Un marchio ebbasta

Il nuovo disco e il documentario di Sfera Ebbasta dal titolo "Famoso" raccontano ancora il personaggio, ma poco l'identità dell'artista. Ottima l'operazione commerciale, molto meno il messaggio che c'è dietro

Bisogna ammetterlo: i discografici italiani sono dei furboni. Dovremmo essere contenti del successo mondiale di nostri connazionali, non dovremmo star qui a fare le pulci al lavoro degli altri se già il pubblico ne ha decretato il solenne successo.

Però, quando si hanno di fronte operazioni commerciali di questo calibro, la curiosità è molta.

In questi giorni, Sfera Ebbasta è tornato a far parlare di sé e no, non mi sto riferendo alla vicenda della piazza dedicata a lui (si chiama marketing). Sono usciti infatti, quasi in contemporanea, il nuovo disco e un documentario sulla vita dell’artista lombardo. Un momento sicuramente d’oro per i fan ma anche un’ottima occasione per chi di Sfera ha sentito solo parlare e vuole approfondire guardandosi il dvd di “Famoso”.

Sì, si chiama “Famoso”, così come l’album. Un concetto su cui i pubblicitari hanno voluto puntare parecchio a questo giro. Non che ce ne fosse bisogno eh, abbiamo già avuto prova del grado di onnipotenza artistica raggiunto dal trapper. Ecco, forse proprio per questo motivo, non aspettatevi nulla.

Il disco si pregia della presenza di illustri ospiti quali Diplo, Steve Aoki, Future, J Balvin, Guè Pequeno, Marracash, Lil Mosey, Offset e le produzioni di Charlie Charles, Junior K, Drillionaire e London on a Track. Un elenco di nomi da far subito pensare a festini, champagne e limousine ma lo ammetto, forse sono io che parto prevenuto. E invece scopro che il singolo che anticipava il disco si intitola Bottiglie Privè. “Vabbè” penso “Sarà una metafora. Il testo parlerà di temi importanti”. E invece no. L’intero album è permeato dei soliti concetti già espressi nel precedente “Rockstar” del 2018 senza aggiungere nulla alla narrativa che lo ha contraddistinto negli ultimi anni. Ad essere sinceri, da collaboratori di quel calibro ci saremmo aspettati anche un lavoro diverso per quanto riguarda le basi. Hollywood, tanto per fare un esempio eclatante, è frutto della collaborazione con Diplo ed è lontana anni luce dai soliti canoni del producer che ci ha abituati a ben altro spessore.

Per il resto, il disco scivola via oscillando vertiginosamente fra trap e reggaeton e l’artista si racconta alla sua solita maniera: le “tipe”, gli stupefacenti e la ricchezza smodata, una storia già sentita che spero di non ritrovare anche nel documentario. Purtroppo però, l’operazione commerciale dietro Sfera Ebbasta non conosce limiti e le due ore di documentario ci raccontano, nella maggior parte dei casi, quello che già sapevamo. Ci sono immagini esclusive, molte interviste, si racconta di Cinisello Balsamo, dello Sfera adolescente, della sua crew. Si parla di tutto e spesso di niente (le abitudini alimentari del trapper), ma il messaggio deve essere evidente e quell’aggettivo fastidioso comincia a suonare ridondante: famoso. Un’occasione persa per parlare del ragazzo che c’è dietro l’operazione Sfera Ebbasta, ormai più un marchio che un’identità. Sicuramente un’occasione persa anche per parlare da un punto di vista più personale della vicenda di Corinaldo, una storia che vide coinvolto l’artista e della quale lo stesso si era occupato, a detta sua, in “forma privata”.

Insomma, sappiamo cosa fa Sfera Ebbasta, ma poco chi sia. Potremmo definirlo un’artista di tendenza che fa generi di tendenza con collaboratori di tendenza, tutto quadrerebbe. E infatti, mentre noi stiamo a qui a parlarne, il giovane trapper sta volando nelle classifiche degli ascolti. E parliamo di ascolti mondiali, non nazionali.

E sia chiaro, nonostante si possa discutere all’infinito sulle ragioni che lo hanno portato alla ribalta, non possiamo che esserne contenti. Sperando comunque che un giorno arrivi ad essere meno “famoso” e magari un po’ più “adulto”.

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