Un raggio di luce sulla faida irlandese

Ogni tanto, su uno scenario internazionale segnato da conflitti, crisi e situazioni spesso tragiche, appare un raggio di luce. Che, purtroppo, passa quasi inosservato. È questo il caso dell’accordo sull’Irlanda del Nord raggiunto lo scorso 26 marzo tra Gerry Adams, leader storico del partito cattolico minoritario (Sinn Fein), repubblicano ed indipendentista, e Ian Paisley, pastore e leader non meno storico della maggioranza protestante favorevole all’unione con la Gran Bretagna. Dopo decenni di attentati terroristici, scontri sanguinosi e ritorsioni, le due comunità dell’Irlanda del Nord sembrano finalmente aver imboccato la strada della riconciliazione. La formula politica di condivisione dei poteri darà vita il prossimo 8 maggio ad un’Amministrazione congiunta, nella quale il pastore Ian Paisley assumerà le funzioni di primo ministro, mentre Martin McGuinness, già dirigente di spicco del gruppo terroristico Ira, espressione violenta dei repubblicani cattolici, diverrà il suo vice. Una storia di successo, dunque, del metodo del dialogo diretto tra opposte fazioni. Paisley e Adams si sono incontrati faccia a faccia dopo quarant’anni di lotte e di anatemi. Entrambi hanno invocato le ragioni del bene comune e di un futuro più sereno per il popolo nord-irlandese. Entrambi hanno invocato Dio, ponendo termine a quella che molti hanno considerato l’ultima guerra di religione in Europa. La realtà, come sempre, è più complessa, e i temi dell’identità culturale e religiosa, in questo come in altri casi, sono stati a lungo strumentalizzati per mascherare le pretese egemoniche ed egoistiche dell’una o dell’altra parte. Certo è che d’ora in poi in Irlanda del Nord nulla sarà più lo stesso. Il merito va attribuito a due leader che hanno finalmente saputo guardare più lontano delle loro granitiche posizioni e, in parte, a un Tony Blair che corona un decennio di sforzi per favorire una soluzione concordata tra le parti. La mano dura della Signora Tatcher non aveva prodotto che una nuova spirale di violenza. L’insegnamento, in questo caso, e per molti altri, è duplice: non vi è una soluzione militare ai conflitti politici; al fondo, tutti i conflitti, nonostante i pretesti di volta in volta addotti (non ultimo, lo scontro di civiltà), sono politici. L’interesse della via nord-irlandese è inoltre accresciuto dal fatto che, sperabilmente, ha posto fine al terrorismo. Accanto alla fermezza e alla condanna senza appello di ogni forma di violenza, questo esito felice prova che il dialogo può essere più efficace delle bombe degli uni e degli eserciti degli altri.

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