Viaggio in Timor Est

Diario di un ritorno nel Sud Est asiatico. Pietro Raimondi, milanese, sacerdote e insegnante presso i centri professionali delle suore salesiane, ogni settimana ci invierà una foto simbolo, con un suo racconto. Iniziamo oggi il nostro viaggio!  

Tutto è pronto per partire: la borsa da imbarcare, lo zaino con le macchine fotografiche, gli anfibi da foresta tropicale. Ogni anno si è più esperti, ma ogni anno più emozionati.

«Perché torni da noi?». Colpisce questa domanda, perché a porla sono “loro”, quelli da cui vado.  Sono i miei ritorni, infatti, a destare curiosità. Come dire: che abbiamo mai di bello da offrire noi quaggiù, su quest’isoletta dimenticata, a uno come te che viene dal mondo bianco, dal mondo bello, dal mondo in cui si sta bene?

E tu come glielo spieghi il vuoto che abbiamo dentro, noi che abbiamo una casa piena di cose e vuota d’amici, noi che chiamiamo “fame” ciò che è solo un po’ di appetito, noi che abbiamo problemi di vestiario, ma solo perché non ci sta più nell’armadio? Io non vado ad aiutare, a scavare pozzi, a costruire scuole, a insegnare nulla a nessuno. Non vado a costruire chiese o a organizzare oratori feriali dove le ferie semplicemente non ci sono…

Vado a imparare, a cambiare idea, a osservare la gente e la vita. Vado a convertire la mia mentalità, a innamorarmi dell’umanità. Ho scoperto d’essere un pesce tropicale nato in un magnifico acquario, di quelli dei salotti delle case bene. Un acquario molto grande, tenuto benissimo, con pesci belli e meno, con amici cari e nemici aggressivi, ma pur sempre un acquario.

Quando ho fatto un guizzo fuori e mi sono trovato in acque libere, ho scoperto l’illusione. Mi sono visto da lontano. Ho visto il vetro della vasca, il termostato perfetto, il cibo calibrato, lo stress delle correnti artificiali. Quando rientro in quella vasca, non riesco a non pensare alla vita, quella vera, quella in mare aperto e selvaggio.

La vita dove le spiagge sono incantevoli ma senza bagnini ed ombrelloni, frequentate più da coccodrilli che da umani. La vita dove le capanne di bamboo e le case sugli alberi non sono al parco avventura ma sono case di uomini. La vita dove il tempo scorre diverso e i compleanni si festeggiano con una forza pari al dolore della morte dei tuoi coetanei, quelli che non ce l’hanno fatta a spegnare 18 candeline. La vita, insomma, che vivono un po’ tutti. A parte noi, i pesci dietro i vetri dell’acquario.

(Altre informazioni sul blog La locanda della parola)

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