Una nazione religiosa

Articolo

Alcuni anni fa, Antonio Maria Baggio mi accolse molto cordialmente ad una conferenza svoltasi all’Università Gregoriana e successivamente guidò un piccolo gruppo ad un convivio. Tuttavia, è del tutto normale che due amici si trovino in totale disaccordo su argomenti come la phronesis e la prudenza, che considerano se le dieci condizioni per una guerra giusta (ad bellum e in bello) siano state raggiunte. Quindi non mi disturba il fatto che Antonio sia in disaccordo con me riguardo al fatto che sia giusta la guerra in Iraq. Infatti, la conferenza episcopale americana ha saggiamente indicato, riguardo ai giudizi etici concernenti l’Iraq, che i cattolici di buona volontà potrebbero in buona fede trovarsi in disaccordo. Dopo tutto, queste sono questioni di prudenza e non di dogmatismo. Tutti concordiamo su quali siano le condizioni che devono essere raggiunte, è il modo di giudicare i fatti che ci divide. Tuttavia, ciò che mi ha disturbato nell’articolo del professor Baggio sono state le sue gravi dichiarazioni errate riguardanti il punto di vista di vari americani. Sono certo che ciò non è stato intenzionale, dato che posso attestare la magnanimità del professor Baggio. Il professor Baggio si è sbagliato nel riportare sia la natura della religione civile americana, sia la visione del professore Robert Bellah, un mio professore a Harvard 40 anni fa. È vero che tutti i presidenti americani invocano Dio in pubblico. Come potrebbero fare altrimenti? Il presidente americano ha una carica che assomiglia più a quella di un re che a quella di un primo ministro. Nella sua persona, è rappresentata la storia del nostro popolo. Chi nella nostra storia può paragonarsi a Washington, Adams, Jefferson, Madison, Lincoln, Teddy Roosevelt, Woodrow Wilson, Franklin Delano Roosevelt, Harry Truman? I nostri presidenti appaiono molto più di qualsiasi altra personalità nella nostra letteratura. Come ha indicato Alexis de Tocqueville nel 1836, la caratteristica che maggiormente distingue gli americani dagli europei è che qui la religione e la libertà vanno a braccetto invece di essere in guerra tra loro, diversamente dall’Europa del XIX secolo. Il popolo americano è quello più religioso tra i paesi avanzati. Per quanto riguarda la serietà religiosa, siamo molto più simili al Terzo mondo. Ogni domenica, circa il 40 per cento degli americani va in chiesa. I nostri presidenti devono rispecchiare la religiosità del nostro popolo. Semplicemente il professor Baggio non capisce che una nazione che è per principio aperta a tutto ciò che è Trascendente, ma al cui Congresso viene proibito dalla Costituzione di creare leggi che rispettino la religione (dato che la religione va del tutto oltre la sua portata), non possa impegnarsi legalmente al credo cristiano. Tuttavia, questo astenersi onestamente dall’oppressione della coscienza non deve essere interpretata, come fantastica il professor Baggio, né come il credo di una “religione faraonica” pagana, né come una “religione imperiale ” o “Dio degli eserciti”. Gli Stati Uniti in ogni loro comportamento sono sottomessi a Dio, al suo giudizio, soggetti al suo esame minuzioso. I suoi leader sono soggetti alla volontà di Dio, non possono mai identificarsi con lui, come ha dichiarato una volta il presidente Lincoln parlando delle due fazioni della guerra civile americana dal 1861 al 1865. Bush, come repubblicano, è un discendente in linea diretta di Abraham Lincoln, il primo presidente repubblicano. Il professor Baggio travisa gravemente il mio punto di vista riguardo alla guerra in Iraq esposto nel mio discorso dell’8 febbraio, alla Congregazione della Giustizia e della Pace in Vaticano. Il professor Baggio dichiara che io difendevo un concetto di “guerra preventiva” come facevano molti dell’amministrazione Bush. Tuttavia, la mia prima frase detta durante il discorso in Vaticano dichiara il contrario. Dal mio punto di vista la “guerra preventiva” è un concetto militare, non etico. In ogni caso noi americani non stavamo mettendo in atto una guerra preventiva nell’invadere l’Iraq; al contrario, cercavamo di mettere fine alla guerra inconclusa del 1991 i cui termini di pace sono stati scandalosamente violati per dodici anni da Saddam Hussein. Dopo l’11 settembre del 2001, queste relazioni non potevano più essere moralmente tollerate, perché quel giorno una seconda guerra ci è stata dichiarata da un grande esercito privato di terroristi, che era attivo in più di novanta paesi. Come si è venuti a conoscenza recentemente a Baghdad, Saddam Hussein stava cercando di reclutare sicuramente fin dal 1998 il gruppo terroristico Al Quaeda per i propri fini. Il professor Baggio dovrebbe sapere che gli Stati Uniti non sono e non intendono diventare un impero. Durante la seconda guerra mondiale migliaia di giovani americani sono caduti o sono rimasti feriti per la liberazione dell’Italia; alla fine della guerra non abbiamo rivendicato il nostro impero sull’Italia, abbiamo soltanto chiesto un pezzo di terra dove poter seppellire i nostri morti. Tutta l’Europa è a conoscenza di questo evento storico. Gli Stati Uniti hanno guadagnato potere e ricchezze ineguagliabili, è vero, ma questo non è un impero. La nostra preminenza è in egual modo dovuta alle carenze di idee riguardanti le politiche economiche nutrite da altre grandi nazioni. Dio ci giudicherà severamente a seconda di come utilizzeremo il nostro potere e le nostre ricchezze al servizio degli altri. Infine, come ha enfatizzato l’ambasciatore James Nicholson nel presentarmi a Roma, io scrivo e parlo soltanto per me stesso, non a nome della Chiesa cattolica né del governo americano. Come figlio di Dio battezzato, parlare secondo la mia coscienza è un mio dovere inalienabile e nessuno può farlo per me; non posso restare in silenzio come un bambino, ma devo parlare in pubblico come un uomo, e come uomo, di conseguenza devo affrontare ogni critica che mi venga fatta. Questo papa ha insegnato a noi laici, soprattutto, ad essere attivi, far sentire la nostra voce, fare il nostro dovere, scendere nelle piazze, annunciare il Vangelo così com’ è. Dal mio canto, non ho esitato a dichiararmi pubblicamente contro la guerra quando il mio governo era da rimproverare per la situazione in Vietnam. In questo caso, sono orgoglioso che il presidente Bush abbia avuto la capacità di capire ciò che era giusto fare e che l’abbia fatto nel modo giusto. Avendo il coraggio di tener duro contro le critiche da parte di alcuni leader europei, che avrebbero dovuto avere maggiore buonsenso. Facendo ciò che ha fatto, ha messo a repentaglio la sua presidenza; così come Tony Blair. Anche il primo ministro italiano Berlusconi e molti altri hanno agito coraggiosamente. Insieme, hanno scritto un brillante capitolo degli annali etici dell’umanità.

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