Bari, sinodo della pace e follia della guerra

Un impegno radicale dentro i conflitti che attraversano il Mediterraneo denunciando la follia della guerra nel segno di Giovanni XXIII e Giorgio La Pira
AP Photo/Ghaith Alsayed

ll convegno di Bari sull’anima del Mediterraneo, sulla presenza delle chiese, sul dialogo e sulla pace tra le culture genera una nuova coscienza sinodale, una nuova collegialità che ha la sua fonte nello Spirito Santo.

Papa Francesco è venuto a presiedere nella carità, a confermare i fratelli, a indicare la strada. Per la prima volta sono stati convocati i pastori delle chiese per riflettere sul mistero della pace al cuore della storia, che è fecondata ancora una volta dallo Spirito che soffia dove vuole.

La forza dell’intervento di papa Francesco non è dettata dalla retorica, ma il papa ci consegna una nuova visione della pace, che non si sottrae all’annuncio, ma lo vuole comprendere alla luce del magistero di Giovanni XXIII.

Ecco il testo chiave che sostiene tutto il ragionamento di Papa Francesco:

«La guerra, che orienta le risorse all’acquisto di armi e allo sforzo militare, distogliendole dalle funzioni vitali di una societàà, quali il sostegno alle famiglie, alla sanitàà e all’istruzione, è contraria alla ragione, secondo l’insegnamento di san Giovanni XXIII (cfr Enc. Pacem in terris, 62; 67)».

Ecco la traduzione del testo di Roncalli “alienum est a ratione”: è irrazionale pensare. Qui abita il conflitto con la ragione che la guerra contiene in sé. Il giudizio sulla guerra appare netto e senza sconti per tutti e per ciascuno.

Quel testo mantiene tutta la sua forza. La guerra rivela l’antimessia, che ha altri strumenti rispetto alla politica delle armi: «In altre parole, essa è una follia, perché è folle distruggere case, ponti, fabbriche, ospedali, uccidere persone e annientare risorse anziché costruire relazioni umane ed economiche. È una pazzia alla quale non ci possiamo rassegnare: mai la guerra potrà essere scambiata per normalità o accettata come via ineluttabile per regolare divergenze e interessi contrapposti. Mai».

La guerra appare come “il fallimento di ogni progetto umano”.

Ecco a Bari papa Francesco indica la fine di una vecchia teologia e ne denuncia il fallimento e la retorica.

Il cardinale Bassetti ha intuito il bisogno della chiesa italiana di incontrare la profezia di Giorgio La Pira, che per primo ha parlato del lago di Tiberiade, al tempo stesso luogo evangelico e luogo storico. Ecco la profezia che apre sentieri e strade nuove. Il titolo è al tempo stesso semplice e netto: “Mediterraneo frontiera di pace”, segno per i grandi e per i piccoli, segno di unità e di conversione, segno di futuro.

Qui il Mediterraneo è la frontiera a indicare un punto di passaggio, dove culture e pace si incontrano. Un incontro di pace in cui tutti si riconoscono e si uniscono.

La Pira comprende la forza evangelica del lago di Tiberiade. Sta dentro la meditazione sui ponti e sui muri, che egli ha lanciato dal Cairo alla fine della Guerra dei sei giorni, nel 1967.

La chiesa italiana si mette alla sequela di La Pira e chiama le altre chiese che vivono nel Mediterraneo a condividere storia, culture, Vangelo. I vescovi italiani non intendono fare politica, ma cercano cose nuove.

Ecco la novità di Bari: mostra una chiesa italiana pronta a passare all’altra riva, la riva della pace. Non è un sinodo, ma è caratterizzato da uno stile sinodale. Di dialogo e di “camminare insieme” .

I Padri sono stati 58 di numero, tra cardinali, patriarchi e vescovi, 20 i Paesi rappresentati.  Piccoli i segni che oggi mostrano l’intuizione di Bassetti. Ci sono voluti due anni di lavoro per arrivare a compimento di tutto. Sono stati elaborati i documenti che poi saranno consegnati al papa, al termine dei lavori.

Secondo lo stile lapiriano sono state coinvolte le comunità monastiche del Mediterraneo,9 in tutto, che hanno accompagnato con la preghiera la riflessione sinodale. Dunque un grande movimento culturale e spirituale, che ha avviato un profondo cambiamento nel cuore delle nostre chiese.

Nella sua omelia papa Francesco ripete le parole di Gesù e tocca l’amore ai nemici, contro la cultura dell’odio e del lamento. Il Signore ripeterebbe anche a noi le parole che disse a Pietro nel Getsemani: “Rimetti la spada nel fodero” (Mt.26,52). Non solo Gesù pone il problema delle armi, ma chiama i suoi discepoli a vivere senza armi.

Nel getsemani di oggi, nel nostro mondo indifferente e ingiusto, dove sembra di assistere all’agonia della speranza, il cristiano non può fare come quei discepoli che prima impugnarono la spada e poi fuggirono. No. Non è la soluzione: non è sfoderare la spada contro qualcuno e nemmeno fuggire dai tempi che viviamo.

I padri dell’incontro hanno deciso di sostenere due progetti per unire cooperazione e riconciliazione, per dare radici e visione.

Di fronte alla guerra e alle guerre nel Mediterraneo si è discusso se restare o partire. I corridoi umanitari puntano ad aiutare a uscire. Certo la soluzione dell’uscire non può essere la soluzione. Sarebbe la fine per molte chiese, abbandonate dai più forti e dai più robusti e sarebbero colpite le persone più deboli.

Il progetto di Rondine, che vuole offrire una occasione ogni anno a 12 giovani che provengono da popoli diversi del Mediterraneo, è interessante. È nato nella sofferenza e nel crogiolo senza limiti dei Balcani, è passato in Medio Oriente nel conflitto politico della questione palestinese, fino a toccare alcune zone dell’Africa e soprattutto l’esperienza dei ragazzi soldato, mettendo a confronto e insegnando a questi giovani il faticoso cammino dell’unità e del dialogo. Anche questi progetti andranno valutati con discernimento, con grande attenzione, per la necessaria proporzionalità dei costi e dei processi.

 

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