Tsunami d’America

In qualche modo, a quattro anni di distanza, l’uragano Katrina abbattutosi sulle coste americane della Lousiana, oltre che in Alabama ed in Mississippi, ha prodotto effetti sulla società e sulla politica americana simili a quelli dell’11 settembre. Come per gli attentati alle Torri Gemelle a New York e al Pentagono, l’America si è riscoperta vulnerabile, questa volta, alle catastrofi naturali. Ma, mentre in occasione dell’11 settembre le diverse anime ed espressioni della società e della politica americana avevano saputo trovare punti d’incontro per ripartire su nuove basi, così non è avvenuto per Katrina. Questo uragano ha portato allo scoperto alcune persistenti aree critiche della società americana, come quella della povertà e della debolezza delle politiche sociali, redistributive, previdenziali ed assistenziali. Le polemiche si sono appuntate sull’incidenza della popolazione in situazione di povertà tra quanti non hanno potuto ottemperare all’ordinanza di evacuazione di New Orleans vuoi per mancanza di mezzi di trasporto o finanziari privati, vuoi per assenza di valide alternative di ospitalità fuori della città. Al riguardo, i nuovi dati sull’incidenza della povertà negli Stati Uniti, rilasciati dall’US Census Bureau nel mese di agosto 2005, indicano un aumento di tale indice dal 12.5 per cento nel 2003 al 12.7 per cento nel 2004, per un totale di 37 milioni di persone. Nel caso della Louisiana – con una maggioranza di popolazione di colore – l’indice di povertà è nettamente superiore alla media nazionale, e raggiunte il 19.6 per cento.A ciò si aggiungano i dati sull’assistenza sanitaria, in base ai quali la popolazione totalmente priva di assistenza medica ammonta, negli Stati Uniti, al 15.7 per cento della società americana (17.2 per la Louisiana). È stupefacente la capacità degli Americani di rispondere alle emergenze nazionali con una grande generosità, non solo sul piano finanziario, ma anche con azioni di volontariato, spesso originali e creative. Ed è accaduto, su vasta scala, anche nel caso di New Orleans, con una ingente mobilitazione nazionale che ha assunto forme diverse ed originali, dai soccorsi all’accoglienza. Pur riconoscendo che l’uragano Katrina è stato uno dei più catastrofici eventi naturali nella storia degli Stati Uniti, in America ci si interroga in primo luogo sulla capacità di risposta istituzionale alle crisi, ed in particolare sul funzionamento del Dipartimento per la sicurezza interna (Homeland Security). Inoltre ci si chiede se, in questo caso, la complessa articolazione dei poteri e delle responsabilità derivanti dalle stesse caratteristiche federali del sistema di governo ameri- cano non sia stata una delle cause dei ritardi e delle inefficienze che hanno provocato fino a migliaia di morti. Cosa accadrebbe – si sono chiesti molti americani – se la risposta dell’Amministrazione pubblica in occasione di un eventuale attentato terroristico su vasta scala, o di un’altra catastrofe naturale, fosse uguale alla inaccettabile prova data in occasione del disastro di New Orleans? Il gioco dello scarica-barile è diffuso in tutto il mondo, e gli Stati Uniti non fanno eccezione.Ma basterà rimuovere qualche dirigente o accusare qualche amministratore per risolvere il problema? Sotto la pressione di un’opinione pubblica che ha nettamente disapprovato il modo in cui il governo ha gestito la crisi, soprattutto nei primi giorni, Bush ha messo in atto una serie di iniziative, significative anche se tardive. In primo luogo, la mobilitazione di un’ingente macchina di aiuti, con un dispiegamento di forze (in buona parte militari); in secondo luogo, la creazione – analogamente a quanto avvenuto per lo tsunami nell’Estremo Oriente – di un comitato, capeggiato dagli ex presidenti Clinton e Bush (padre) – per la raccolta di fondi da destinare alle aree disastrate; infine, lo stanziamento di un totale di oltre 62 miliardi di dollari per la ricostruzione. Il problema tuttavia va ben al di là del facile gioco di trovare capri espiatori.A differenza dell’Europa, negli Stati Uniti è diffusa la convinzione che lo stato sia, come diceva Ronald Reagan, il problema, non la soluzione. Qualche commentatore americano iper-critico ha persino affermato che in fondo la tragedia di Katrina si deve alla miscela letale di governo limitato e governo incompetente . Sta di fatto che, in questi giorni, nel paese dalla più forte economia del mondo, in molti ambienti significativamente si evoca l’esempio della piccola Olanda, e cioè di un modello socio-economico che ha consentito la realizzazione di opere ingegneristiche che, in proporzione alla dimensione economica del paese, appaiono titaniche. Il disastro di New Orleans ha riaperto la discussione sulle questioni ambientali e sulla mancata ratifica americana del protocollo di Kyoto. Questa volta si tratta di un risvolto concreto: i danni alle raffinerie del Golfo del Messico hanno provocato un’impennata del prezzo del carburante.Anche in questo ambito, ed è forse la prima volta dopo le crisi petrolifere degli anni Settanta, si fa strada nell’opinione pubblica l’idea di una nuova situazione di precarietà che, se non modificherà nell’immediato l’atteggiamento degli americani sui consumi energetici, costituisce nondimeno una tematica entrata nell’orizzonte della vita quotidiana degli americani.

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