L’Ecuador si autoisola, il Messico rompe le relazioni dplomatiche

La cinematografica irruzione armata all'ambasciata messicana in Ecuador per arrestare un ex vicepresidente condannato per corruzione, ma con asilo politico, ha provocato la rottura delle relazioni diplomatiche tra i due Stati. Un’esibizione di autorità fuorviante dal prioritario obiettivo della lotta al narcotraffico.   Unanime la condanna all’Ecuador dei governi latinoamericani
Proteste in Messico contro ambasciata Ecuador ANSA EPA/SASHENKA GUTIERREZ

Agenti speciali che si arrampicano sui muri di un recinto diplomatico, mentre i loro compagni riducono con la forza un capo missione indignato e trafelato nel tentativo di resistere all’irruzione. Le sue dichiarazioni a caldo ai giornalisti, con incontenibile ira e indignazione, nella notte di Quito.

Sono inusitate le immagini diffuse venerdì sera dai telegiornali ecuadoriani, quando una squadra d’élite della Polizia è penetrata all’ambasciata messicana per arrestare Jorge Glas, ex vicepresidente condannato a prigione al quale il Messico aveva appena concesso asilo diplomatico.

Immediata la rottura delle relazioni diplomatiche da parte del Paese del nord, la partenza del personale e la chiusura della sede. Una decisione motivata dalla mancanza di garanzie per la sicurezza delle persone e dei beni nazionali. Unanime la condanna all’Ecuador dei governi latinoamericani, di ONU, USA, UE, Organizzazione degli Stati Americani (OEA) e dello spettro politico interno.

Il gruppo parlamentare del partito Revolución Ciudadana dell’ex presidente Rafael Correa – al quale appartiene Jorge Glas – ha annunciato la rottura del patto di governabilità mediante il quale il presidente Daniel Noboa disponeva della maggioranza. Ora dall’opposizione, il correismo ha chiesto le dimissioni di Noboa e annuncia un processo di impeachment a tre ministri.

L’arrestato, Jorge Glas, ha scontato cinque anni e due mesi di una condanna di otto anni per corruzione. In libertà condizionale aveva ricevuto in dicembre una sentenza di reclusione preventiva per peculato, ma anziché tornare in carcere, e adducendo una persecuzione politica, si era rifugiato presso l’ambasciata messicana, dove venerdì ha ricevuto ufficialmente asilo politico.

L’indomani dell’arresto Glas, recluso in una prigione di massima sicurezza, è stato trovato privo di sensi e ricoverato in un ospedale militare. La prima spiegazione: tentativo di suicidio con medicinali. Successivamente, fonti governative hanno parlato di un malore dovuto al rifiuto di mangiare. Glas è ora stabilizzato.

La sovranità nazionale, il principio della non ingerenza negli affari interni e il pericolo di fuga imminente dell’incriminato sono le ragioni esposte dal governo Noboa per giustificare l’azione. L’agenda dell’Ecuador la decide la maggioranza popolare che l’ha eletto, ha affermato il presidente. La protezione diplomatica a un condannato è “illegale”, spiega un comunicato della presidenza, per la quale il Messico, concedendo asilo a un latitante, «ha abusato dei privilegi concessi alle missioni diplomatiche».

Il governo messicano ha annunciato una denuncia alla Corte Internazionale di Giustizia. Anche per il presidente Andrés Manuel López Obrador (conosciuto con la sigla AMLO) la violazione alla sovranità nazionale è la causa della rottura, palese, poiché è stata ignorata una delle più antiche e indiscusse regole dei rapporti tra Stati: la Convenzione di Vienna.

I due governi hanno poi spiegato le loro posizioni.

Per il Messico, primeggia l’inviolabilità del diritto di asilo, e l’accento è posto sull’articolo della Convenzione che assegna la facoltà di concederlo o no allo Stato al quale lo si richiede. Nel caso di Glas, lo si considera vittima di persecuzione politica.

Per l’Ecuador, essenziale è che, per la Convenzione, chi deve scontare condanne penali non può beneficiare di protezione internazionale.

La concessione dell’asilo politico a Glas è in linea con le simpatie di López Obrador per il correismo e con la sua adesione alla tesi della persecuzione politico-giudiziaria verso Glas, lo stesso Correa e altri esponenti del suo movimento, tra i quali sette vivono oggi in Messico (tre di loro, partiti con asilo politico durante il governo del correista Lenín Moreno).

L’illegalità di un’irruzione in un’ambasciata straniera è indiscutibile. «Un atto scandalosamente contrario al diritto internazionale», secondo quanto dichiarato alla BBC Mundo da Diego García-Sayán, ex presidente della Corte Interamericana dei Diritti Umani. «Nemmeno Pinochet ha osato fare una cosa del genere», ha esemplificato AMLO.

Si contano sulle dita di una mano gli abusi analoghi nella storia recente. Che, tuttavia, non sono comparabili, trattandosi generalmente di operazioni per la liberazione di ostaggi, come quella delle forze dell’ordine peruviane nell’ambasciata giapponese a Lima dopo oltre 100 tesissimi giorni, o l’irruzione di militari cubani nella rappresentazione diplomatica dell’Ecuador all’Avana nel 1981 per liberare l’ambasciatore ed altre tre persone sequestrate da dissidenti anticastristi.

Accettare la rottura di una delle norme basilari della convivenza tra nazioni senza conseguenze per lo Stato che se ne rende responsabile provocherebbe, per García-Sayán, un ritorno «alla preistoria del sistema interamericano», con «la perdita della protezione personale nell’esercizio delle libertà politiche e del pluralismo».

Secondo l’esperto, un governo può negare il permesso di abbandonare il Paese per usufruire della protezione di un governo straniero ma, in nessun caso, è abilitato a violare con la forza un trattato che concede un’area delimitata del territorio nazionale all’uso di uno Stato sovrano. Esistono strumenti diplomatici per negoziare evitando il ricorso a tali estremi.

In Ecuador c’è chi legge questa dimostrazione di autorità da parte del presidente come una strategia per riaffermare la necessità del voto positivo nella consulta popolare indetta per il 21 aprile su iniziativa presidenziale.

I quesiti chiedono il rafforzamento del ruolo delle forze dell’ordine e altre misure legali nella lotta al narcotraffico che tiene in scacco il Paese.

Noboa guida il potere esecutivo solo per 18 mesi, per completare il periodo di governo del dimissionario Guillermo Lasso. Con l’annunciato passaggio all’opposizione parlamentare del correismo, primo partito a livello nazionale (si vedrà se si manterrà tale decisione), sarà ancor più difficile per lui raggiungere gli obiettivi di sicurezza nazionale (il più pressante) e di sviluppo socio-economico tali da permettergli una possibile rielezione (questa volta per un quadriennio completo) e soprattutto tali da alleviare la morsa della delinquenza organizzata, che tiene in ostaggio un intero paese.

Per questo – e, non ultimo, per non troncare la cooperazione bilaterale nella lotta a un narcotraffico che vede alleati cartelli messicani e bande ecuadoriane – urge voltare velocemente questa spiacevole pagina.

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