Voglia di ripartire

Nei luoghi colpiti dal terremoto si costata come la ricostruzione sia già avviata, dentro e fuori le persone.
Un negozio ricostruito nel giardino di casa

A Medolla, appoggiata ad una palazzina, vedo una scala in tubolari di acciaio come quelle che si costruiscono in un cantiere durante i lavori edilizi. A Mirandola scorgo manichini su un muretto di una villetta con tanto di vestiti da vendere. A Cavezzo un cartello che annuncia a breve l’apertura di una nuova macelleria. Immagini isolate; eppure sono quelle che mi accolgono nei paesi emiliani colpiti dalle scosse di terremoto del 20 e 29 maggio scorso. Sono “fermi immagine” strani, talvolta divertenti, che parlano di vita ed esprimono la voglia di ricostruire e di ripartire della gente che in queste terre vive.

Quel che vedo a Medolla è l’emblema di famiglie che hanno trovato una soluzione provvisoria per rientrare nella propria abitazione, essendo crollata la scala interna della palazzina che li ospita. Nell’attesa di ricostruire non hanno perso la speranza di poter abitare in casa propria e così, con tanto di coraggio e caparbietà, hanno tagliato parte delle ringhiere dei propri balconi e montato una di quelle scale antincendio che si vedono fuori ai grandi spazi pubblici come cinema o teatri o che ricordo di aver visto a New York nel Bronx.

È così che inizio il mio itinerario che si snoderà via via tra i paesi colpiti dal terremoto. Incontro parroci, sindaci, studenti, famiglie, imprenditori, pensionati, piccoli commercianti… In tutti scorgo la voglia di ripartire – e già lo hanno fatto – perché la ricostruzione esterna è un primo passo per poi avviare quella interna. In questi paesi la vita non è più come prima.
 
Imprenditori e commercianti
 
E a dare il primo forte contributo sono stati gli imprenditori. A Medolla incontro il signor Rodolfo Barbieri: la sua azienda produce specialità alimentari destinate alla ristorazione professionale. Ben l’80 per cento del complesso di 30 mila mq è andato distrutto dopo il 29 maggio. «Ho pensato subito – mi racconta – ai miei 230 dipendenti e alle loro famiglie. È per loro che non ho mai deciso di chiudere e sin dal primo momento, il giorno dopo la forte scossa, ero nella mia azienda per capire con i miei figli come ricominciare e ricostruire».
Sin da metà giugno l’azienda del signor Barbieri ha ripreso a spedire i prodotti dal magazzino. Ora i lavori della ricostruzione vanno avanti giorno e notte. «Spero – continua il titolare dell’azienda Menù – di poter far ripartire parte della produzione entro dicembre, al massimo gennaio». In questo modo alcuni dipendenti dell’azienda che attualmente sono in cassa integrazione torneranno a lavorare. «Non licenzierò nessuno», mi sottolinea il signor Rodolfo.

La storia del signor Barbieri non è un caso isolato. Anche la Gambro, un’azienda che produce prodotti medici e conta nella sede di Medolla oltre 700 dipendenti, ha deciso di non chiudere il proprio stabilimento. Entro il 2013 i lavori di ricostruzione saranno terminati e tutti i magazzini saranno messi in sicurezza.
Attualmente il materiale migliore e più utilizzato per la ricostruzione, in linea con le normative antisismiche, è il legno. Al momento sono i vari titolari che stanno tirando fuori di tasca propria i soldi per ripartire, anche se lo Stato – ne sono certi – verrà incontro alle spese affrontate.

E anche i piccoli commercianti si son subito rimboccati le maniche. La signora Federica aveva una merceria nel centro storico di Mirandola, nella cosiddetta “zona rossa”. Appena è riuscita ad entrare nel proprio negozio, ha portato via tutta la merce non danneggiata e così ha allestito un punto vendita nel giardino di casa propria con tanto di gazebo e manichini. «Riesco a vendere – mi spiega – perché qui ci stiamo dando tutti una mano per ripartire e i clienti che conoscevano il negozio sono venuti a cercarmi». 
A Mirandola i commercianti del centro storico hanno poi allestito nuovi negozi in container: dal parrucchiere all’edicola, dal negozio di scarpe al tabacchino, si son tutti spostati in un’area antistante un grande centro commerciale, e lì hanno ricostruito in modo provvisorio un nuovo “centro” della città. E a dare una mano all’umore c’è chi ha aperto un nuovo bar, ma questa volta sotto una tenda. Emblematico il nome “Barcollo, ma non crollo”.
 
Famiglie
Se gli imprenditori sono riusciti a far ripartire le aziende, talvolta anche delocalizzando i propri stabilimenti, più dura è la situazione delle singole famiglie. Il contributo dello Stato è fondamentale per quanti hanno la casa lesionata o del tutto distrutta. Se tanti sono riusciti a trovare un’abitazione grazie a parenti e amici, è anche vero che vi sono ancora alcune tendopoli aperte.

A Finale Emilia incontro Paolo Di Bari, volontario della Protezione Civile. «Entro fine mese – mi conferma – la tendopoli verrà chiusa e alle cento persone che attualmente si trovano in questo campo verranno distribuiti dei moduli abitativi confortevoli, necessari anche per trascorrere l’inverno che in questo paese porta temperature molto basse».

