Acerra, facciamo chiarezza

Ci risiamo con le proteste. Ma lì sono troppo forti gli interessi della camorra, non si farà mai niente. Dubito che sappiano bene cos’è un termovalorizzatore, non esiste questa cultura come al nord… Queste ed altre frasi simili che ho sentito qua e là quando ad Acerra sono cominciate le manifestazioni di protesta contro la costruzione del termovalorizzatore, mi hanno posto degli interrogativi. Anche perché questo metodo di smaltimento dei rifiuti è dai più ritenuto sicuro ed efficiente. Ce ne ha dato conferma un impianto simile, che siamo andati a visitare a Colleferro, a sud di Roma, che ci ha ben impressionato per il modo trasparente con cui è gestito. Ne parleremo sul prossimo numero. E le vicende campane? Manovre della camorra? Ignoranza collettiva? Cosa è successo davvero? Difficile capirlo da Roma, come da Milano, come da Palermo. Acerra andava vista da Acerra. Certo è una questione spinosa, mi dicevano alcuni. Ma chi ha ragione?, chiedevano altri. Già, come se la ragione stesse tutta, solo, da una parte. Recarci sul posto ci ha permesso di calarci nella vita di una città che sta vivendo un momento difficile. Una full immersion per superare la tentazione (che non ha risparmiato neanche chi scrive) di avere un’idea già preconfezionata di come stanno le cose, col rischio di giungere a valutazioni affrettate o superficiali… come può succedere a distanza. Qualche lettore potrebbe obiettare che abbiamo dato voce solo a chi la pensa in un determinato modo. In effetti, andando ad Acerra, che si parli col primo cittadino o col parroco o col cittadino comune incontrato sull’autobus, il parere è unanime e le motivazioni addotte piene di dettagli. Ma anche noi avremmo voluto sentire tutte le campane. Il presidente della Regione, Bassolino, però, ci ha fatto rispondere che non erano previsti incontri coi giornalisti ma che avrebbe affidato le sue dichiarazioni solo ad un quotidiano nazionale in un giorno non ancora determinato. No comment! Veniamo ai fatti. La notte tra il 16 e il 17 agosto scorso si apre nella cittadina alle porte di Napoli il cantiere per la costruzione del termovalorizzatore in un terreno di novantaseimila metri quadrati appena fuori dalla città. Insieme alle ruspe arrivano 1200 persone delle forze dell’ordine. Uno schieramento imponente che tuttora presidia la città in maniera visibile. In prossimità del cantiere, Guardia di finanza, Digos, Carabinieri e Polizia vigilano che nessuno vi si avvicini in maniera impropria. Ci fanno passare perché siamo giornalisti ed è a bordo di una macchina della Digos che possiamo visitare il sito, scattare qualche fotografia. I primi lavori sono di tipo archeologico per verificare che non vi siano reperti nel sottosuolo. Gli acerrani sperano che venga trovata un’antica villa… Di fondo, dicono, c’è una mancanza di trasparenza in tutta la vicenda. La decisione di situare lì l’impianto non avrebbe coinvolto le rappresentanze locali ma sarebbe stata presa dall’azienda privata, la Fibe, che lo gestisce; non sarebbe stata realizzata una valutazione di impatto ambientale; con questa ed altre decisioni precedenti sarebbe stata tradita la vocazione agroalimentare del territorio acerrano. Non esiste poi un piano ordinario della gestione dei rifiuti tant’è che da dieci anni l’emergenza è nelle mani di un commissario straordinario. Queste alcune delle motivazioni che hanno indotto trentamila cittadini a manifestare. Uomini, donne e bambini sono scesi in piazza per dire il loro no ad un termovalorizzatore costruito con queste premesse e, a quanto si dice, gestito in maniera che non garantisce la sicurezza della salute. Cominciamo a capire il perché del dissenso. Don Giancarlo Petrella e don Luigi Razzano, parroco e vice parroco di Sant’Alfonso, mi forniscono il comunicato stampa con cui la diocesi locale esprime la sua preoccupazione. La sordità ad ogni appello alla ragionevolezza – vi si legge -, alla verifica sul piano più strettamente scientifico, ha