Vivendo la comunione… in comunità

"Vivranno in comunità, risolute nel vivere l'unione di spirito, di cuore e di missione". Le parole del fondatore, vissute alla luce del carisma dell'unità, generano una comunità religiosa, segno della Chiesa-comunione e risposta alle attese del mondo.
Suore del Bambin Gesù

La nostra comunità vive da diversi anni nel centro storico di Napoli, vicino il quartiere di Forcella. Siamo quattro religiose, tre con voti definitivi ed una nella prima formazione. La nostra spiritualità è centrata sul mistero dell’Incarnazione e la nostra presenza vuole essere radicata nella storia della gente con la quale condividiamo la nostra vita.

 

In mezzo alla città

 

Abbiamo uno stile semplice, di vicinanza alle persone che faticano e in particolare rivolgiamo la nostra attenzione ai bambini, agli adolescenti e ai giovani. Sono proprio le giovani generazioni che si trovano nella precarietà, nel disagio scolastico, nell’impossibilità di avere spazi ricreativi.

 

Ciascuna di noi ha una missione diversa: l’insegnamento nella scuola elementare statale; il volontariato nel carcere di Poggioreale; l’animazione nel Centro Aquilone, un luogo di aggregazione per ragazzi in difficoltà, e l’interesse per attività sportive attraverso il progetto Sportmeet, una rete mondiale di sportivi e operatori dello sport che vogliono contribuire alla costruzione di un mondo unito (www.sportmeet.org); la catechesi nella parrocchia Santa Maria dell’Aiuto.

 

Vivendo in un contesto non facile, con tutti i chiaroscuri di una grande città come Napoli, cerchiamo di mantenere uno sguardo positivo sulla realtà quotidiana, per dare speranza e per non spegnere alcuni tentativi o gesti di benevolenza, di dono e solidarietà.

 

Nel quartiere tutti ci conoscono. In questi anni abbiamo cercato di stabilire dei rapporti veri e di amicizia sincera con le persone, dai ragazzi che stanno per strada alle signore anziane o in parrocchia con le catechiste o i genitori dei bambini. Tutti sanno che siamo lì per ciascuno di loro, e lo sentono, con quella caratteristica tipica della nostra vita di figlie di Nicola Barré: il disinteresse, il puro amore.

 

Con Gesù in mezzo

 

Nella nostra storia, alcune hanno incontrato il carisma dell’unità ed hanno sentito dentro di loro la chiamata a vivere nell’orizzonte del “che tutti siano uno” (cf. Gv 17, 21). La luce che scaturisce dall’ideale dell’unità vissuto ci ha fatto riscoprire alcune costanti del nostro carisma che il nostro fondatore, il beato Nicola Barré, aveva dato nel 1666 alle nostre prime sorelle: “Vivere tra noi anzitutto l’unione di spirito, di cuore e di missione… la nostra unica regola sarà il Vangelo”.

 

Vivendo l’amore reciproco, la nostra vita comunitaria ha fatto un salto di qualità ed ha toccato positivamente la nostra missione nel quartiere e negli ambienti dove lavoriamo. Il fatto è che, amandoci, Gesù si rende presente in mezzo a noi e ci unisce in un vincolo sempre più forte e profondo. Siamo pronte a perdonarci, ad avere misericordia l’una dell’altra e a dimenticare ciascuna i difetti dell’altra. Ogni mattina ci impegniamo a vederci come nuove, con lo sguardo di Dio che nel suo amore ci permette di ricominciare sempre ad amarci. Così ciascuna ama la missione dell’altra come la propria, condividendo le gioie e le difficoltà.

 

In questa vita ha un posto importante Gesù crocifisso e abbandonato, il “segreto” dell’unità. L’amore a lui ci fa entrare nelle piaghe della società: lo troviamo nel carcerato immigrato, nei giovani che tutta la notte a centinaia stanno in piazza e di fronte ai quali ci sentiamo impotenti nell’intervenire e nel dare loro il senso della vita, come pure nella disperazione di tante famiglie in difficoltà. Vediamo il suo volto e lo amiamo, consolandolo in queste persone senza lavoro, con tanti bambini o in carcere.

