Casamicciola: si poteva evitare

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Casamicciola
Foto LaPresse

Un’altra “Casamicciola” che si poteva evitare. Un’altra tragedia che non doveva capitare. Eduardo De Filippo nella commedia Natale in casa Cupiello usava l’espressione «pare Casamicciola» che ricorda la tragedia che ci fu nel terremoto del 1883, o nell’alluvione del 1910. Espressione usata ancora oggi davanti una tragedia qualsiasi.

Ma questa volta si poteva e si doveva evitare. Morti che ora piangiamo nel dolore più assoluto. Un territorio stupendo ma fragile dove l’uomo ancora una volta ha la colpa assoluta.

È troppo facile puntare il dito all’abusivismo edilizio quando non si cercano le cause, quelle vere, riconducibili a tre.

La prima è legata a una mancata comunicazione di possibile allerta rossa per forti perturbazioni da parte degli enti istituzionali. È vero, certi eventi sono imprevedibili, ma è bene che si apra un’inchiesta anche in quest’ambito per capire come mai non ci sia stato un alert in tal senso.

La seconda causa riguarda la politica, locale, regionale, nazionale. Non c’è mai stato un serio piano edilizio che superi i vincoli paesaggistici per dare l’opportunità a chi non ha un alloggio di averlo. Ricordiamoci che l’isola di Ischia ha un alto tasso di natalità rispetto al resto d’Italia (fonte Istat). Si vive bene, si fanno figli ma c’è bisogno di alloggi. Non si è mai pensato di costruire – in zone sicure – alloggi popolari. Le ultime costruzioni risalgono agli anni ’80. Non solo. Chi ha seconde o terze case, preferisce fittarle nei tre mesi estivi (15 giugno – 15 settembre) ai turisti perché ci si guadagna di più rispetto ad un contratto annuale. Poi dal 15 settembre fino a giugno dell’anno successivo si riesce comunque a fittare a insegnanti, medici o infermieri provenienti dalla terraferma che lavorano nelle scuole isolane o all’ospedale di Lacco Ameno. Dov’è la politica?

Si potrebbero fare interventi mirati: togliere l’Imu alle seconde e terze case defiscalizzando i contratti annuali; dare incentivi per chi fitta per più anni a famiglie isolane. Se non si interviene in tal senso, è normale che una famiglia (giovane o con più figli) non sa dove andare a dormire. Ed ecco l’abuso di necessità: costruisco una casa perché non trovo un alloggio. Fra le 22 mila pratiche di abuso isolane, tante riguardano piccole cose come una finestrella che è stata allargata, un bagno cieco in cui si è realizzata una finestra, o una finestra diventata porta. Non tutte le pratiche sono legate a un’intera costruzione abusiva.

La terza causa è forse più importante. Da quando sono state abolite le Province e non c’è più il Corpo Forestale dello Stato, è diminuita (o azzerata) la manutenzione alle nostre montagne, ai canaloni di scolo, al sottobosco. I Comuni non hanno i fondi e il personale per intervenire. Manca chi pianta alberi che con le proprie radici bloccano le frane, chi verifica che non ci siano massi che potrebbero cadere, chi ancora previene sul rischio incendi ad opera di piromani.

Mi chiedo: come mai a Casamicciola Terme dal 1910 – quando ci fu un’alluvione simile che provoco 11 morti e non c’erano tutte le case di oggi – all’ultima alluvione del 2009 non è più successa una tragedia simile? Certo, bisogna fare i conti con i cambiamenti climatici, ma è anche vero che c’era una manutenzione del territorio da parte dello Stato e dei nostri nonni, che coltivavano la terra e la tenevano pulita e decorosa.

Il capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, domenica sera su Rai Tre da Fabio Fazio ha detto: «Più del 94% dei nostri Comuni soggetti a frana, hanno erosione costiera e rischio alluvione, con un’esposizione di popolazione elevatissima, e parliamo solo di rischio idrogeologico». Il problema non è solo dell’isola di Ischia. Dovremmo sfollare l’intera costiera amalfitana e sorrentina, la Liguria, i paesi vesuviani etc etc…

Smettiamola allora di dare la colpa agli abusivi. Qui la colpa è di tutti: Stato, Regione, Comuni, cittadini.

Cosa fare ora?

La Chiesa di Ischia, le 22 Caritas campane e la Chiesa italiana già sono all’opera al fianco degli sfollati con pasti caldi, coperte, giochi per i bambini. Sono a disposizione i centri diocesani per l’alloggio anche se non è stato necessario perché vari alberghi hanno riaperto per dare ospitalità. Ma tutto questo non basta. Questi 200 sfollati isolani vanno ad aggiungersi agli altri del sisma del 2017. Ad oggi la politica ha pensato solo di ricostruire le case lesionate dal terremoto su questo territorio fragile. Nessun politico ha mai pensato di acquistare alberghi per trasformarli in alloggi popolari (con la crisi post Covid varie strutture alberghiere sono in vendita o all’asta) o costruire – secondo le regole – alloggi popolari in zone non a rischio. Poi bisogna intervenire sulle seconde e terze case per aiutare gli isolani che non hanno una casa.

Non si può pensare al ponte sullo stretto o ad un ennesimo condono se prima non si risolvono questi problemi. La casa è un diritto di ogni cittadino. L’articolo 47 della Costituzione italiana o anche l’articolo 25 della dichiarazione Onu perseguono questo obiettivo. Allora rimbocchiamoci le maniche, soprattutto da parte dello Stato, dai politici attuali. Se davvero vogliamo che non succeda un’altra tragedia ovunque in Italia, un’altra “Casamicciola”, puntiamo a questo.

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