Bolsonaro e la democrazia delle “sensazioni”

Una campagna che va a gonfie vele e lo segnala come il probabile presidente con più del 55% dei voti. Ma non è oro tutto ciò che luccica

Può non essere facile comprendere il crescente appoggio che riceve Jair Bolsonaro, vincitore al primo turno col 47%. Appare come favorito visto che i sondaggi gli assegnano un 55% e fino al 59% del voto dei 147 milioni di elettori. Il suo rivale, Fernando Haddad, stenta a superare il 41%, anzi, la sua immagine negativa equivale all’appoggio a Bolsonaro.

Certo, sorprende che ottenga tanti voti un ex militare favorevole alla dittatura, al punto da credere che fu un errore torturare dissidenti e sovversivi del regime militare; costoro, circa 30 mila persone secondo il candidato alla presidenza, andavano «ammazzati» dagli «eroi» che «salvarono» il Paese. Tra gli eroi, c’è un conosciuto torturatore al quale Bolsonaro si «ispira». Alla sorpresa si aggiunge lo stupore per la sua avversione per le minoranze, a cominciare da quelle di colore, ovviamente, dato che Bolsonaro è un cognome di una delle minoranze del Brasile – quella italiana – e poi da quelle che si discostano da ciò che egli considera normalità: pelle bianca, eterosessuale, preferibilmente maschio, possibilmente cristiano.

Due anni fa, Bolsonaro si è fatto battezzare in una delle tante chiese evangelicali che prosperano in Brasile: circa 70 milioni di votanti possono essere annoverati tra i seguaci di pastori, seguiti con grande credulità anche in materia elettorale. Uno dei più influenti è Edir Macedo, fondatore della Chiesa universale del regno di Dio, che oggi appoggia Bolsonaro. Nel 1989 Macedo rivelò che lo spirito santo in persona (mi si consenta l’uso delle minuscole) gli disse che Fernando Collor de Melo era l’uomo da eleggere come presidente. Collor venne poi denunciato per corruzione e, nel 1992, per evitare la destituzione rinunciò alla presidenza.

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Ma non tutto è chiaro nella campagna di Bolsonaro. Anzi, si comincia a comprendere in che modo sia stato “creato” il vento in poppa che lo spinge nei sondaggi. Emergono denunce di finanziamento illegale e di diffusione di false notizie. Alcune società di marketing contrattate avrebbero ricevuto somme cospicue da imprese private – proibite dalla legge– per inviare via whatsapp milioni di messaggi a milioni di utenti insieme a decine di notizie false, tipo: «Centinaia di tori saranno sacrificati a Satana dall’avversario per vincere le elezioni». Un tema sensibile per quanti credono che lo spirito santo suggerisca come votare. Il giornale brasiliano Folha de Sao Paulo ha pubblicato un dossier, poi trasformato in denuncia presso il tribunale elettorale, ed è stata aperta un’inchiesta. Il giornale spagnolo El Pais si è infiltrato in vari gruppi di whatsapp constatando il metodo di moltiplicare i ricettori di avvisi. Dopo i filippini, i brasiliani sono i maggiori utenti di questa applicazione con circa 120 milioni di clienti. Una gran parte della popolazione ormai si informa attraverso whatsapp, in tal senso preferita alla tv e ai giornali.

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Tutto ciò si alimenta del clima di sfiducia generale nel mezzo di scandali per corruzione, dai quali si salvano poche e contate eccezioni. Haddad, esponente della sinistra, centra il suo discorso sull’elementare rifiuto di eleggere un presidente dell’estrema destra, per niente devoto dello stato di diritto. Ma quanta fedeltà alla legge e quanta democrazia può vantare un partito che a sua volta ha fatto abbondante uso della corruzione?

La crisi brasiliana riflette una crisi delle nostre democrazie per la quale gruppi di interesse installano “sensazioni”, non importa se vere o false. È il paradosso di uno scetticismo che però si trasforma in credulità all’apparire di decisionisti, spesso avventizi della politica, che danno la sensazione di “saper cosa fare”… Non importa “come”. In realtà è come affidare l’asilo frequentato dai nostri figli, gestito in modo insufficiente e corrotto, a un direttore che, anziché ispirarsi alla Montessori, ha Erode quale punto di riferimento. Un assurdo ammantato di par condicio.

La storia insegna che certi rimedi possono essere peggiori del male.

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