Un luogo per ridiventare umani

È il Parco della biodiversità mediterranea, fiore all’occhiello di Catanzaro e complesso multitematico d’eccellenza nel Sud Italia.

C’è un abisso tra la Catanzaro moderna e il Parco della Biodiversità Mediterranea che s’incunea al suo interno. E non solo perché a separarli è il vallone della Fiumarella, ma perché gli anonimi palazzoni sospesi sul ciglio del colle su cui si estende l’abitato attuale sono eclissati da questa oasi di bellezza: vero polmone di una città che, povera di verde, avendo rotto l’antica alleanza con la natura a favore di una incontrollata espansione edilizia, può contare – per quanto attiene alla pulizia dell’aria – più che altro sui forti venti provenienti dallo Ionio e dalla Sila.

E pensare che questo fiore all’occhiello del capoluogo calabro (una eccellenza del nostro Sud per rispetto dell’ambiente, arredo, servizi e varietà di attrattive) riutilizza una vasta area pertinente all’Istituto tecnico di agraria, lasciata all’incuria per decenni e diventata una discarica abusiva: recupero esemplare di spazi abbandonati e degradati!

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Inaugurato nel 2004, il Parco si estende per 610 mila metri quadrati ed è composto da due aree ben distinte: il giardino botanico e la Valle dei Mulini. La sua prima caratteristica è rappresentata, grazie alla posizione in parte collinare e in parte distesa ai piedi della città, dai sempre nuovi e imprevedibili punti di visuale. Il visitatore va così di scoperta in scoperta, e davvero incontentabile sarebbe chi in tanta varietà di offerta non individuasse l’area adatta ai propri interessi o il suo cantuccio preferito.

Gli appassionati della natura possono apprezzare nel giardino botanico il giusto equilibrio tra le verdeggianti distese prative e le macchie costituite dalle essenze arboree, in parte impiantate ex novo e comunque in modo da non impedire le molteplici viste panoramiche. La Valle dei Mulini consente invece un’immersione nella selva mediterranea già nota ai primi abitanti del Paleolitico e composta da sughere, lecci, roverelle, ontani, ornielli, lentischi, allori, corbezzoli, viburni, citisi, cisti, eriche e filliree: specie autoctone con esemplari anche secolari, cui si aggiungono quelle introdotte rappresentate da pini, eucalipti, fichi d’india, robinie, cedri, ailanti… Quanto alla fauna, questa seconda area di 48 ettari offre rifugio a uccelli stanziali e migratori, a cinghiali e a famiglie di cervi e daini.

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Non solo natura però: alle sculture naturali rappresentate dagli alberi ad alto fusto si affiancano quelle create dall’uomo. Il Parco, infatti, è anche una grande galleria a cielo aperto disseminata di significative opere di artisti contemporanei, italiani e stranieri; opere che dialogano con l’ambiente circostante con risultati di forte suggestione. Nessuno, ad esempio, negherà l’eleganza delle “cipolle” di Dennis Oppenheim, strutture in acciaio ispirate alle architetture islamiche, o la poesia dell’Uomo che misura le nuvole di Jan Fabre in cima ad un alto pilastro. Altre invece, altamente simboliche ed enigmatiche come gli idoli di Mimmo Paladino, sono una sfida alla comprensione del visitatore che vuol fare a meno di leggere la tabella esplicativa.

Anch’esso immerso nel verde, un teatro all’aperto di settecento posti è destinato ad ospitare spettacoli e iniziative culturali, traboccante di spettatori specie in occasione della rassegna “Settembre al Parco”.

Altre attrattive di questo complesso multitematico in continua evoluzione sono: nel giardino botanico, il laghetto dei cigni e quello delle piante acquatiche, il Centro di recupero animali selvatici e il Museo storico militare con cimeli, armi e divise relativi a un periodo che va dall’Ottocento alla Seconda guerra mondiale; mentre in fondo alla Valle dei Mulini sono dislocati una miniera dismessa di barite e il Centro Ippico.

Qui nei giorni feriali di bel tempo, con un incremento nei festivi, si concentrano persone d’ogni età e anche intere famiglie: c’è chi passeggia, conversa, legge su una panchina, fa una sosta nel chiosco-bar, e chi preferisce invece dedicarsi agli esercizi fisici nelle aree attrezzate o lungo i percorsi jogging e ciclabili. Qua un gruppo canoro di ragazzi fa cerchio sul prato accompagnandosi alla chitarra, là bambini finalmente dimentichi dei telefonini si divertono rotolandosi sui declivi con gridolini di finta paura. Tutti, in definitiva, intenti a ritrovare tempi e spazi di umanità, immersi nella bellezza.

 

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