Thailandia, gli amorevoli ribelli di Sant’Alfonso

Bangkok, Thailandia. Nel periodo della pandemia, “i ribelli di Sant'Alfonso”, come vengono qualche volta indicati i redentoristi negli ambienti cattolici del Sudest asiatico, hanno mantenuto le chiese aperte, continuando ad accogliere tutti, a curare gli ammalati e a prendersi cura degli anziani
Thailandia, redentoristi. Foto George Ritisnky

Regno di Thailandia, in un solo giorno sono stati 959 nuovi contagiati dal virus, la maggior parte tra i lavoratori provenienti dal Myanmar. In un anno di Covid 19, ci sono stati 75 morti e 14.646 contagiati e 10.892 guariti. La Thailandia è al 128° posto nel mondo per i contagi. Direi che è un’ottima posizione!

Qui si dice che i thailandesi sono per natura khi klua, cioè tendono a spaventarsi per poco. Ma questo non si può considerare del tutto negativo, visto che a Bangkok il 99% di persone che incontri ha la mascherina, il gel disinfettante è ovunque e la distanza è rispettata. Ma qualche volta prevale il timore! Per esempio: le chiese cattoliche del Paese, sia nella prima che in questa seconda ondata, sono rimaste rigorosamente chiuse. Tutte, esclusa una: la parrocchia del Redentore a Bangkok è rimasta sempre aperta.

Rispettando le norme anti-Covid, ma aperta! Questo mi ha detto uno dei redentoristi: «Seguiamo rigorosamente tutte le procedure di sanificazione, distanziamento, pulizia delle mani e controllo della temperatura, ma possiamo e vogliamo restare aperti. Dal Governo sono venuti a controllare e non hanno trovato nulla in contrario».

La Chiesa del Redentore a Bangkok è senza aria condizionata, ma le porte laterali sono sempre aperte e c’è un’ottima ventilazione. Tutte le attività in favore dei poveri e degli anziani che vivono vicino alla chiesa sono continuate durante i mesi scorsi: con le dovute precauzioni, certo, ma continuate! Qualcuno che abita nei pressi della Chiesa si è lamentato ma i timori si sono rivelati infondati: da un anno a questa parte nessun contagio è stato riscontrato per colpa delle funzioni religiose!

A Bangkok sono rimaste chiuse tutte le chiese parrocchiali, sia a Pasqua (prima ondata) che poco prima di Natale (seconda ondata). E molti cristiani si sono rivolti ai redentoristi, come spesso accade, del resto. Chiedo al parroco cosa ne pensi (ci conosciamo da 25 anni, da quando era un seminarista): “Sì, abbiamo avuto molto critiche. Così un giorno ho telefonato ad uno dei nostri missionari americani, che da quasi 60 anni vive in Thailandia, avvezzo alle critiche per il suo lavoro a favore dei poveri nelle baraccopoli, e lui mi ha risposto: Benvenuto nel club delle critiche. Vai avanti!”.

È una storia che si ripete dal lontano 19 Maggio 1949, giorno dello sbarco in Thailandia di un gruppetto di giovani redentoristi americani, che hanno poi fatto storia qui, occupandosi, sulla scia del loro fondatore, S.Alfonso Maria de Liguori (vissuto nel 18° secolo), degli ultimi, degli scartati, dei soli.

Nel 1954, quando costruirono la loro chiesa a forma di tempio buddhista, si tirarono addosso un sacco di critiche. I redentoristi di quell’epoca, tra cui il mio amico padre Ray Brennan, di origine irlandese, studiarono a fondo la cultura thai e chiesero ad alcuni architetti di disegnare una chiesa in stile thai, non volendo costruire il solito edificio in stile francese, come andava di moda a quel tempo.

Il risultato campeggia ancora oggi in una strada non lontano dal distretto commerciale di Bangkok, a Ruan Rudee: è la Chiesa del Redentore. Ormai è uno dei luoghi più conosciuti ed apprezzati sia dai thailandesi che dagli stranieri che arrivano qui, soprattutto la domenica. In Thailandia gira un detto tra i cattolici: «Se non riesci a sposarti in parrocchia, se non riesci a far battezzare il tuo bambino, a confessarti in nessuna chiesa, allora vai alla Chiesa del Redentore!».

Ed è proprio così, dalle testimonianze che ho raccolto sia in Thailandia che in Vietnam, dove questi amorevoli “ribelli” sono arrivati dal Canada fin dal 1925. In questi poco meno di 100 anni di missione in Thailandia e Vietnam, i figli di S.Alfonso, di gente ne hanno aiutata tanta: ex donne di strada, orfani, disabili, ciechi, affamati, analfabeti, rifugiati, gente scappata e gente arrivata da non si sa dove. Ed hanno spesso tenuto testa, nel nome dei poveri, anche a soprusi e angherie.

Non sono mancate difficoltà, sbagli ed anche alcuni scandali, certo, ma in questi tempi di pandemia la loro testimonianza di calore, felicità, apertura, accoglienza sono un grande valore. “Non fermiamo l’amore!”, ricordava la presidente uscente del Movimento dei Focolari, Maria Voce: mi è sembrato di aver visto questa esortazione incarnata dai miei amici redentoristi. Ho salutato il parroco dopo una messa e gli ho detto: «Non ho conosciuto Sant’Alfonso, ma lo rivedo in voi. Non mollate, continuate a donare a tanti speranza e forza per andare avanti”. Mi rivolge uno sguardo sorridente, a lungo, poi mi dice: “Grazie, ne avevo bisogno».

 

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