Un carisma nella storia

Nelle settimane che hanno seguito la morte di Chiara Lubich, numerosissime riviste italiane di matrice cattolica hanno pubblicato articoli e ricordi sulla fondatrice dei Focolari. Per alcuni numeri vogliamo perciò pubblicare ampi stralci di tali articoli, per darne la più ampia diffusione. Sorelle nell’amore a Gesù in croce del card. Giovanni Coppa Un’affinità spirituale profonda unisce, ai tempi nostri, le figure di due grandi personalità della storia religiosa del secolo scorso (…). Madre Teresa e Chiara Lubich hanno fatto un’esperienza unica di unione con Cristo crocifisso; sono discese anch’esse nelle acque oscure della morte di Gesù, hanno in certo modo vissuto questa profondità della morte condividendo, in modo diverso ma complementare, la solitudine di Gesù abbandonato sulla croce. Hanno provato la notte oscura della solitudine interiore e assoluta, che, dopo san Giovanni della Croce, si conosce come l’amara porzione riservata a chi si pone risolutamente sulla via della rinuncia per Cristo, e specialmente a chi arriva allo spogliamento totale della via mistica. (…). Chiara Lubich alle origini aveva avuto forti contrarietà anche da parte ecclesiastica, e l’esperienza di Gesù abbandonato divenne l’ansia costante di soffrire per lui e per la Chiesa. Nel primo dei quattro volumi di Scritti spirituali (Città Nuova, 1978), aveva raccolto questo pensiero: Vorrei testimoniare al mondo che Gesù abbandonato ha riempito ogni vuoto, ha illuminato ogni tenebra, ha accompagnato ogni solitudine, ha annullato ogni dolore, ha cancellato ogni peccato. A ventitré anni aveva fatto la amore, e questo l’aveva addentrata nell’intimità più profonda con Dio: Perché Amore, Dio è Trinità, come disse a un gruppo di vescovi, nel 1989. Dieci anni prima, ad altri vescovi, aveva confidato: È la folgore, Dio mi ama immensamente, Dio mi ama immensamente. Da quel momento scorgo Dio presente dappertutto col suo amore: nelle mie giornate, nelle mie notti, nei miei slanci, nei miei propositi, negli avvenimenti gioiosi e confortanti, nelle situazioni tristi, scabrose, difficili (…). Ma quella illuminazione fu accompagnata da una partecipazione sempre più profonda di Chiara all’abbandono di Gesù sulla croce, nel suo grido di morente inascoltato, in un’esperienza sempre più globale, di cui darà testimonianza nel libro appunto intitolato Il grido, Gesù crocifisso e abbandonato nella storia e nella vita del Movimento dei focolari dalla sua nascita, nel 1943, all’alba del terzo millennio (Città Nuova, 2000), ove scrisse: Come un fiore completamente aperto, completamente spiegato, Gesù, dopo aver dato il proprio sangue, la propria morte naturale, dà anche… la propria morte spirituale, la propria morte divina, e dà Dio. Si svuota anche di Dio. E fa ciò nel momento dell’abbandono, quando grida: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (…). La fondatrice dei Focolari non si sofferma sulle sue prove personali, se non sfiorandole con grande delicatezza, con parole che fanno capire la sua sofferenza: E venne la notte. Terribile come sa solo chi la prova. Essa mi tolse tutto: Dio amore, come l’avevo conosciuto in quegli anni, la vita fisica e (quella) spirituale. Mi mancò la salute, nel modo più crudo, e mi mancò la pace… Capii in quei giorni come la carità fosse tutto: come la vita fosse amore. Mancandomi l’amore mi mancò la vita. Accettai come Dio sa, fra dolori inenarrabili, quest’oscurità in cui ormai più nulla aveva valore… (…). Ma in questa notte spaventosa doveva fiorire una delle più belle pagine di Chiara Lubich: Ho un solo Sposo sulla terra: Gesù crocifisso e abbandonato; non ho altro Dio fuori di lui. In lui è tutto il Paradiso con la Trinità e tutta la terra con l’Umanità. Perciò il suo è mio e null’altro. E suo è il dolore universale e quindi mio. Andrò pel mondo cercandolo in ogni attimo della mia vita (…). Madre Teresa e Chiara Lubich hanno capito a fondo questo amore, e si sono lasciate da esso divorare fino all’amarezza incomprensibile dell’oscurità, dell’abbandono, del silenzio, per far amare Cristo dall’uomo moderno, sgomento, dopo Auschwitz, davanti al dolore nel mondo (L’Osservatore Romano, 4 aprile 2008). Chiara e il fuoco di Gesù di mons. Massimo Camisasca I santi non muovono da una necessità esteriore, ma da una urgenza interiore. Non pensano di creare un ordine nuovo. È anacronistico persino chiedersi quale sia lo specifico della realtà che da essi nasce. Essi vogliono semplicemente e totalmente seguire Cristo. Benché il rivelarsi della santità in un uomo o in una donna sia un fatto assolutamente gratuito, è anche attraverso i santi fondatori che si realizza il rinnovamento della vita della Chiesa. La loro fede diventa forma dell’esistenza, ed essi operano con i propri discepoli un’apertura alla totalità che costituisce una risposta profonda al bisogno che gli uomini vivono in quel tempo. Così sono nati i movimenti ecclesiali e le nuove comunità. Appaiono dopo la Seconda guerra mondiale, in un momento in cui i cristiani sono costretti ad andare alla radice della loro vocazione. Così sono sorti i Focolari. Così