Turchia, un passaggio cruciale

La recente crisi politico-istituzionale in Turchia, innescata dalla mancata elezione del capo dello stato da parte del Parlamento, va ben al di là di una vicenda interna turca. I livelli di analisi che si sovrappongono e si compenetrano sono almeno tre, e riguardano tutti questioni fondamentali della democrazia, del rapporto tra culture, religioni e istituzioni civili, delle relazioni dell’Europa con il mondo islamico, specie nell’aera del Mediterraneo. Per restare sul piano interno, la candidatura dell’attuale Ministro degli Esteri Abdullah Gul, esponente del partito di ispirazione islamica, alla suprema carica istituzionale della Turchia (Presidente della Repubblica) si è scontrata con la stessa natura del sistema politico turco. Dalla sua fondazione dopo la disfatta dell’Impero Ottomano con la prima guerra mondiale, il padre della patria Kemal Ataturk volle configurare il nuovo stato in termini rigorosamente laici e di netta separazione tra politica e religione.Una funzione di garanzia di tale assetto fu conferita all’esercito, che l’ha esercitata eccome, quale struttura simbolo dell’unità nazionale. L’affermazione elettorale del partito di ispirazione islamica (Akp) del premier Erdogan ha consentito la formazione di un governo definito post-kemalista, cioè non più timoroso di manifestare la sua matrice religiosa. Ma quando è entrata in gioco la carica istituzionale di garanzia per tutti i cittadini turchi, anche quelli non credenti, e cioè la presidenza della Repubblica, si è assistito ad una grande mobilitazione sia delle istituzioni (Esercito, Corte costituzionale) sia della società civile (manifestazioni di piazza, prese di posizione di intellettuali come Orhan Pamuk). La questione sembra ora incamminarsi verso una soluzione istituzionale, che prevede quanto meno nuove elezioni politiche a luglio e, almeno nelle intenzioni di Erdogan, una modifica costituzionale che contempli l’elezione diretta del capo dello Stato. Se questi sono i termini della questione interna, è evidente che quanto accade in Turchia riflette problematiche assai più ampie, ed in primo luogo il tema della laicità dello Stato. Quello che è certo è che esiste una oggettiva difficoltà di alcune versioni radicali dell’islamismo a rapportarsi con i parametri della democrazia. Ciò non vuole dire che questo sia il caso della Turchia. Anche per questo la prospettiva europea per la Turchia rimane un passaggio cruciale. È in gioco infatti la questione della interiorizzazionedelle categorie democratiche nel mondo islamico, specie nel mediterraneo. In fondo, una garanzia di sicurezza e di sviluppo per tutti.

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