Bye Bye Wilson

Se da qualche parte c’è un paradiso dei musicisti, Wilson Pickett c’è appena arrivato. Ed è facile immaginarlo là, tra Otis e Jimi,Marvin e Ray, e chissà quanti altri, non necessariamente neri beninteso, a improvvisar duetti da brividi. Il buon vecchio Wilson ha lasciato i quartieri bassi del vivere il 26 gennaio scorso, stroncato dal più banale degli infarti. Era nato 64 anni prima in un paesino dell’Alabama (profondo sud degli States, ancora nel pieno della segregazione razziale); s’era fatto le ossa come quasi tutti i suoi colleghi di razza cantando il gospel nelle chiese, poi al pari di molti altri aveva preso la strada del nord industriale finendo a Detroit, la motor- town per eccellenza, e anche uno dei poli più vivaci della black-music dell’epoca. Primi anni sessanta, i mitici sixties… Un’ugola benedetta dal Signore, la sua. Su questo erano in pochi ad avere dubbi: morbida e ruggente alla bisogna, vellutata o ruvida a seconda dei casi, sempre terribilmente intrigante. Il successo per Wilson arrivò in fretta, presso le scuderie Stax di Memphis e la Atlantic di Detroit, autentiche miniere di diamanti grezzi estratti dai bassifondi delle periferie nere. I suoi primi hit sono del ’62, incisi con i Falcons: I found a love, e soprattutto If you need che entrò nelle top-ten del rhythm’n’ blues e di lì a poco finì nel repertorio di una band di giovinotti bianchi come il pane che, dall’altra parte dell’Atlantico, cominciava ad esportare la nuova musica nera nel vecchio continente: i Rolling Stones… Ma il gran botto del giovane Wilson, arrivò solo qualche anno più tardi, con l’ancor oggi battutissima In the midnight hour, una delle pietre miliari del rhytm’n’blues interrazziale. Da lì in avanti Pickett, insieme a Otis Redding e Aretha Frankin, continuò a menar le danze di una musica finalmente affrancata da qualsivoglia connotazione razziale: un contributo all’abbattimento della segregazione efficace almeno quanto i discorsi di Martin Luther King. Altri successi seguirono: Mustang Sally, Funky Broadway, Land of 1000 Dances, Everybody needs somebody to love (sì, proprio quella rilanciata dai Blues Brothers…) solo per citare i brani più celebrati e saccheggiati dai colleghi, sia bianchi che neri. Un micidiale mix di soul e di funky, privo di riferimenti sociologici – come per quasi tutta la mu sica nera, del resto – epperò capaci di scuotere le fondamenta anche dell’America più reazionaria, bigotta e tradizionalista. Poi arrivò la deliziosa rilettura della beatlesiana Hey Jude, una delle poche cover degna di reggere il confronto con l’originale: un altro successo planetario capace di resistere all’usura del Tempo e delle mode. Verso la fine dei Sessanta Wilson, denominato affettuosamente Wicked Pickett per certe esuberanze spesso un po’ sopra le righe, finì perfino a Sanremo (in coppia con Leali prima e poi addirittura con un ancor giovanissimo Battisti); ma con l’avvento degli anni Settanta, il successo cominciò pian piano a sfumare: altri suoni ora dominavano l’etere e i dancefloor occidentali (il suo ultimo vero hit, Fire and water è del ’72), e da lì a poco anche per lui venne l’ora delle Hall of Fame iconografiche, dei tour nei casinò, delle celebrazioni retrospettive create per irrobustire un mito sui cui campare di rendita. Un oblio relativo come per tutte le voci enciclopediche, segnato anche da qualche problema con la giustizia. Ci mancherà il buon vecchio Wilson (a chi volesse rimembrarne le gesta consiglio l’ottima doppia antologia della Rhino Records pubblicata alla fine degli anni Novanta col titolo di A man and a half ), ma la sua eredità non andrà di certo dispersa: poiché resta e resterà imprescindibile per chiunque – nero o bianco che sia – voglia provare ad alleggerir la vita facendo leva su una canzone d’amore. CD Novità Pacifico Dolci frutti tropicali (Fandango) Il cantautore milanese si conferma tra le voci più personali della nuova canzone italiana. Sobrie nello stile e nel linguaggio le nuove canzoni non faticano a farsi amare, accarezzando cuore, nervi, e cervello. British Sea Power Open season (Rough Trade) A chi ama le raffinatezze di certo pop à la Prefab Sprout, e magari pure l’eclettismo melodico à la XTC, consiglio il second- out di questo gruppo di Brighton: bravi davvero, e godibilissimi. CIAMPINO JAZZ Grandi nomi nella decima edizione del prestigioso festival (dall’11 al 26/2, Auditorium Vito Volterra), uno degli appuntamenti annuali più importanti del panorama musicale italiano e internazionale. L’apertura è affidata a Ludovico Einaudi e il suo magico pianismo; quindi il Rava New Generation del trombettista Enrico Rava con una giovanissima formazione. Il 17 doppio appuntamento con l’esibizione di solo piano di Danilo Rea seguito dal duo Marco Di Gennaro- Lee Konitz con composizioni scritte a quattro mani. Si prosegue col trio di Paolo Fresu, Antonello Salis e Furio di Castri; quindi gli Aires Tango & Javier Girotto. E ancora Enrico Pieranunzi, Rosario Giuliani-Sylvain Luc, Francesco Cafiso, Raffaele Costantino in compagnia del Freeform Kollektivt; la PMJO, l’orchestra jazz Parco della Musica, con Rosalia De Souza, e Irio De Paula/Fabrizio Bosso che presenteranno il loro nuovo lavoro discografico e con il trio Servillo-Mangalavite- Girotto.

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