è apparsa Comunione e Liberazione. I loro due fondatori, quasi coetanei, sono scomparsi a distanza di tre anni, in questo momento di passaggio della Chiesa rappresentato dalla fine del lunghissimo pontificato di Giovanni Paolo II e dall’inizio del pontifi- cato di Benedetto XVI. Quest’ultimo aveva scritto più di vent’anni fa: Vecchie forme escono di scena, il nuovo si fa strada, cresce nel silenzio. Il nostro compito è di tenergli aperte le porte, di preparargli lo spazio. Ora anche Chiara Lubich è tornata a quel Dio che l’aveva chiamata con una persuasività così profonda da far crescere attorno a lei un popolo di centinaia di migliaia di persone, da dare alla sua parola e alla sua azione un’eco che ha raggiunto anche ortodossi e luterani, musulmani e buddhisti (…). Per la prima volta in Italia si radunava attorno a una donna un gruppo di persone che non volevano costituire qualcosa di particolare dentro la Chiesa, ma semplicemente rinnovarne interiormente il tessuto. Per la prima volta nasceva un movimento, un’aggregazione laicale come altre che avrebbe segnato la storia successiva del secolo ventesimo nella Chiesa cattolica e fuori di essa. Attorno a una personalità carismatica, si sarebbero radunati decine di migliaia di laici e preti, giovani e vecchi, intellettuali e gente del popolo, artisti e professionisti di ogni categoria. Riconoscevano in lei il punto di riscoperta di Cristo vivo e presente. Chiara non è stata idolatrata come altri guru e profeti al di fuori della Chiesa, ma è stata certamente per un numero enorme di persone il tramite decisivo per il cambiamento radicale della loro esistenza. Qual è il cuore della sua scoperta? Io penso si possa racchiudere in queste parole: l’umanità di Gesù è il manifestarsi di un progetto di unità che sana le ferite degli uomini e, anche al di là dei confini della stessa Chiesa cattolica, raggiunge tanti uomini, cristiani e non cristiani. Sorto dalle lacerazioni della guerra, il Movimento dei focolari non poteva essere se non ecumenico. Il tentativo di riportare l’unità laddove c’era divisione in ogni cuore umano. Di ricreare un focolare, appunto. Un luogo il cui centro è il fuoco, l’umanità di Gesù, Gesù tra di noi, come diceva Chiara. Da quel fuoco si irraggiava l’unione tra le persone, soprattutto a partire da coloro che decidevano di vivere per Gesù scegliendo di abitare assieme (…). Sono stato con Chiara parecchie volte. Per esempio a Santiago di Compostela, durante il grande pellegrinaggio in occasione della Giornata mondiale dei giovani 1989. Ma la voglio ricordare soprattutto per un incontro che ho avuto con lei in preparazione del Sinodo dei vescovi sul laicato nel 1986. Mi impressionò questa sua frase: Il Battesimo è tutto ciò che conta, conta l’uomo nuovo che nasce da esso, la sua dignità. Molto più delle differenze nella Chiesa, ciò che conta è il Battesimo. E poi aggiunse più o meno così: Dal Battesimo scaturisce un uomo diverso, un’azione nuova, trasformatrice. È l’idea di movimento (Tracce, Aprile 2008). L’INCONTRO CON L’UNITÀ Il card. Giovanni Coppa ci ha voluto precisare quanto segue: Quando ero nunzio in Repubblica ceca, sono stato molto vicino ai focolarini, sia a Praga, sia in Slovacchia. Mi ricordo quei begli incontri con la vostra gioventù! Sono stato anche in Mariapoli, dove ho sentito che mi volevate bene. Poi ho avuto anche l’opportunità di incontrare personalmente Chiara, sia a Praga che a Roma, in Campidoglio, durante la presentazione di un volume sulla vostra storia. Mi ha colpito molto la sua morte e ho pensato di mettere insieme questa esperienza di amore a Gesù in croce con quella di madre Teresa. Da qui è nato l’articolo per L’Osservatore romano. Mons. Massimo Camisasca così ricorda, invece, il primo incontro con il Movimento dei focolari nell’articolo su Tracce: Anni Cinquanta. Ero arrivato da poco a Milano. Avevo circa dieci anni. Un giorno mio padre mi invitò ad andare con lui ad ascoltare la messa domenicale in una chiesina nel centro di Milano dedicata a Maria Bambina. Una chiesina non parrocchiale. Lo aveva invitato un collega. Se non ricordo male (sono passati più di cinquant’anni) si chiamava Zanzucchi. Chi si radunava in quella chiesa? Sulle prime, non capii bene. Non era una comunità parrocchiale, non erano dei religiosi. Era gente qualsiasi, persone che apparivano profondamente legate le une alle altre, piene di gioia, proiettate verso qualcosa di assolutamente nuovo e affascinante. Attorno a una donna. Conobbi lì per la prima volta il nome di Chiara. Ho conosciuto così i focolarini prima di Cl. Da allora in poi, mio padre per un po’ di anni ricevette in abbonamento Città nuova, il quindicinale del movimento, che in quegli anni usciva ancora ciclostilato. Sarebbe poi diventato tabloid e infine magazine. Il suo direttore, Boselli, è stato per vent’anni un mio carissimo amico. Quella domenica, per la prima volta, scopersi che nella Chiesa non c’erano solo le parrocchie e gli istituti religiosi, ma anche delle aggregazioni di laici nate attorno a degli uomini e delle donne.

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