Ballottaggi, preludio di “Terza Repubblica”

Domina l’astensionismo. Si sbriciola il centro-destra. Un anomalo “grillino” vince a Parma.
La vittoria di Pizzarotti a Parma

Le due settimane che hanno separato il primo turno elettorale da quello di ballottaggio sono state così ricche di eventi che pareva fosse passato un tempo ben più lungo: nuova morsa della crisi del debito pubblico, disoccupazione galoppante, recrudescenza degli scandali politici (Lega e Margherita), vento freddo che arriva dalla paralisi politica della Grecia e dalla crisi economica della Spagna e infine, alla vigilia, l'attentato alla scuola di Brindisi e il terremoto in Emilia. Un'Italia con lo stato d'animo fortemente provato, quello di domenica 20 maggio, fatto sta che solo il 51,3 per cento degli aventi diritto si è recato a votare per scegliere il sindaco nella sfida finale del ballottaggio. La partecipazione più bassa di sempre. Oramai, a sottolineare la sfiducia verso il sistema dei partiti tradizionali si diventa persino stucchevoli, ma è una conclusione obbligata.
In sintesi, esce dissolta la maggioranza che nell'ormai lontano 2008 aveva conquistato a man bassa il governo del Paese. Il Pdl sembra addirittura svanito nel nulla e la Lega riesce a perdere tutti i ballottaggi, sette su sette, lasciando entrambi un vuoto di rappresentanza che spiega parte dell'astensione. Al terzo polo, si ricorderà, aveva già cantato il de prufundis lo stesso Pierferdinando Casini dopo il primo turno, benché ora conquisti Agrigento e Cuneo. Il Pd tiene le posizioni ed anzi, alla conta dei comuni conquistati, raddoppia abbondantemente i 45 che amministrava in partenza (ma senza poter sommare Genova e Palermo). Però, il risultato positivo del Pd non appare sufficiente a interpretare il dato elettorale nel suo complesso come il sintomo di un fisiologico cambio di maggioranza nel Paese, che sembra invece voler andare da qualche altra parte. Che sia davvero il preludio della “Terza Repubblica”?
All'altissimo astensionismo e al vuoto pauroso e addirittura pericoloso nell'area di centro-destra, come sintomo si aggiungono le vittorie fuori dal coro: innanzitutto, quella del sindaco di Parma Pizzarotti, eletto con la lista Cinque Stelle, e quella di Leoluca Orlando, per la quarta volta sindaco di Palermo. Due successi a percentuali alte (a Parma anche con una partecipazione di elettori superiore alla media nazionale) per due persone che – pur con percorsi addirittura opposti – si sono presentate all'elettorato svincolate dai partiti tradizionali. Entrambi hanno impostato la loro candidatura rivolgendosi direttamente ai cittadini, impegnandosi personalmente per le promesse fatte: risanamento del bilancio, trasparenza, legalità, buona amministrazione. Entrambi hanno ottenuto una fiducia trasversale e raccolto voti da sinistra e da destra.
 
Da osservare soprattutto il caso Parma e il neo-sindaco “grillino”, una figura che per modi, concetti espressi, capacità di relazionarsi (gentile, educato, misurato, rassicurante), appare l'esatta antitesi di Beppe Grillo. Incalzato dai giornalisti sul rapporto col Capo e sulla sequela dei suoi slogan, quegli stessi (via dall'Euro! basta immigrati! ecc.) che fanno leggere il fenomeno Cinque Stelle come nuova Lega, Pizzarotti ha saputo garbatamente prendere le distanze da certi contenuti, chiedendo di essere valutato sui fatti, cioè sull'attuazione del programma sul quale ha chiesto il consenso e che – sottolinea orgoglioso – in 15 mila hanno visualizzato sul web.
Di certo è una figura che sa attrarre simpatie e probabilmente è già amato. Ha detto e fatto quello che tanti si attendono da un politico: ha speso una cifra irrisoria per la campagna elettorale: 8-9 mila euro in tutto, senza denaro pubblico ma con soldi raccolti da sottoscrizioni spontanee via Internet; ha assicurato che la prima cosa che farà sarà porre mano all'enorme indebitamento in cui versa il comune, promettendo di interpellare i cittadini sui sacrifici che certamente saranno necessari; nominerà gli assessori sulla base del curriculum e «dell'intesa con il sindaco, perché bisogna lavorare in squadra».
A chi gli chiedeva se i voti avuti da Pdl e Lega gli creassero problemi, ha spiegato serafico che lui non ha chiesto voti ai partiti, che non gli interessano, ma alle persone. E, in effetti, la nuova amministrazione parmense esordisce con un'autentica innovazione: una maggioranza monocolore, composta solo da eletti nella lista Cinque Stelle, l'unica che sosteneva Pizzarotti. Anche questo faceva parte della sfida: distanza dai partiti e niente più coalizioni rissose. Vedremo come andrà; ma una volta di più, il messaggio è chiaro a quel che resta dei partiti: aria nuova, pulizia, competenza e buon esempio.

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