso no… a fare cucù da dietro un angolo. Le smorfie sul suo viso, prima di petalo di rosa e poi di corteccia grinzosa, erano sempre le più buffe, tanto che, quando c’era lei, nessuno pensava ad accendere la tv. Facendosi bambina con i bambini, Rosa non si era accorta che gli anni erano passati e conviveva pacificamente con gli acciacchi che pure si facevano sentire. Insomma, era rimasta giovane dentro. Ma un giorno… Rosa saltava a corda con un gruppo di bimbetti. Conoscete quel gioco in cui, invece di contare, si recita una filastrocca nominando, ad ogni salto, un frutto diverso?: mela, arancio, susina, limone, albicocca, banana… ed ecco che, come scivolando su una buccia, Rosa si trovò di colpo a terra. Tutti i bambini scoppiarono a ridere, perché si sa che a giocare qualche capitombolo ci scappa e nessuno se la prende. Rosa scoppiò a ridere anche lei, per non impedire la spontaneità di quello scoppio di risa, ma aveva avvertito che qualcosa si era rotto dentro. Eh sì, doveva pro prio essersi rotto qualcosa perché, tirarsi su e arrivare fino a casa, fu proprio un’impresa. A domani! A domani! le gridavano i bambini da lontano, mentre ognuno tornava contento a casa. Rosa, appena varcata la soglia della sua cameretta, si mise a letto e di colpo capì che mai più avrebbe avuto la forza di scendere in cortile a giocare e che non sarebbe più stata attorniata da un’allegra frotta di tanti bambini. Certo i suoi amichetti sarebbero venuti a visitarla, lei inferma nella sua stanza, ma poi le visite si sarebbero diradate e… Rosa chiuse gli occhi e sospirò. I giorni passarono un po’ tristi, ma presto ebbe l’impressione che c’era Qualcuno che faceva capolino da dietro la finestra chiusa o dal fondo del bicchiere dal quale aveva bevuto una medicina; a volte appariva da dietro la schiena del dottore che si chinava su di lei, un giovanotto appena laureato che pure le metteva soggezione. Infine le sembrò di scorgerlo nascosto dietro il luccichio di una lacrima che qualche volta le scendeva. Poi ebbe perfino l’impressione di sentirsi ripetere: Guarda che non sei sola. Vedi, eccomi qua!. Deve essere un nuovo modo di giocare a nascondino pensò Rosa, e continuò a giocare così, da quel giorno in poi. La sua tristezza passò e chi andava a visitarla si trovava sempre accolto da un sorriso. Con l’andar del tempo le visite dei bambini si fecero, come previsto, più rare. Rosa, tuttavia, non se ne accorse troppo, perché di tempo ne aveva sempre di meno. Infatti si addormentava sempre più spesso e a lungo, finché si addormentò definitivamente. Un vocio di bambini la risvegliò e lei capì subito dove era arrivata: Nel posto preparato per me non potevano non esserci i bambini, altrimenti che paradiso sarebbe senza di loro?. E così per lei fu come passare da una stanza all’altra, o meglio, da un cortile ad un altro. Rosa ricominciò ad organizzare giochi nuovi, che prima la sua fantasia non avrebbe neanche potuto immaginare. Ma quello che più la faceva e la fa felice, che di più non si può, è la presenza di un Bambinello che sembra divertirsi più di tutti e non la lascia mai. Finita la storia, vi chiederete: È che c’entra Rosa con la befana? C’entra, c’entra! perché Rosa, timorosa che qualcuno possa farsi sfuggire l’occasione di andare a giocare per sempre, un giorno ha chiesto il permesso di tornare, almeno una volta l’anno, a salutare i suoi piccoli amici sulla terra. Così, con qualche regalo, li incoraggia a fare i buoni e con un po’ di carbone, lasciato qua e là dove ce n’è bisogno, li avverte: Guardate che se non fate i buoni, sarete esclusi dal gioco per sempre! E… non sapete cosa vi perdete!.

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