Aliona e la tanto attesa medaglia d’oro

Spesso, dietro il successo di un campione olimpico, c’è una storia che meriterebbe di essere raccontata. Come quella della  Savchenko.  

Aliona Savchenko scoppia a piangere. Anche il suo compagno piange, non riesce a capacitarsi di quello che sta succedendo. Sono lacrime di gioia, incontenibili. E non finiscono più. La gara è terminata. Sul ghiaccio, la coppia russa composta da Evgenia Tarasova e Vladimir Morozov, compagni non solo in gara ma anche nella vita, ha appena eseguito l’ultimo programma libero nella prova a coppie di pattinaggio artistico. Un buon programma, non privo però di alcuni errori. Il loro punteggio deve essere ancora comunicato ufficialmente, ma ormai è tutto chiaro: Aliona e il suo compagno di gara Bruno Massot, che hanno gareggiato in precedenza, non potranno più essere superati.

Aliona pare davvero non crederci. Per lei, una fuoriclasse assoluta di questa disciplina, a trentaquattro anni quella di PyeongChang 2018 rappresentava con tutta probabilità l’ultima occasione per provare a vincere l’unica medaglia che ancora mancava al suo ricchissimo palmares: l’oro a cinque cerchi. E quel successo alla fine è arrivato, a coronamento di un inseguimento partito da molto lontano.

Aliona, infatti, sogna di vincere le Olimpiadi sin da piccolissima, quando scopre il pattinaggio artistico guardandolo in televisione. È amore a prima vista. Per provare a raggiungere quel sogno si batte con tutte le sue forze, convincendo tra l’altro i suoi genitori a mandarla ad allenarsi per un paio d’ore prima della scuola, anche se questo, visto che la pista di pattinaggio si trova a cinquanta chilometri da casa, significa partire dalla fermata dell’autobus alle quattro del mattino! Lei, originaria di Kiev (Ucraina), si fa presto strada tra i migliori giovani pattinatori del suo Paese, e si laurea addirittura campionessa mondiale junior nel 2000, quando gareggia in coppia con il connazionale Stanislav Morozov. Con lui prende poi parte all’edizione dei Giochi Olimpici di Salt Lake City, nel 2002, classificandosi al quindicesimo posto. Il suo partner di allora, però, a causa di un infortunio decide improvvisamente di ritirarsi dall’attività agonistica per intraprendere la carriera di allenatore (ma un anno dopo ci ripenserà e tornerà in gara proprio con l’atleta che stava allenando, ndr). Così, Aliona si ritrova improvvisamente senza un compagno con cui gareggiare.

Non ricevendo il supporto che si aspetta dalla propria federazione nazionale di pattinaggio, inizia a valutare la possibilità di competere con altri possibili partner, anche di oltre confine. Alla fine la scelta ricade su un atleta tedesco, Robin Szolkowy, con cui inizia ad allenarsi dalla primavera del 2003. Aliona si butta con entusiasmo in questa nuova avventura. Con Robin trova subito un discreto feeling sul ghiaccio, disegna anche i costumi che i due indossano in gara, e comincia a ottenere risultati di una certa importanza a livello internazionale. Dopo un complicato iter burocratico, a fine dicembre 2005 riesce ad ottenere la cittadinanza tedesca, giusto in tempo perché la coppia possa partecipare alle Olimpiadi di Torino del 2006, dove i due ottengono un lusinghiero sesto posto, piazzamento confermato anche il mese successivo durante i campionati del mondo. Da quel momento in poi, Aliona e Robin costruiscono una coppia che per tanti anni incanterà gli appassionati di pattinaggio di tutto il mondo.

Nelle otto stagioni successive, dal 2007 al 2014, questi straordinari atleti non scendono mai dal podio mondiale (per loro cinque vittorie, due secondi e un terzo posto), si aggiudicano per quattro volte il titolo europeo, e nelle due edizioni dei Giochi olimpici di Vancouver 2010 e di Sochi 2014 ottengono due medaglie di bronzo. Insomma, parliamo di una carriera con pochi eguali nella storia del pattinaggio artistico di coppia, che sembra terminare per entrambi quando Roby, al termine della stagione 2014, decide di ritirarsi. Aliona, però, ha ancora la voglia di provare a raggiungere l’oro olimpico, l’unica medaglia che ancora gli manca, e così qualche mese dopo comincia ad allenarsi (inizialmente in gran segreto) con il francese Bruno Massot. Il problema è che il regolamento dell’ISU (la federazione mondiale degli sport sul ghiaccio) non consente a una coppia di pattinaggio artistico di gareggiare in una competizione internazionale sotto due diverse bandiere, quindi uno dei due deve necessariamente cambiare nazione, e deve anche aspettare che il Paese precedente gli conceda un permesso per iniziare a partecipare a competizioni ufficiali.