fatto perdere tempo utilissimo per la ricerca di un’accettabile mediazione tra i diritti della comunità regionale e le legittime preoccupazioni dei cittadini di Acerra e dei comuni li- mitrofi di fatto estromessi da ogni confronto democratico. La prova di forza messa in campo (…) misconosce il pur reale diritto alla salute di una popolazione che vive in un territorio fortemente degradato sul piano ambientale e che, per tale motivo, necessiterebbe di interventi di risanamento e di repressione delle attività illegali e non di un altro impianto a impatto ambientale tutto da verificare. Vedere questo schieramento di forze dell’ordine in un periodo in cui in tutto il paese l’allarme terrorismo è elevato, fa pensare – commenta don Giancarlo -. Tanto più che quando invece abbiamo chiesto una presenza più massiccia contro la criminalità organizzata ci è stato risposto che non c’erano le forze. Quella del popolo di Acerra – aggiunge don Luigi – è stata un’adesione corale alla quale la nostra comunità parrocchiale ha partecipato con senso di responsabilità in sintonia con la presa di coscienza avutasi, lo scorso giugno, in occasione della presentazione di un mio opuscolo: Dio non si è stancato di noi, dove, tra tensione religiosa e passione civile, vengono offerti semi di speranza, affinché in questa terra non nullifichino i germi di vita presenti nelle potenzialità spirituali umane e sociali della nostra gente. Tra una seduta di giunta e un appuntamento col sindaco di Napoli Iervolino, Dino Di Palma, da quasi due mesi presidente della provincia, riesce a trovare alcuni minuti per un’intervista di cui riportiamo i passaggi principali. Penso che prima di tutto bisognava puntare sulla raccolta differenziata e sulla realizzazione degli impianti di compostaggio – afferma -. Invece attualmente i rifiuti vanno a finire in ecoballe depositate nelle campagne. A questo punto ci sono tre soluzioni: trasferirle in Germania o altrove con costi enormi; metterle in discarica; bruciarle. Dunque in questa fase il termovalorizzatore, piccolo, controllato, con tutte le garanzie e verifiche necessarie, diventa quasi una necessità. Ma rappresenta solo l’ultimo anello di una catena che ha bisogno dei precedenti per funzionare. Inoltre la scelta di un unico gestore per l’intero ciclo, a mio avviso, è sbagliata perché ci rende dipendenti da una sola azienda che non ha vero interesse alla raccolta differenziata in quanto più rifiuti accumula, più energia produce. Come provincia di Napoli sappiamo di dover attuare una serie di interventi di risanamento ambientale coinvolgendo i cittadini nelle decisioni, dando sempre più spazio alle realtà locali, ai sindaci, dialogando. Ciò evita che qualsiasi tipo di intervento risulti imposto dall’alto e quindi estraneo. Dunque quello che si chiede qui è partecipazione democratica, trasparenza, attenzione all’ambiente e alla salute. È ovvio che su 50 mila acerrani ci potrà essere una percentuale di persone non pienamente informate o con altri interessi. Ma la camorra – mi dice l’assessore provinciale all’agricoltura Francesco Borrelli – quando vuole qualcosa non ha bisogno di manifestare. La fa e basta. C’è da augurarsi allora che questo momento difficile serva a far riflettere amministratori a vario livello e cittadini sulla necessità di pensare al bene comune e non ad interessi particolari. Anche così l’emergenza rifiuti potrà trovare soluzioni non improvvisate e avvalersi di metodi sicuri ed efficaci. Cos’è la termovalorizzazione È un sistema innovativo di smaltimento dei rifiuti che recupera energia elettrica dalla frazione secca della spazzatura. Dopo aver infatti reintrodotto nel ciclo produttivo i materiali riciclabili, la parte restante trattata come cdr (combustibile da rifiuti) viene usata appunto come combustibile per l’impianto. I termovalorizzatori, se gestiti nel pieno rispetto delle regole comunitarie, sembrano offrire una risposta efficace trattamento dei rifiuti la cui produzione è in