Anna nella casa di Kafka

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Nel romanzo se ne accennava all’inizio, dopo poche pagine scompariva. È l’anziana domestica, figura marginale del romanzo La metamorfosi, il più noto e angoscioso racconto di Kafka. Il soggetto forte, naturalmente, è l’enorme, repellente insetto nel quale una brutta mattina si ritrova trasformato il giovane impiegato Gregor Samsa. Emarginato via via nell’ambiente familiare e dal resto del mondo, vive segregato tristissimi giorni fino alla morte accettata come una liberazione per sé e per gli altri. Ora, con Le conversazioni di Anna K., a spostare con acuta scrittura il fulcro della vicenda ad un altro personaggio principale è il drammaturgo, sceneggiatore e regista Ugo Chiti. Nel rileggere con sguardo autonomo e da diversa prospettiva, il racconto dà voce all’anziana donna tuttofare, ingaggiata per pietà dalla famiglia Samsa e da questi sfruttata e denigrata, ma subito elevata a motore della casa nell’accudire la mostruosa creatura. Tenera e forte, ruvida e semplice, di umanissi- ma caratura, la Anna del titolo, dapprima esclusa, entra nel contenzioso familiare facendosi coraggiosa portavoce di un dialogo con l’inquietante diversità, e assumendosi tutto il peso del dramma. Loquace e inopportuna, con la sua riduttiva visione del vivere, Anna è uno sguardo disincantato ma anche supplica, grido rabbioso, che chiosa e accompagna la tragedia di ogni diversità, di ogni rifiutato, come la condizione estrema del vivere accanto al dolore. E tutto questo non poteva trapelare senza una grandissima interpretazione come quella di Giuliana Lojodice. Il passo sempre affrettato, le spalle semicurve, la minuziosa caratterizzazione, i toni cangianti e le sue schegge d’ironia completano un ritratto memorabile di donna infelice e altruista, ferita dalle avversità della vita. Il suo monologo finale, quasi un duettare con l’insetto – invisibile, sempre nascosto sotto il letto -, diventa uno struggente svelamento della propria solitudine e vedovanza, e della voragine d’amore che la abita. Nella bella, dinamica scena di pareti sempre in movimento che compongono le stanze, s’insinuano strani rumori, sibili e suoni, che sembrano provenire dalla stanza della segregazione, cadenzando il clima dello spettacolo. Alla cui riuscita concorrono gli altri attori della storica compagnia Arca Azzurra. Giuseppe Distefano All’Eliseo di Roma, coproduzione Teatro Eliseo/Arca Azzurra. In tournèe. I PREMI UBU DEL TEATRO Era prevedibile. Il miglior spettacolo della stagione 2008 è La trilogia della villeggiatura di Goldoni con la regia di Toni Servillo. Archiviata la delusione per la mancata nomination agli Oscar del film Gomorra, Servillo si rifà col prestigioso Premio Ubu dei critici italiani. La sua Trilogia, con oltre quattrocento repliche, viaggia per l’Europa da due anni riscuotendo ovunque successo. Meritatissimo. Tra gli altri premi consegnati segnaliamo quello alla miglior regia per Massimiliano Civica con Il mercante di Venezia; migliore attrice Mascia Musy con Anna Karenina, regia di Nekrosius; migliore attore Alessandro Bergonzoni; migliore autore Cesare Lievi per La badante; miglior spettacolo straniero Fragments di Peter Brook.

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