Una favola vera

Voglio raccontarvi come può nascere una favola. Per questo vi presenterò una favola vera. È lunedì sera: ho indossato una camicia da notte rosa, fresca di bucato; mi infilo svelta sotto le lenzuola pulite che profumano di ammorbidente alla vaniglia, il mio preferito. Non guardo neppure il libro che è sul comodino, perché ho tanto sonno. Spengo la luce e chiudo gli occhi: ah, che sensazione di benessere! Improvvisamente, una vocina rompe l’incanto: – Psssss… Lauretta…. Pensate che mi sia spaventata? No, ormai la riconosco: è lei, una Favolina! – Lauretta, mi hai sentita? Potrei far finta di non avere sentito, ma non ci riesco e rispondo: – Sì, ti ho sentita, ma ho proprio sonno, scusami. Non potresti tornare domani? – Va bene, tornerò domani. Però, mi sembrava di avere avuto una bella idea… – Grazie, Favolina, me la dirai domani, buonanotte! – ‘Notte – dice la Favolina, un po’ imbronciata. Passano alcuni istanti. Poi sono io a parlare: – Favolina, scusami, che idea era? – Allora ti interessa! – esclama lei, soddisfatta. – Sai com’è… quando uno ti mette una pulce in un orecchio… La Favolina incomincia: – Oggi, in merceria, hai fatto caso a quello che chiedeva quell’anziana signora vestita di rosso? – Sì, ho sentito che chiedeva cento nastri di velluto lunghi un metro. Per fortuna è arrivata mentre io stavo andandomene via, altrimenti sai quanto mi toccava aspettare! – Secondo te, cosa se ne farà di tutti quei nastri? – Non lo so, Favolina, dimmelo tu, io ho sonno, non farmi pensare troppo. – E invece, pensaci. (Le Favoline a volte sono un po’ dispettose: non potrebbero dirtelo subito? E invece pensaci, mi ha risposto questa qua!). Va bene, ci penso e rispondo: – Secondo me è una vecchietta un po’ maniaca: fa la raccolta di nastri di velluto e magari anche di bottoni, di carte di caramella e di calze scompagnate. Questa mi sembra un’idea buffa, ma la Favolina mi dice: – Che idea scema! – Ehi, vediamo di non offendere… – Dai, pensaci ancora! – insiste lei, con un tono più gentile. Questa volta accendo la luce, per essere ben sveglia. La Favolina è lì, seduta a gambe incrociate sul mio cuscino. Anch’io mi siedo sul letto a gambe incrociate, ci penso un po’ su e dico: – Ci sono! Come ho fatto a non capirlo prima? Quella vecchina sicuramente vive da sola e ama moltissimo i gatti. Allora, ecco che cosa se ne fa di tutti quei nastri: a Natale andrà in giro a legarli attorno al collo di tutti i gatti randagi della città! – concludo, trionfante. – Lauretta, sei deprimente, sei proprio deprimente. Adesso mi arrabbio sul serio. – Senti, Favolina (e mi verrebbe voglia di tirarla per i capelli): sono venuta a letto perché avevo tanto sonno, non ho neanche preso in mano il libro. E tu, cosa fai? Non mi lasci dormire, mi obblighi a spremermi le meningi e alla fine mi dici che le mie idee sono sceme e deprimenti. Grazie tante! Ho parlato tutto d’un fiato, sento le guance che mi scottano per la rabbia, devo avere la faccia rossa come un pomodoro. Guardo la Favolina: anche lei è rossa in volto, mi fissa negli occhi e mi dice: – Ma Lauretta, non hai pensato che quella vecchina non se ne fa niente dei nastri di velluto, niente, proprio niente? Ne ha la casa piena, pieni gli armadi, pieni i cassetti e persino il portaombrelli e non le servono a niente… – continua a dire la Favolina, tutta concitata. La metto sul palmo della mia mano, la accarezzo un po’ per calmarla, poi le dico: – Favolina, spiegami meglio, io continuo a non capire… La Favolina mi spiega: – Quella signora, che potremmo chiamare Vittoria, da giovane, si era sposata con un uomo ricchissimo. Ora è rimasta sola, con tanti e tanti soldi. La proprietaria della merceria (ti piace se la chiamiamo Mina?) è una sua coetanea, erano compagne di scuola, capisci? Il negozio però non le frutta molto; adesso vorrebbe rinnovarlo un po’: mettere degli scaffali nuovi, un bel banco lucente, far ridipingere l’insegna, ma non ha i soldi. La signora Vittoria ha saputo tutto questo, allora si reca ogni giorno nella merceria (Mina non la riconosce perché sono così cambiate!) e compera cento nastri di velluto. Compera i nastri, capisci, non le dà semplicemente i soldi, per non umiliarla. Adesso la Favolina tace. Anch’io sto in silenzio e penso a quell’anziana e buona signora che non sa più dove mettere i nastri di velluto, poi penso alla proprietaria della merceria che magari, a quest’ora, sta contando i soldi nel suo cassetto e si accorge che ce ne sono abbastanza per poter rinnovare il negozio, allora dico: – Grazie, Favolina! – e mi commuovo perché, ancora una volta, la prima a imparare qualcosa dalle favole sono io. Ma ci sono Favoline un po’ permalose. Questa lo è. E mi risponde: – Ah, dopo tutto quello che mi hai detto, dopo che quasi mi tiravi per i capelli, adesso mi dici grazie? – Sì grazie, Favolina, ti voglio bene. Ma la piccola Favola si è già addormentata sull’angolo del mio cuscino. Io no. Mi alzo, vado in cucina, mi preparo una buona tazza di tè bollente, poi cerco un foglio bianco e incomincio a scrivere: C’era una volta una signora che ogni giorno entrava in una merceria e comperava cento nastri di velluto lunghi un metro….

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