continuo aumento. Essendo ad alta tecnologia, garantiscono un costante monitoraggio sulle emissioni che se non controllate adeguatamente possono risultare tossiche. ACERRA VISTA DA ACERRA A colloquio con il sindaco Espedito Marletta Acerra. Una città molto problematica con quartieri periferici dormitorio, disagio economico e sociale, centro storico fatiscente. Alla ricerca di un’identità sul piano culturale, politico, sociale, economico. Così me la tratteggia il sindaco Espedito Marletta, in carica dalla fine di giugno. La città che sta cercando di recuperare decenni di malgoverno da una parte e di degrado sociale ed economico dall’altro, ha dovuto fare i conti, dagli anni Settanta in poi, con un modello di sviluppo industriale che andava a sovrapporsi alla vocazione agroalimentare del territorio. La grande industrializzazione col polo chimico, meccanico e aeronautico, a detta del sindaco, è rimasta però quasi come una cattedrale nel deserto che non ha creato circuiti economici, non ha fatto sistema con il territorio e il tessuto economico della città fino a registrare una fase di declino. Il mancato rispetto delle regole ha determinato anzi inquinamento delle falde acquifere, dei campi, stagnazione economica. Quando si parla del termovalorizzatore non si può ignorare questo contesto di riferimento. Signor sindaco, perché lei non è favorevole a quest’impianto che stanno costruendo? Intanto quello che deve essere costruito ad Acerra dovrebbe essere il più grande d’Europa. Inutile fare riferimento a quello di Brescia, Reggio Emilia,Vienna che sono molto più piccoli. Inoltre, concepito all’interno di un ciclo integrale dello smaltimento dei rifiuti vede attualmente l’inesistenza della raccolta differenziata e la chiusura degli impianti di cdr (combustibile da rifiuti) messi sotto inchiesta dalla magistratura perché non rispettano la normativa comunitaria nazionale e regionale né il contratto di appalto. A scegliere la localizzazione dell’impianto, poi, è stata la Fibe, gestore di tutto il ciclo. Non le sembra che ci sia stato un forte schiacciamento delle prerogative dei comuni?. Vedo che la cittadinanza apprezza il suo operato… Sì in effetti i cittadini sono contenti di vedermi presente e attivo in questa vicenda con molta attenzione e credibilità nel senso che non fomento le manifestazioni di piazza che talvolta possono degenerare. Dispiace poi vedere che anziché le questioni cruciali vengano in risalto solo i tafferugli provocati da qualche facinoroso. Purtroppo la stampa ha la necessità di mettere in prima pagina l’evento, ed è certo che è più facile parlare dei disordini che spiegare i contenuti di una battaglia. Quali sono le motivazioni del suo impegno? Passare dalla teoria alla pratica. Spesso si parla dei problemi in astratto. Così anche per il termovalorizzatore.Tanti dicono: Ma stanno in tutti i paesi del mondo, anche al centro di Vienna, perché non lo volete ad Acerra?. Ogni cosa va contestualizzata nel suo territorio.Vienna non è considerata zona rossa per la presenza della diossina, non ci sono pozzi d’acqua sequestrati perché la falda acquifera è inquinata da diossina, nè discariche abusive a cielo aperto, bidoni tossici seppelliti nel suolo, tir di rifiuti contaminati che scaricano abusivamente come succede da noi. Un altro elemento importante è che in materia di rifiuti la Campania è una regione commissariata, cioè soggetta ai poteri straordinari della Protezione civile, gli stessi cui si ricorre in caso di calamità naturale. È logico che se la Protezione civile deve posizionare un container in seguito a un terremoto non farà certo la valutazione di impatto ambientale o una gara d’appalto. Un metodo che è condivisibile in una situazione di urgenza, non può certo esserlo nel caso nostro, eppure per il termovalorizzatore le decisioni sono state prese in questo modo. Andiamo avanti così dal 1994. Forse non è sbagliato esigere delle spiegazioni.

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