Aggressività e tenerezza in un quartetto al femminile

Torna al festival MilanOltre la coreografa belga Anne Teresa De Keersmaeker con “Rosas danst Rosas”, spettacolo dal successo internazionale che, nel 1983, ha segnato la nascita ufficiale della sua compagnia, e anticipato la poetica del lavoro successivo

 

Fiamminga, 57enne, l’aria ancora da ragazzina. Anne Teresa De Keersmaeker nasce alla coreografia nei primi anni ’80. La ricerca spazio-temporale, la polverizzazione minimal, la reiterazione e la musica sempre al centro delle creazioni, sono la cifra espressiva di questa ex “ragazzaccia” terribile della danza europea.

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Il suo stile ha, tra gli ascendenti culturali, le rigorose geometrie post-moderne dell’americana Lucinda Childs, e, specie nella prima fase della sua attività, certe asprezze e angolosità di Pina Bausch non solo per le sedie, spesso in scena, quasi interlocutori dei danzatori, ma per quel riflettere movimenti rubati alla quotidianità.

 

Nel corso del tempo il suo stile si è poi caratterizzato sempre più verso l’astrattismo pur mantenendo una danza da cui emerge passione, lirismo e un intenso ventaglio di “storie”.

Le sedie le ritroviamo in Rosas danst Rosas spettacolo del 1983, che ha segnato la svolta internazionale dell’artista e la nascita ufficiale della Compagnia Rosas. Icona storica e di successo, lo spettacolo è diventato un classico nel repertorio della sua compagnia. Riproposto di recente con un nuovo cast, manifesta ancora la forza di un vocabolario diventato un punto di riferimento nella storia della danza postmoderna. Esso prefigura tutte le tensioni e le dialettiche che caratterizzeranno il lavoro successivo della De Keersmaeker. Quello dell’artista belga è un universo declinato al femminile, di trame non verbalizzabili, di storie che si aprono alle emozioni individuali sedimentate nei piccoli gesti della quotidianità.

La performance si compone di 5 parti con danza e musica basata su principi ripetitivi, minimalisti della musica originale di Thierry De Mey e Peter Vermeersch, che contrasta nettamente con la struttura rigorosa della coreografia. Quattro interpreti donne, dalla torrenziale, secca, estenuante gestualità, danzano loro stesse, ancora e ancora. Si muovono secondo modelli matematici ripetitivi sulla nuda scena, fra rotolamenti lenti e alzate repentine scanditi con reiterato furore razionale. Tracciano percorsi collettivi incalzanti in un affanno di sospiri e cadute. Quasi a denunciare un’attesa e un sogno sempre deluso.

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Dapprima, nel silenzio assoluto, sdraiate con i gomiti appoggiati a terra; poi, svegliate alla vita, in piedi o sedute; quindi libere di spaziare, seguendo il ritmo della musica martellante. Il movimento meccanico ma fluido delle braccia, delle gambe, della testa – quel continuo toccarsi i capelli indietro e abbassare leggermente sulla spalla la camicetta, o roteare il capo – sono ribellione, isterismo, affanno, sensualità, seduzione.

La prima parte si svolge sul pavimento, in silenzio. Con movimenti ondeggianti e con passaggi intermedi, le quattro danzatrici costruiscono un ampio movimento diagonale dal fondo a destra verso il proscenio a sinistra, accompagnato dalla musica puramente ‘umana’ dell’ansimare, delle braccia che toccano il pavimento, il suono del movimento.

La seconda parte prende corpo in piccole file di sedie posizionate in diagonale. I movimenti sono rapidi, duri, energici e rispondono ai battiti metallici delle percussioni. La terza parte, come la prima, è un gioco tra linee rette e diagonali, accentuato da corridoi di luce in cui si muovono gli interpreti. La quarta sezione è una danza di gruppo e prende vita con un forte crescendo ai limiti dell’esaurimento fisico; diagonali, linee rette e cerchi si alternano.

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Il finale è una coda molto breve e consiste solo in gesti concreti legati all’affaticamento delle danzatrici. Avanti e indietro, staccandosi e ritornando tra le fila della schiera, le quattro danzatrici mantengono una complicità di sguardi obliqui, di segnali minimi pronti a dilatarsi fino al parossismo gestuale. Che genera, infine, una dimensione di profonda emotività.

 

“Rosas Danst Rosas”, coreografia Anne Teresa De Keersmaeker, interpreti Laura Bachman, Léa Dubois, Yuika Hashimoto, Soa Ratsifandrihana; luci Remon Fromont, costumi Rosas. Produzione 1983 Rosas & Kaaitheater, coproduzione De Munt/La Monnaie, Sadler’s Wells, Les Théâtres de la Ville de Luxembourg. Al Festival MilanoOltre, Teatro Elfo Puccini, il 28 e 29 settembre.

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