Per un governo delle relazioni comuni

Pubblichiamo una lettera di un nostro lettore. Un invito a fare molta attenzione a non banalizzare o rendere di parte parole che ad oggi ci donano un senso di speranza.

In questi giorni ho letto in varie interviste, in comunicazioni più o meno ufficiali, la volontà di far nascere un “governo” del bene comune. Questa visione svuotata del concetto di bene comune mi spaventa, negli anni abbiamo visto svuotarci concetti come forza Italia che da esortazione ai cittadini italiani si è modificata in esortazione ad un partito politico, facendo così perdere il bene intrinseco dell’esortazione, così come movimento del cambiamento ha relegato il concetto di cambiamento, in genere inteso come volontà di uscire da una crisi, o solamente come voglia di rimettersi in gioco, in una idea politica, svuotando anche questa parola della bellezza del suo significato originale. Ma da buon siciliano ricordo parole come famiglia, onore, cosa nostra che attraverso un percorso di svuotamento del vero significato si trasformano in altro, ed in questi casi in realtà acquistano nuovi significati con valenza negativa.

Non voglio in alcun modo che si possa pensare che paragoni la situazione politica di oggi alle mafie, ma facciamo molta attenzione a non banalizzare o rendere di parte parole che ad oggi ci donano un senso di speranza, che ancora oggi ci fanno sussultare il cuore, riescono a mettere insieme persone diverse….

Il bene comune è molto grande come concetto, ed in realtà forse la politica, intesa come potere, dovrebbe occuparsi più della cosa comune, che del bene comune. Perché la gestione del bene comune è singolarmente comunitaria. L’idea di un governo del bene comune è in antitesi con il concetto di fondo del bene comune, perché intanto delega ad altri la gestione, deresponsabilizzando la comunità alla mera esecuzione di direttive o “guide”. Sarebbe più appropriato che in un governo parlassimo di “cosa” comune o “interesse” comune, lasciando libero il concetto di bene comune. Mi sembra una nuova volontà di mettere una bandierina, qualsiasi simbolo abbia, ad un concetto che è di tutti, rendendolo così svuotato proprio della forza della corresponsabilità della comunità. Ne capisco il senso in questo momento politico-sociale, dell’aver bisogno di mettere insieme persone, consensi, per riuscire a portare avanti un percorso che si è interrotto per egoismo, ma credo anche che proprio per questo motivo, proprio per l’esigenza di verità e trasparenza, proprio perché la voglia è quella di ridare speranza a questo Paese, la politica non debba mai usare, anche se a fin di bene, concetti di appartenenza di tutti come il bene comune. Sono certo che la voglia di risollevare questa politica italiana ha bisogno di uno sforzo alto, direi proprio uno sforzo di bene comune, ed allora, credo, che invece che usare un termine, rischiando di svuotarne il senso, bisogna creare i presupposti affinché ci sia un governo di relazioni comuni… riuscire a fare un salto di qualità dall’idea alla sostanza, perché le cose possono cambiare solo se le relazioni cambiano, ed allora non sarebbe stupendo osservare un governo di relazioni comuni che lavora per il bene comune? Sarei orgoglioso della classe politica di un Paese straordinariamente civile come l’Italia.

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