Bahaguna: l’uomo che abbracciava gli alberi

Nella drammatica situazione che l’India sta vivendo da settimane, scompare anche un profeta dell’ambientalismo gandhiano che ha lottato contro la deforestazione selvaggia: Sunderlal Bahuguna aveva 93 anni.

Lo chiamavano ‘l’uomo che abbraccia gli alberi’ ed è stato uno dei pionieri dell’ambientalismo mondiale. Sunderlal Bahuguna era noto in tutto il sub-continente indiano – e nel mondo sensibile alla causa dell’ecologia – per aver fondato uno dei movimenti ambientalisti antesignani, il Cipko Movement. In hindi cipko significa ‘abbraccio’ ed i membri e seguaci di questo movimento si sono distinti per il loro impegno coraggioso ad abbracciare gli alberi che dovevano essere tagliati. Era un segno di protesta e resistenza non violenta ad un atto crudele ed antisociale.

Nel 1973, quando il movimento ambientalista nacque, la questione ambientale non era ancora una delle priorità nelle agende dei governi locali e nazionali e, tanto meno, delle grandi organizzazioni internazionali. Al contrario, si era probabilmente al massimo dello sfruttamento scriteriato del pianeta e delle sue risorse.

Vimala, la moglie di Bahuguna, intuì che il processo rampante di disboscamento della zona himalayana nello stato dell’Uttarkhand, nel Nord India, avrebbe portato a squilibri ambientali e sociali. Bahaguna diede ordine a questa intuizione di Vimala e iniziò un’intensa attività pacifica, ma decisa e costante, per prevenire l’abbattimento degli alberi secolari della zona, ingaggiando in questo processo le comunità del territorio, soprattutto le donne che divennero in breve tempo le protagoniste del movimento. Da questi processi nacque appunto il Cipko Movement.

Nei primi anni ’80 questo ambientalista antesignano lanciò una vigorosa campagna contro la deforestazione ed intraprese una marcia di 5 mila km dallo stato del Kashmir fino a Kohima, capitale dello stato del Nagaland all’estrema propaggine orientale dell’India, al confine con Myanmar e Bangladesh. Il percorso toccava le zone collinose e montane delle grandi catene che dividono l’India dal resto dell’Asia. Si tratta di zone abitate da gruppi tribali, spesso di origine sino-mongola, ed allora in tensione costante con il resto del Paese. La deforestazione selvaggia di quelle zone aveva un impatto socio-ambientale anche su questi gruppi, con gravi conseguenze sia per l’eco-sistema naturale che per quello sociale.

Il suo impegno mirava ad assicurare una politica capace di preservare le ricchezze naturali del Paese con un’attenzione particolare all’ambiente delle grandi catene montagnose del Nord India. Era convinto infatti che «senza una tale politica, l’Himalaya perirà in pochissimo tempo, soprattutto con questo persistente cambiamento del clima e del riscaldamento globale. Sento che l’intero Himalaya dovrebbe essere convertito in una diga naturale con un rimboschimento a tappeto che consentirà al corso d’acqua di scorrere sui suoi percorsi originali».

Questo vegliardo – aveva ormai 93 anni – non ha mai perso lo spirito indomito che lo aveva portato anche a rifiutare il Padma Shri, la più prestigiosa fra le onorificenze della Repubblica indiana, consegnato dal Presidente a personalità eccezionali che si sono distinte nel loro campo per il bene della comunità. Tuttavia, nel 2009, decise di accettare il Padma Vibushan, la seconda in ordine di merito delle onorificenze della repubblica.

La sua battaglia è continuata per tutta la vita. Si era infatti opposto anche al controverso progetto della grande diga di Tehri, sempre fra le zone pre-himalayane dell’Uttarakhand, e aveva difeso il diritto dei fiumi, compreso il Gange, a scorrere senza ostacoli. Era arrivato anche ad organizzare per due volte scioperi della fame per opporsi alla costruzione di questo sbarramento artificiale.

Forte l’impronta lasciata da Gandhi in questo profeta dell’ambientalismo più genuino. In gioventù si era impegnato in politica e, ancora giovanissimo, era arrivato ad importanti ruoli nella vita del Partito del Congresso dello stato dell’Uttar Pradesh. A convincerlo a impegnarsi negli ideali gandhiani era stata la moglie. Lui stesso ricordava: «Mia moglie Vimala, che era una seguace di Sarla Behn, discepola di Gandhi e pioniera dell’emancipazione delle donne in India, mi aveva posto la condizione prima del matrimonio che avrei dovuto lasciare la politica e lavorare per lo sviluppo sociale nei villaggi remoti».

Riconosceva, tuttavia, di essere stato influenzato anche da Mira Behn, la donna inglese che in gioventù aveva lasciato l’Europa per unirsi al Mahatma. Bahuguna riconosceva che l’influenza gandhiana era stata decisiva: «Ho lasciato la politica e mi sono unito al movimento sociale: è stato il punto di svolta nella mia vita».

Anche il controverso primo ministro Narendra Modi, attualmente molto criticato per la crisi pandemica incontrollata che sta affliggendo il Paese asiatico, ha affidato un messaggio di condoglianze ad un tweet: «La morte di Shri Sunderlal Bahuguna Ji è una perdita monumentale per la nostra nazione. Ha manifestato la nostra etica secolare di vivere in armonia con la natura. La sua semplicità e il suo spirito di compassione non saranno mai dimenticati. I miei pensieri sono con la sua famiglia e molti ammiratori».

 

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