Bambine col seno, attenzione all’alimentazione

La crescita monolaterale della ghiandola mammaria può essere il segnale di un problema ormonale. Le indicazioni del pediatra.

Capita non raramente che in bambine piccole, anche sotto i 5- 6 anni, si verifichi una ipertrofia monolaterale della ghiandola mammaria. All’improvviso, cioè, cresce un solo seno, anche se l’età non è quella dello sviluppo. Cosa fare in questi casi? Ce lo spiega Raffaele Arigliani, pediatra e docente dell’Università Politecnica delle Marche e della Federico II di Napoli.

Dottore, se un genitore riscontra la crescita di un seno nella propria bambina, cosa deve fare?
Per prima cosa, bisogna andare dal pediatra per escludere che ci possa essere una secrezione ormonale anomala per l’età. In questo caso basta fare degli esami del sangue o talora una ecografia. Una delle cause frequenti di una ipertrofia mammaria monolaterale, generalmente transitoria, è legata spesso all’assunzione di cibi che contengono estrogeni, cioè gli ormoni che agiscono direttamente sulla ghiandola mammaria.

Ma un bambino piccolo come assume estrogeni?
Si può verificare ingerendo cibo in cui questi ormoni sono presenti. Più piccolo è il bimbo, più evidente è l’effetto. Se, ad esempio, un bambino di 13 chili ingerisce una quantità pari a 1 di estrogeni, l’effetto è il doppio di quello che può verificarsi, con la stessa quantità, in un bambino di 26 chili, perché evidentemente gli ormoni si disperdono in una massa corporea doppia.

In quali cibi possono esserci estrogeni?
Soprattutto nella carne e, in particolare, quella di vitello. Attenzione però a non demonizzarla. Il consiglio che io darei è di continuare ad assumere carne di vitello, che per i bambini è importante, ma differenziando i fornitori. Ai genitori direi: non prendete sempre la carne dallo stesso macellaio di fiducia che si serve dallo stesso allevatore di fiducia, dicendo che è tutto un percorso sicuro. Il problema è che non raramente la carne che si assume, come anche altri alimenti, è inquinata da ormoni, antibiotici, che sono stati dati agli animali impropriamente o fraudolentemente. Non di rado il piccolissimo allevatore non conosce bene i rischi di salute che tali sostanze comportano per i consumatori e pertanto non è detto che tale carne “genuina” sia realmente la più salutare. Altresì i controlli di qualità, già ora generalmente molto accurati specie in Italia, ci si augura diventino sempre più puntuali, onde scoraggiare sempre più tali atteggiamenti, vere e proprie frodi alimentari.

Qualcuno suggerisce di eliminare dalla dieta alcuni alimenti: è un consiglio da seguire?
No, non ha nessun senso. Una dieta selettiva è quanto di peggio possa esistere. È estremamente pericolosa ed è quella che potenzialmente espone a maggiori rischi. La dieta deve essere varia ed equilibrata. Va seguito il modello della piramide alimentare, proposto anche dalla Società italiana di pediatria. Bisogna mangiare meno alcuni cibi, preferendone altri. La piramide alimentare è anche un esempio di integrazione: ci sono cibi di altri Paesi che usiamo poco e che potrebbero essere inseriti nella nostra dieta con grande vantaggio.

Ma come essere sicuri di scegliere un buon prodotto?
Una campagna da sposare in pieno, secondo me, è quella collegata all’associazione Slow food e al suo slogan “Buono, pulito e giusto”, per un cibo che sia buono, cioè che risponda alle tradizioni di quella terra, che sia pulito, cioè non inquinato da prodotti contaminanti, che sia giusto, nel senso che nessun uomo sulla terra debba morire più di fame. Spesso si punta a una alta quantità di produzione e si perde la grande ricchezza della cucina e del cibo della nostra Italia, che si basa sulle tradizioni, la biodiversità del territorio, la qualità. Si tratta di cambiare mentalità, di imparare ad aderire ai gruppi che favoriscono il consumo di prodotti a chilometro zero, in cui siano previsti controlli accurati nella filiera produttiva: si tratta di avere la capacità di non cedere alla tentazione di una spesa facile, a basso costo…

A volte, però, per chi è povero, questa è una necessità…
Povertà e cibo di scarsa qualità sono spesso associati. L’ Italia oggi è uno dei pochi Paesi al mondo che garantisce cure eque e di altissima qualità a tutti i cittadini in caso di patologia. Tuttavia chi ha redditi più bassi ha aspettative di vita inferiori proprio perché ha stili di vita non attenti ai fattori di prevenzione. La salute è un bene fragile e alcune azioni possono fare la differenza: fare almeno mezz’ora al giorno di camminata o di attività fisica, evitare l’obesità, essere attenti alla qualità del cibo, vaccinarsi, fare gli screening consigliati (in primis mammografia e pap test per tutte le donne dopo i 35 anni). E mi sentirei anche di dire, ma è un parere personale: sorridere di più e imparare a essere generosi.

 

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