Aiutiamoli a casa loro?

Intervista a mons. Giancarlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e già presidente della Fondazione Migrantes, tratta dal numero 1 del 2018 della rivista Città Nuova

«Aiutiamoli a casa loro». Anche se bombardati e feriti, anche se la casa non l’hanno più come neanche un pezzo di pane, anche se violentati o venduti come schiavi? Anche se le nostre multinazionali occidentali fanno affari vendendo loro le armi per distruggersi o comprano le loro terre? È davvero questo è il prezzo della “sicurezza” in Italia e in Europa? Lo abbiamo chiesto a Giancarlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e già presidente della Fondazione Migrantes, in occasione del workshop intitolato “La realtà è superiore all’idea – L’ascolto nelle dinamiche comunicative sui processi migratori, organizzato dal Centro Evangelii Gaudium dell’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (Figline Incisa Val d’Arno), in collaborazione con la Rete europea risorse umane.

Mons. Perego, quali sono le nostre responsabilità?
Accordandosi con diverse non meglio identificate “autorità” libiche, per il controllo delle proprie frontiere, l’Unione europea, tra cui l’Italia, ha acconsentito e sostenuto un’operazione disumana che è sotto gli occhi di tutti. In nome di una presunta “sicurezza” o “tutela di identità”, ha accettato anche, per una riduzione delle partenze, che donne, bambini e neonati, spesso figli di stupri di massa, venissero sacrificati in mare. A Bruxelles e a Roma si sa bene che, una volta riportati a terra, quegli “irregolari” rischiano puntualmente di essere precipitati di veri inferni, quei famigerati “centri di detenzione” che costituiscono un’offesa alla coscienza dell’umanità.

Quali sono i numeri per l’Italia: rischiamo “invasioni” o “perdite di identità”?
I numeri smentiscono strumentalizzazioni o ignoranza: al 1 gennaio 2016 gli immigrati in Italia erano 5.026.153,in un rapporto di 1 a 12, dato che in Italia siamo 60 milioni. Eppure, anche se in quella quota accertiamo più di 2,5 milioni di lavoratori e 800 mila studenti nelle scuole, molti preferiscono concentrarsi solo sui 27 mila non italiani in carcere, come se quello fosse il popolo dei migranti. Negli ultimi 4 anni in Italia abbiamo contato 600 mila sbarchi di richiedenti asilo, dei quali sono rimasti solo in 196 mila nel nostro Paese. A leggere molte testate, sembrerebbe invece quasi un mondo di profughi che sbarca da noi, quando in realtà sono stati ben 65 milioni i profughi nel mondo solo nel 2016, la maggior parte dei quali accolta in Asia e Africa, ben più povere della nostra Europa. Per l’Italia il dato è ancora più eloquente se si pensa che ha perso in soli 5 anni circa 800 mila cittadini dal semplice scarto demografico tra morti e nati. Eppure, quei 196 mila rimasti in 4 anni fanno paura…

Ecco: l’immigrazione viene spesso associata a percezioni di pericolo. Perché?
Già nel 2011, attraverso una ricerca condotta con l’Università La Sapienza di Roma, verificammo come su un milione e mezzo di articoli sui giornali fosse coniugata nel 92% dei casi la parola migrante con la parola “criminale”, “irregolare”, “clandestino”, incrementando la percezione di presunta insicurezza. Certa politica e alcuni media hanno un ruolo nella paura percepita, ma tutte le agenzie educative devono riflettere su questo.

Cosa le fa pensare l’espressione «Aiutiamoli a casa loro»?
Ci vuole una bella faccia tosta a dire «Aiutiamoli a casa loro», uno degli slogan sbrigativi e oltremodo semplicistici più abusati, che non meriterebbe certo obiezioni in assoluto, se solo i numeri effettivi non dimostrassero tutt’altra direzione: nell’ultimo anno, l’Italia sola ha incrementato del 95% l’esportazione di armi in diversi tra i Paesi che costringono intere masse di popolazione a emigrare a causa delle 33 guerre esistenti; la cooperazione allo sviluppo sembra fatta in pratica solo dai non italiani, che hanno inviato ben 7 miliardi di dollari dall’Italia ai loro Paesi di origine, alla media di 100 euro al mese a testa, mentre l’Italia ha speso solo 120 milioni di euro, dato che continua a destinare al Fondo di Cooperazione allo Sviluppo, anziché il prefissato 0,70% del proprio Pil, solo lo 0,16. Nel 2017 i disastri ambientali, causati anche dalla nostra incuria che inquina, hanno fatto 22 milioni di profughi, ma la cosa grave è che 10 milioni di persone tra questi sono stati cacciati da 54 milioni di ettari dell’Africa, comprati da multinazionali, tra le quali anche italiane.

Da dove cominciare per un approccio al passo coi tempi?
Ognuno di noi può formarsi sul fenomeno e impegnarsi a conoscere le storie e i profili di queste persone; bisogna accoglierli pensando a come farne occasione di scambio e ricchezza reciproci per loro e le nostre comunità (un esempio è il servizio civile, dato che sono per lo più giovani).

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