Caro studente liceale…

Lettera aperta di un prof su scelte e interrogativi per il futuro. Cultura e non solo.
Scuola

Superato l’esame di Stato, un mondo si apre davanti a te: l’università, il lavoro, le scelte affettive. Immagino che tu sia pieno di interrogativi, se non sull’indirizzo da scegliere (magari quello lo hai chiaro da tempo), sul pezzo di mondo che incontrerai.

Quando si è adulti, caro mio, viene quasi naturale credere di saperla lunga, di poter dire agli altri ciò che è o non è la vita. Non vorrei incorrere in questa trappola e tediarti con discutibili ammonimenti.

La vita di ognuno è un’avventura unica e irripetibile. Certo, questo non semplifica le cose, anzi, finisce con l’imporci scelte oculate: se la vita è unica, non bisogna sprecarla! Purtroppo, però, devo anche riconoscere che questa è una consapevolezza che si chiarisce con gli anni.

Detto ciò, non sembrano molte le cose che io ti possa dire in questo momento della tua crescita e non sono nemmeno sicuro che tu abbia voglia di ascoltarle. Resta tuttavia il fatto che su almeno un argomento a me familiare qualcosa vorrei proprio accennartela. Intendiamoci, non è esatto affermare che io voglia dire qualcosa a te, piuttosto vorrei parlarne insieme.

 

Qual è dunque l’argomento? Ovvio, la cultura. No, no, non temere. Nulla di pesante. Non voglio parlare della cultura nel senso dello studio atto ad acquistarla o della quantità di conoscenze necessarie ad un adeguato riconoscimento sociale. Meno ancora voglio intavolare con te un dibattito sullo stato della cultura in Italia o nel mondo. E non ho alcun desiderio di sommergerti di citazioni, per quanto illustri e veritiere possano essere. Mi fermerei all’abc, se sei d’accordo. Per esempio, al concetto stesso di cultura.

Viene dal verbo latino colěre. Sì, sono certo che te lo hanno detto mille volte. Soltanto, volevo ricordarti che in latino quel verbo significa non solo “coltivare”, “far crescere”, ma anche “prendersi cura di qualcosa o qualcuno” e perfino “rendere felice”. Credo che in questa ottica la cultura sia una delle manifestazioni umane di amore verso il prossimo e verso il mondo, una consapevolizzazione che ci aiuta a prenderci cura gli uni degli altri e a renderci felici.

Vedi come diventa subito leggera: non è più arroccata sul suo scanno, ma ci viene incontro e quasi ci prende per mano. Dici che, pur così, potrebbe tuttavia strattonarci? In effetti, non hai torto. Quanta cultura ci si impone, si vuole dare un’idea o un’altra della vita, della società, della morale. E tuttavia voglio rassicurarti: la cultura come non sale di per sé sul piedistallo così di per sé non è egemonica. Certo, bisogna comprenderne la natura, diciamo meglio, l’afflato. Ti sembra che il mio discorso stia diventando difficile? Allora, provo a dirtelo in modo più semplice.

 

In primo luogo, anche in un’epoca di grande specializzazione, la cultura è e resta “olistica”. L’uomo, cioè, gli piace tutto intero, non lo vuole a pezzi né, per così dire, con una grande capoccia su un esilissimo tronco. Se qualcuno pretendesse di occuparsi dell’uomo sotto un unico profilo (che so, quello economico per esempio o quello psico-fisico), non ci direbbe molto di lui.

In secondo luogo, essa resta sulla soglia, non aspira a verità assolute. Per lo più suggerisce, introduce, propone. In una parola, è cosciente di avere a che fare con una creatura imperfetta. In terzo luogo, la cultura è dialogica: le scienze parlano tra loro, gli uomini si confrontano tra loro, i libri si richiamano l’un l’altro. Nessun uomo veramente colto pretende di dire mai l’ultima parola. Anela sempre, invece, a che qualcuno ascolti e continui il suo discorso.

Vedi, di per sé la cultura non ci strattona; al contrario ci prende la mano con delicatezza e ci avvicina l’uno all’altro. Ecco, caro mio, non voglio stancarti di più. Ora stai andando verso il futuro, il tuo, il nostro. Se ci andrai “prendendoti cura” del tuo prossimo e del mondo, sarai una persona “colta”, con straordinaria leggerezza.

Il tuo Prof

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