 

Siamo accanto a loro, condividendo come possiamo i nostri beni con loro e offrendo il nostro dolore, perché arrivi loro la luce. In lui abbandonato-risorto siamo certe che l’ultima parola sarà la Vita e si è illuminata un’esperienza mistica del nostro beato che dice “questa notte è uno splendido giorno”.

 

I frutti della comunione

 

L’amore scambievole ci porta ad avere uno sguardo nuovo su ciascuna e sulla realtà della città in cui viviamo, ci rende attente ai bisogni di tutti, ma soprattutto degli ultimi. Questo sguardo ha coinvolto altri a lavorare insieme, come poi si è realizzato nel progetto del Centro Aquilone.

 

Molte famiglie e giovani volontari hanno voluto condividere il nostro impegno per i ragazzi che vivono sulla strada e frequentano il Centro. Mentre eravamo tra la gente, sentivamo che Gesù camminava con noi e ci siamo accorte che molti cuori di giovani e adulti, anche lontani o nella fatica della vita, erano toccati da lui. I loro volti si distendevano e cominciavano a raccontare la loro vita e le loro difficoltà di lavoro o familiari.

 

Dice Anna, la nostra sorella più giovane: “Sono stata conquistata dall’amore reciproco così concreto che ho visto scorrere tra le mie consorelle. Tanti gesti semplici: ho visto una passeggiare con l’altra che aveva bisogno di camminare; oppure stirare una camicia a chi aveva avuto un imprevisto ed era uscita per un incontro. Anch’io ho incominciato ad amare e ho sentito che vivendo così la mia anima e il mio cuore si aprivano su dimensioni sempre più grandi”.

 

Ogni giorno nell’Eucarestia rinnoviamo il nostro amore reciproco e lo alimentiamo con la condivisione della Parola vissuta. Ogni mese infatti leggiamo la Parola di vita, una frase del Vangelo commentata da Chiara Lubich, che poi cerchiamo di vivere durante la giornata e in un giorno stabilito ci raccontiamo le esperienze vissute.

 

In questo modo mettiamo in pratica il “di più” della spiritualità di comunione, la novità di comunicarci la vita, camminando insieme nel nostro santo viaggio. Molte volte viviamo questa condivisione con la comunità locale del Movimento dei Focolari: nel dono reciproco della Parola vissuta ci sentiamo fortemente arricchite e spinte a viverla ancora più intensamente.

 

Un altro strumento della spiritualità di comunione che mettiamo in pratica è la comunione d’anima. Di tanto in tanto, soprattutto nei momenti di preghiera o nelle giornate di ritiro, ci prendiamo tutto il tempo necessario per raccontarci il lavoro di Dio in noi, le nostre eventuali preoccupazioni o fatiche.

 

Comunione tra religiose

 

Questa vita di unità ha fatto nascere e ha potenziato in noi il desiderio di costruire relazioni fraterne con gli altri Istituti religiosi della zona, per essere insieme con loro un segno di comunione. Abbiamo aperto la nostra casa per incontri e per giornate di distensione; abbiamo iniziato una collaborazione con le religiose di Don Orione e uno scambio di competenze e di spazi con le Figlie di Maria Ausiliatrice.

 

Nella scorsa estate abbiamo saputo che le religiose di un Istituto, vicino a noi, avevano bisogno di una palestra per le attività ricreative con i ragazzi. Di solito, eravamo noi che domandavamo la palestra alla dirigente scolastica che, conoscendo il nostro impegno nel quartiere, era sempre pronta ad autorizzarci nell’uso della struttura. Parlando tra di noi, però, abbiamo sentito l’esigenza di quelle religiose come la nostra. Così siamo andate dalla dirigente scolastica e abbiamo chiesto la palestra per loro.

 

La dirigente scolastica, colpita dal nostro gesto, ci ha subito aperto le porte, dicendoci che si fidava di noi e su questa fiducia accettava che la palestra fosse utilizzata per altri ragazzi. Eravamo felici di aver dato a Gesù in quei ragazzi uno spazio per il gioco. Con questi Istituti ci sentiamo veramente sorelle e crediamo che i nostri fondatori in cielo vivono la stessa amicizia che sperimentiamo noi sulla terra.

 

 

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