Diversa è stata la decisione presa dal sindaco di Medolla, Filippo Molinari: «Io ho optato per la sistemazione degli ospiti, che ora si trovano in tenda, in appartamenti sfitti o di nuova costruzione; una decisione non facile per la quale non ho dormito per alcuni giorni, eppure ho deciso di rischiare pur di dare un alloggio confortevole a tutti e sono andato di persona a chiedere ai singoli cittadini una mano. Come si dice, ho messo prima di tutto la mia faccia di uomo e politico e ora posso dire, anche con un po’ di orgoglio, che tutti i residenti nel mio comune abiteranno in appartamenti veri e propri». 

Il sindaco di Medolla poi mi spiega che è già arrivato il primo contributo stanziato dal governo Monti e stanno distribuendo alle famiglie i soldi per l’autonoma sistemazione. La maggior parte dei soldi che lo Stato darà ai terremotati, però, arriverà solo nel 2013 e nel 2014: nei prossimi due anni Vasco Errani, presidente della Regione Emilia Romagna e commissario straordinario per la ricostruzione, ha già deciso che non darà i soldi direttamente ai singoli cittadini che hanno da ricostruire la propria abitazione, bensì alle banche. Saranno poi gli istituti di credito a pagare le aziende una volta terminati i lavori, quando i cittadini avranno presentato le fatture su approvazione del comune.

Per numerose famiglie questi cinque mesi dal terremoto non sono stati affatto semplici: «Per tanto tempo – mi racconta Fiorella che mi ospita a casa sua per pranzo – non sapevamo se sarebbe stato confermato il lavoro di mio marito. Per quanto riguarda il mio lavoro ero certa di averlo perso. Ho vissuto tutto questo periodo senza pensare a me, bensì ho cercato di aiutare e incoraggiare tutti coloro che incontravo. Tra l’altro abbiamo anche fatto fronte alle spese per il matrimonio di mia figlia, avvenuto proprio subito dopo la scossa del 20 maggio. Da qualche settimana, invece, è cambiata la scena: non ho perso il mio lavoro, anzi il mio orario di servizio nella scuola materna è stato non solo confermato, bensì raddoppiato».
 
Scuole
 
A Mirandola alle 17, in pieno pomeriggio, mi imbatto in un folto gruppo di ragazzi appena usciti da scuola. «Oggi siamo stati in classe dalle 8 alle 17», mi racconta Elisa. «È così ogni lunedì e venerdì – mi spiega Valerio –, mentre non andiamo a scuola il martedì e il sabato, e invece il mercoledì e il giovedì le lezioni sono solo al mattino». «Facciamo i turni nelle tende – interviene Priscilla – perché il nostro liceo classico è del tutto inagibile». In ogni tensostruttura scopro che vi fanno lezione tre classi, una situazione non certo facile da gestire anche per i professori: «Quando fa bel tempo – dice Andrea –, ci spostiamo con le sedie fuori sul prato così riusciamo ad ascoltare meglio il prof». Non è migliore la situazione di Carlo che ha iniziato a settembre a frequentare il primo anno del liceo scientifico tecnologico: «Noi ragazzi della prima classe facciamo lezione assieme, tutti pigiati nella stessa struttura. Stiamo aspettando che arrivino i moduli (una sorta di container) dove fare lezione, mentre per altri ragazzi stanno costruendo rapidamente delle scuole che forse saranno già pronte prima della fine dell’anno».

Disagi inevitabili visto che la maggior parte delle scuole di Mirandola, così come di Finale Emilia, sono crollate o sono inagibili. La Provincia di Modena ha subito destinato i soldi per la ricostruzione delle scuole superiori, sono stati fatti poi gli appalti e infine i lavori sono iniziati, purtroppo un po’ in ritardo per via della burocrazia.
 
Chiese
 
Appare più lenta invece la ricostruzione delle chiese, che il terremoto ha buttato completamente giù in questa zona dell’Emilia, in tutti i paesi dove si sono avvertite le scosse. Tra poche eccezioni c’è la parrocchia di Medolla. La gettata di cemento è stata già fatta nell’area che prima era destinata a campo da tennis dell’oratorio. «Nei prossimi giorni – mi spiega il parroco don Davide Sighinolfi – verrà montata una struttura di legno che poi verrà ricoperta da pannelli di carton gesso». Al momento don Davide, come tutti gli altri sacerdoti della zona, celebra la Messa in una tenda all’aperto, allestita nei pressi della parrocchia. «È una situazione provvisoria quella della tenda – continua il prelato –, e poi, quando avremo la nuova chiesa, sarà tutto diverso. L’antica parrocchia purtroppo non potrà mai più essere utilizzata».
Insomma, di cantieri in giro ne ho visti parecchi. Mi restano in mente, però, le parole del primo cittadino di Medolla: «Non sarà facile la ricostruzione delle persone. Dopo il terremoto abbiamo subito ricominciato, ma ora è rimasto un ronzio nelle orecchie: siamo consapevoli che dobbiamo agire in sicurezza e che non sarà più come prima. Solo se siamo uniti ce la faremo».

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