Callas e Onassis

Erano i tempi d’oro, un po’ ingialliti, di Grand Hotel e delle sue pagine patinate. Ma assomigliano tanto ai giorni nostri, quelli delle cronache in diretta e delle esclusive verissime. La fiction in due puntate di Canale 5 sulla vita di Maria Callas e Aristotele Onassis, ha scelto fin dal titolo, di puntare tutto sulla love story tra la casta diva e il miliardario greco. Una vicenda d’altri tempi che continua però a far sognare il pubblico che segue oggi la nascita dell’Infanta di Spagna e le vicissitudini di Camilla, i travagli di casa Agnelli e i colpi di testa dei principi di Monaco. Altro che Loredana Lecciso e Al Bano! Quella tra la cantante nata povera che diventò regina del bel mondo e l’armatore sciupafemmine che sposò alla fine la vedova di John Kennedy non è stata fugace cronaca, ma un pezzo della storia del costume del Novecento. Per un decennio i due hanno occupato la scena e la loro relazione ha indubbiamente segnato un’epoca diventando una delle vicende che più hanno appassionato i lettori dei rotocalchi e i divoratori di tabloid. Un amore folle, contrastato, fortemente melodrammatico, che nel contesto greco si fece tragedia. Una storia ricca di colpi di scena, di alti e bassi, di tradimenti e repentine riconciliazioni, che sembrava fatta apposta per diventare film. Da questo punto di vista non è stata sbagliata la scelta dei produttori della Lux Vide e del regista Giorgio Capitani di centrare tutto il racconto su di loro: la greca che lasciò l’America e il greco che quell’America cercò di conquistare con la seduzione e i miliardi. Ovviamente, puntando i riflettori sui due amanti, restano in ombra altri aspetti. La cornice storica è solo accennata, lo shock di un’America che a Dallas vede uccidere il suo presidente più amato va sullo sfondo, le paure di un’Europa uscita sconvolta dal ’68 restano vaghe. Una maggiore attenzione a questi aspetti sarebbe stata auspicabile, ma si capisce la scelta degli autori che erano chiamati a produrre una fiction rivolta ad un pubblico popolare e non alla nicchia degli studiosi o alla platea dei melomani o dei loggionisti. Questi ultimi sono certamente i più delusi perché nella fiction (anche per motivi di diritti discografici) la Callas canta poco e urla molto, sta poco sul palco e molto in terrazza, frequenta poco la Scala e molto i panfili. La sua vita fu anche questo, ma non solo. La delusione degli appassionati della lirica cresce però soprattutto nei confronti dell’interprete della cantante. A suo agio e credibile nei panni della amante tradita, la molleggiata Luisa Ranieri è in difficoltà quando deve invece dare corpo (non voce) all’inimitabile soprano. Dell’intensità, di quell’energia che la Callas metteva nelle sue interpretazioni, di quel volto quasi sofferto e di quel fisico segnato dalla ricerca dell’emozione nel canto, non c’è quasi traccia. In quei momenti, quelli della Ranieri sembrano playback da Festivalbar. Molto bravo nei panni di Onassis è il francese Gerard Damon. Scavato in volto, fisicamente molto somigliante al suo personaggio, ci restituisce una immagine vivace di un uomo cinico, a caccia di sfide, spregiudicato e traditore, che solo in fin di vita ha il coraggio di compiere un gesto genuino: chiedere perdono.

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