Una giornata da dimenticare

Era una splendida domenica di giugno, giorno scelto per quella gita attesa da giorni; non stavo più nella pelle al solo pensiero di quanto avrei gridato, giocato, corso e fatto il matto! Nello zaino, frisbee, pallone, racchettoni, fucile ad acqua, motoscafo con telecomando; ed ero anche riuscito a convincere papà a caricare in macchina la bicicletta. Dovevamo partire per un pic-nic da favola, tutti insieme, i miei genitori, i miei zii, i miei quattro cugini, due miei amici, e altri figli di amici del papà; saremmo stati circa dieci adulti e dieci bambini e noi avevamo tutti dagli 8 ai 10 anni: Che bello! Saremmo andati nello stesso posto dell’anno scorso. Io lo dicevo sempre a papà: “Dovremmo farle più spesso queste gite! “, ma lui mi rispondeva sempre che era difficile mettere d’accordo tante persone, e poi c’era il lavoro… uffa, che noia! Sempre questo lavoro e lavoro e lavoro! Comunque non importa, ora la gita era stata organizzata, e niente e nessuno avrebbe Illustrazione di Eleonora Moretti potuto rovinarmela… a parte forse mia cugina Claudia che pretendeva di giocare con noi, tutti molto più grandi di lei (aveva solo 6 anni!). Ore 6.30 del mattino: si parte! L’aria era frizzante e io non avevo neanche un po’ di sonno, tanto ero elettrizzato. Ma la mattinata non era cominciata proprio come speravo: i miei cugini avevano litigato, così, per dividerli, Claudia era salita nella nostra macchina… Dopo due minuti aveva cominciato con i piagnistei! Prima doveva andare in bagno, poi voleva la Coca Cola che si trovava nella borsa frigo in fondo al bagagliaio, poi voleva la Barbie che aveva dimenticato a casa, poi ci siamo dovuti fermare di nuovo per cercarle un giocattolo lasciato nell’altra auto… C’era poi un altro ostacolo da superare: papà non aveva previsto tutto quel traffico: saremmo dovuti arrivare a destinazione verso le 8.30, e invece erano le 10.30 passate quando finalmente raggiungemmo la nostra desti- nazione. Ora sì che cominciava il divertimento! Non avevo mai visto un posto più meraviglioso di quello. Era un grande prato verde al quale si arrivava lungo una stradina di campagna, attraverso un campo di pannocchie. Tutt’intorno una distesa gialla di girasoli, macchiati qua e là dal rosso vivo dei papaveri selvatici. Si attraversava poi questo campo di fiori che erano più alti di noi (e perfetti per giocare a nascondino e a guardie e ladri) per circa 300 metri e si arrivava ad un piccolo ruscello. In genere gli adulti venivano lì dopo pranzo a controllarci con discrezione; c’era un punto in cui questo ruscello formava una pozza d’acqua poco profonda ma limpidissima, circondata da massi molto lisci e grandi, dove i genitori prendevano il sole e noi ci tuffavamo per schizzarli con l’acqua; in questo modo alcuni di loro facevano finta di arrabbiarsi e ci inseguivano per spruzzarci, mentre altri si arrabbiavano sul serio. Eravamo appena arrivati nel nostro piccolo paradiso terrestre e si stavano scaricando tavolini, sedie e barbecue dalle macchine quando un urlo di dolore echeggiò tra di noi: un amico di papà si era ferito un dito tagliando il salame e, poiché la moglie era molto sensibile alla vista del sangue, la mia mamma e il mio papà hanno dovuto portare i due malconci campeggiatori al più vicino ospedale della zona. Verso le 14.00, quando tutti gli adulti si erano ormai appisolati dopo un lauto pasto, stavamo cominciando, pian pianino, ad allontanarci sempre più.Volevamo seguire il corso del torrente per vedere dove nasceva; il problema era che in certi punti il torrente si divideva in altri ruscelli e si sa, quando si ride e si scherza, non si guarda bene dove si sta andando! Però questo non ci preoccupò che verso sera. Dopo circa un’oretta di cammino e arrampicate, con braccia e gambe graffiati dagli arbusti, eravamo ormai distrutti, sporchi e vo- levamo tornare indietro. Forse avremmo anche fatto in tempo a ritornare senza farci scoprire dai genitori, se ad un certo punto non ci fossimo imbattuti in una pozza d’acqua ancora più bella di quella a valle! Tutt’intorno c’erano siepi piene di more ben mature, dolcissime, e non potevamo proprio resistere. Dopo l’abbuffata però, eravamo ancora più sporchi di prima, inzaccherati del succo nero delle more. Cosa fare? Ovvio, un bel bagno rinfrescante! Purtroppo non ci eravamo resi conto dello scorrere del tempo.Verso le 17.00 avevamo deciso di tornare, già pronti ad una bella lavata di capo; ma la strada ora ci sembrava del tutto diversa dall’andata. Stavamo cominciando a preoccuparci seriamente, e poi eravamo stanchi, molto stanchi. La pelle mi bruciava per il troppo sole, come pure gli occhi, come se fossero stati pieni di sabbia; la testa mi girava e non volevo più proseguire. Gli altri bambini non stavano meglio di me: qualcuno aveva cominciato a vomitare e avevano deciso di buttarsi all’ombra di un albero ad aspettare che qualcuno li venisse a cercare. Ormai non ci importava più della punizione inevitabile, volevamo soltanto la mamma, fare un lungo sonno ristoratore e poi accorgerci che era stato tutto un bel sogno, a parte il finale! E invece non era ancora finita: all’improvviso la luce abbagliante di un lampo, dopo il quale cominciò a piovere a dirotto. Fradici, infreddoliti e con una folle paura di non rivedere mai più le nostre famiglie, uno dopo l’altro ci stringemmo tutti per piangere. Fortunatamente la nostra disperazione durò poco, perché, nonostante il rumore della pioggia, sentimmo chiamare i nostri nomi. Poi, un urlo di gioia! I nostri genitori ci stavano correndo incontro: non sapevamo bene quale sarebbe stata la loro reazione… probabilmente ci avrebbero abbracciati e baciati, ma poi, ne eravamo certi, una bella punizione non ce l’avrebbe tolta nessuno! E neanche una lunga ramanzina sulla fiducia persa nei nostri confronti, su come sarebbe stato difficile per noi recuperarla, che volevamo fare i grandi e invece siamo solo dei bambini, e via discorrendo! Tutte le mie previsioni erano state giuste, purtroppo. Dopo i baci e gli abbracci vennero i rimproveri. Ma in fondo ce lo meritavamo, cosa dovevamo fare? La giornata era partita già male e si era conclusa ancora peggio. Vabbè, per questa volta la banda degli scatenati non aveva fatto una gran bella figura, ma ero sicuro che, passato un po’ di tempo, ci saremmo ritrovati nuovamente. Questa volta, però, con un po’ più di fortuna e soprattutto di sale in zucca!

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