Camera cafè

Italia 1, dal lunedì al venerdì, ore 9. Dovrebbe essere la zona franca di ogni ufficio, l’angolo di paradiso dove prendere una boccata d’aria e scambiare due parole con i colleghi. Ed invece anche da noi il corridoio che ospita la macchinetta del caffè, oltre ad essere tra i luoghi più frequentati, spesso diventa il ring dove si scatenano tensioni, crescono invidie, si alimentano pettegolezzi. Nel paese dell’espresso e del cappuccino sembrava impossibile che potesse diventare un rito bere quella miscela colorata che solo da lontano ricorda l’aroma del bar o il profumo della moca. Il variegato microcosmo che vive e si confronta davanti all’erogatore di bevande calde si ritrova in Camera café, curiosa sit-com in onda su Italia 1. Dieci minuti con cinque-sei episodi che hanno a volte la rapidità delle gag, a volte il finale a sorpresa tipico di alcune barzellette. Protagonisti sono Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, Paolo Kessisoglu e Luca Bizzarri in “Camera café”. conduttori delle Iene e protagonisti di un film (E allora mambo) nel quale era presente anche Luciana Litizzetto, di recente entrata anche lei nel cast di questa che è tra le più originali proposte dell’inverno. Il format ha fatto sfracelli in Francia. In Italia il passaparola sta spingendo gli ascolti di questa produzione Magnolia. La macchina da presa è fissa, immobile, come fossimo di fronte ad una telecamera a circuito chiuso. In pratica osserviamo il mondo dal punto di vista della macchinetta del caffè, con i suoi occhi. Ed è una strana umanità quella che parla e si agita davanti al barista elettronico. Quasi un inferno dei “colletti bianchi”. Il direttore dispotico e il sindacalista corruttibile, la collega precisina e quella che spiffera al capo, il collega che si pavoneggia sempre e quello che è alla ricerca di un’anima gemella. Dopo la prima visione di una di queste brevissime commedie, ciascuno è in grado di ritrovare nel programma gli alter ego dei suoi colleghi reali. A volte, visto il tipo di inquadratura, sembra quasi di essere di fronte ad uno specchio, dove gli attori sono altri noi, riflessi in tv. Da questo punto di vista, fatta la tara di un linguaggio talvolta sboccato e di situazioni narrate non sempre edificanti, il programma può avere una funzione catartica: esorcizzare lo stress da ufficio, strappare una risata e sentirsi tutto sommato sollevati, scoprendo che non si è gli unici al mondo a sopportare le angherie del capo, le cattiverie del compagno di stanza, le punzecchiature del collega invidioso. Nel mal comune ci può essere mezzo gaudio e gli autori di Camera café non indugiano a utilizzare il cinismo per raccontare la realtà dell’ufficio. Un piglio graffiante che ricorda a volte alcune strisce di Andy Capp. L’unica cosa da imputare alla trasmissione è la quasi totale assenza di personaggi positivi, intenti a costruire un clima nuovo tra un briefing e un coffee break. Per fortuna davanti alla macchinetta c’è ancora chi tende la mano, perdona lo sgarbo, modera il linguaggio, prova a mettere in dialogo chi aveva appena litigato. Un’altra umanità che meriterebbe un po’ di spazio in un programma, comunque stimolante, come Camera café.

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