Bruno, dopo qualche esitazione, decide così di provare a gareggiare per la Germania e si trasferisce a Oberstdorf, dove dall’ottobre del 2014 comincia ad allenarsi sempre più intensamente insieme ad Aliona. Il cammino verso una possibile partecipazione ai Giochi di PyeongChang 2018, però, si rivela per la coppia molto più complicato del previsto. La Francia, infatti, non vuole concedergli il permesso di gareggiare per un altro Paese, e lui trova difficoltà anche a ottenere la nuova cittadinanza (assolutamente indispensabile per gareggiare alle Olimpiadi). C’è un esame di tedesco da superare, ma lui non riesce proprio a passarlo. Passa così un’intera stagione in cui questi atleti non possono prendere parte a gare ufficiali, fino a quando la federazione francese di pattinaggio, alla fine dell’estate del 2015, accetta di “liberare” il suo ex atleta dietro il corrispettivo di una tassa pagata dallo stesso Massot. Ora Aliona e Bruno possono tornare sul ghiaccio per le gare che contano, e subito dimostrano un grande affiatamento andando a vincere la medaglia d’argento ai campionati europei di Bratislava (Slovacchia) del 2016, e quella di bronzo ai mondiali di Boston (Stati Uniti) dello stesso anno.

aljona-savchenko-e-bruno-massot-foto-apAnche la stagione preolimpica si rivela ricca di soddisfazioni, con due argenti conquistati sia agli europei di Ostrava (Rep. Ceca) che ai mondiali di Helsinki (Finlandia). Il tutto, nonostante la coppia durante l’inverno sia costretta a fermarsi per quasi due mesi a causa di un infortunio patito da Aliona ai legamenti della caviglia destra. L’ennesimo problema da superare, nel cammino verso la possibile gloria olimpica. E così si arriva a novembre scorso, quando finalmente Bruno ottiene la cittadinanza da parte della Germania. Adesso sì che i due possono partecipare alle Olimpiadi sudcoreane, ma provare a vincere è cosa tutt’altro che semplice. Anche perché ci sono tante coppie con ottime possibilità di salire sul podio a cinque cerchi. Ci sono i canadesi Meagan Duhamel ed Eric Radford, campioni mondiali nel 2015 e nel 2016. Ci sono i campioni mondiali in carica, i cinesi Wenjing Sui e Cong Han, pattinatori straordinari. E c’è anche la coppia russa formata dai campioni europei Evgenia Tarasova e Vladimir Morozov, guarda caso allenati proprio da una “vecchia conoscenza” di Aliona: il suo “vecchio” partner, Robin Szolkowy.

Finalmente si arriva alla gara tanto agognata, ma le Olimpiadi per loro partono male. Il livello della competizione è altissimo, e nel programma corto (il primo segmento di una gara di pattinaggio artistico) Bruno ha un’incertezza che potrebbe costare carissimo alla coppia tedesca: un’esitazione su un salto in parallelo, non sfuggita all’occhio dei giudici, che li colloca al quarto posto della classifica provvisoria. Il distacco dai primi è importante, così Aliona e il suo partner devono provare a dare tutto il meglio del loro repertorio nel programma libero. Sperando che basti per vincere almeno una medaglia. Il primo posto, invece, sembra ormai perduto.

Ma Aliona, che di ostacoli ne ha dovuti affrontare tanti nella sua carriera, non si da per vinta. Con Bruno esegue il miglior programma libero mai pattinato nella storia di questa disciplina. Un esercizio di stordente bellezza, dalla qualità tecnica elevatissima: trottole con un unisono quasi perfetto, salti (lanciati e in parallelo) portati a termine con un grado di esecuzione al limite della perfezione. E alla fine per la pattinatrice tedesca arriva la medaglia d’oro, il giusto premio a una carriera straordinaria. Battuti, d’un soffio, i pattinatori cinesi Sui e Han, con i canadesi Duhamel-Radford medaglia di bronzo e i russi Tarasova-Morozov quarti, ai piedi del podio.

Quella di Aliona è solo una delle tante storie che si nascondono dietro gli atleti capaci in questi giorni di salire sul gradino più alto del podio ai Giochi olimpici invernali in corso di svolgimento a PyeongChang (scarica il pdf in fondo a questo articolo del programma completo dei prossimi giorni). Un oro, quello olimpico, sognato dagli atleti per tutta una vita, ma giunto spesso solo dopo tanti sacrifici, dopo essere riusciti a superare ostacoli di diversa natura, e a volte anche dopo aver compiuto scelte difficili. Perché, come spesso accade, affinché una cosa si realizzi, bisogna conquistarsela, occorre sudarsela con tutte le proprie forze. Nella vita, così come nello sport. Come ha fatto Aliona.

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