Un gancio in mezzo al cielo

La storia di Giulia Gabrieli, di cui si è aperta la causa di beatificazione lo scorso 7 aprile, è stata un inno alla vita e interpella tutti personalmente sulla forza d'animo necessaria nell'andare avanti nonostante le prove

È possibile vivere la vita come un dono d’amore e trasmetterne la bellezza, la profondità, l’infinita gioia quando a 12 anni si scopre di avere una grave malattia? La risposta si può trovare nella storia di Giulia Gabrieli, nata a Bergamo nel 1997. Una ragazza solare, che amava i viaggi, lo shopping, la musica e, in modo particolare, il grande successo di Claudio Baglioni Strada facendo. Presto arriva la malattia che la porterà in Cielo all’età di 14 anni, la sera del 19 agosto 2011, mentre alla Gmg di Madrid si concludeva la Via Crucis dei giovani.

Una fede maturata in pochi anni, quella di Giulia, che ha lasciato dietro di sé una lunga scia di bene. Nei due anni in cui è stata male, è riuscita a trasformare la sua esistenza in un inno alla vita. Diceva: «Io ora so che la mia storia può finire solo in due modi: o, grazie a un miracolo, con la completa guarigione, che io chiedo al Signore perché ho tanti progetti da realizzare. E li vorrei realizzare proprio io. Oppure incontro al Signore, che è una bellissima cosa. Sono entrambi due bei finali. L’importante è che, come dice la beata Chiara Luce, sia fatta la volontà di Dio». Nel suo percorso, Giulia si era imbattuta nella storia di Chiara Luce Badano, una giovane come lei, morta nel 1990 all’età di 18 anni e proclamata beata il 25 settembre 2010. Conoscere la sua vita segna per Giulia una tappa importante: «Lei è morta, però ha saputo vivere questa esperienza in modo così luminoso e solare, abbandonandosi alla volontà del Signore. Voglio imparare a seguirla, a fare quello che lei è riuscita a fare nonostante la malattia».

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Giulia aveva il talento della scrittura e per due volte era stata premiata al concorso letterario “I racconti del parco”. Così, aveva deciso di scrivere un libro, Un gancio in mezzo al cielo, con il racconto della malattia affinché la sua testimonianza potesse essere un dono per gli altri, ai quali voleva annunciare che lei, il “gancio in mezzo al cielo”, cioè l’aiuto di Dio, l’aveva trovato. Oggi il libro è stato tradotto in 4 lingue e il ricavato dei diritti d’autore viene destinato in parte all’Airc, Associazione italiana per la ricerca sul cancro, in parte per sostenere progetti di solidarietà a favore di giovani e bambini malati.

Amava anche inventare storie fantastiche, avventurose e, per questo motivo, paragonava la sua malattia a un’avventura. In questa avventura, spiegava, sono importanti i compagni di viaggio: «Il fatto è che la gente ha paura della malattia, della sofferenza. Ci sono molti malati che restano soli, tutti i loro amici spariscono, spaventati. Non bisogna avere paura! Se gli altri ci stanno vicino, ci vengono accanto, ci mettono una mano sulla spalla e ci dicono “Dài che ce la fai!”, è quello che ci dà la forza di andare avanti». Questa forza d’animo non le è mancata. La malattia, diceva, va sdrammatizzata: «Certo, anch’io quando sto male mi chiedo: perché è successo proprio a me? Poi però quando sto meglio dico: “Massì, dài, è passato”».

Aveva un rapporto speciale con i suoi medici, che considerava dei supereroi: «Se ci fate caso, non c’è molta differenza tra un supereroe e un medico. I supereroi salvano tutti i giorni la vita a delle persone, anche sconosciute. E lo stesso si può dire dei medici: solo che anziché usare le tele di ragno come Spiderman o le ali come Batman, usano le medicine. E poi, dal punto di vista umano, sono davvero imbattibili».

Nel percorso di Giulia, a un certo punto, arriva la prova della fede. La sofferenza è grande e, per un po’, si sente abbandonata dal Signore. Dirà, in seguito: «Continuavo a dire ai miei genitori: ma Dio dov’è? Adesso che sto malissimo, ho addosso di tutto, Dio dov’è? Lui che dice che posso pregare, può fare grandi miracoli, può alleviare tutti i dolori perché non me li leva? Dov’è?». La risposta arriva a Padova, dove si era recata per la radioterapia. Mentre si trovava nella basilica di Sant’Antonio, dove era entrata per cercare un po’ di pace, una signora raccolta in preghiera aveva messo la mano sopra la sua mano malata. «Non mi ha detto niente, ma aveva un’espressione sul volto come se mi volesse comunicare: forza, vai avanti, ce la fai, Dio è con te».

Giulia amava recitare il Rosario tutte le sere. L’amore per Maria, di cui aveva fatto un’esperienza particolare in un viaggio a Medjugorje, era uno dei punti fermi nella sua vita. A Medjugorje aveva chiesto di tornare come regalo per i suoi 14 anni, con un pullman di 50 persone, tra amici e parenti. Nelle settimane di maggiore sofferenza, aveva composto una «coroncina di puro ringraziamento», perché diceva:

«Nelle nostre preghiere, nelle nostre litanie, chiediamo sempre qualcosa per noi o per gli altri. Mai che ci si limiti a dire grazie, senza chiedere nulla in cambio».

Nell’ultimo periodo della sua vita, Giulia avverte sempre più l’urgenza di dare una testimonianza ai giovani, soprattutto a quelli lontani dalla fede, «impegnati in una frenetica caccia al tesoro, ma senza tesoro».

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Il suo desiderio di aiutare gli altri è stato così contagioso che i suoi genitori, insieme ad alcuni familiari e amici, pochi mesi dopo la partenza di Giulia per il cielo, hanno fondano l’Associazione conGiulia Onlus. Hanno voluto, in questo modo, realizzare i progetti che lei aveva a cuore, rivolti particolarmente ai giovani e ai bambini malati, specialmente alla realtà della Scuola in Pigiama dell’Ospedale Giovanni XXIII di Bergamo. Nel logo dell’associazione, il fiore di Guernica, un particolare del quadro di Picasso caro a Giulia, che diceva: «Oltre alla spada spezzata, in Guernica c’è questo fiore, che simboleggia la speranza…».

 

Dall’agosto 2011, il susseguirsi di testimonianze, mail e racconti di persone toccate dall’incontro con la storia di Giulia, ha portato il vescovo e la Curia di Bergamo, dopo un attento esame, ad annunciare l’apertura della causa di beatificazione, che è avvenuta ufficialmente il 7 aprile 2019 presso il Santuario della Madonna dei Campi di Stezzano, quando il vescovo Francesco Beschi ha dato avvio alla fase diocesana del processo e ha proclamato Giulia “Serva di Dio”.

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