Terminator Salvation

Terminator Salvation

Un prequel ambientato nel futuro: il quarto capitolo della saga di Terminator è un’anomalia, quasi una contraddizione in termini, ma che i paradossi temporali che regolano l’universo creato da James Cameron ormai 25 anni fa rendono non solo possibile, ma doveroso.

Nel 2018 la terra è un deserto di desolazione e le città sono cumuli di macerie. Le macchine guidate dal supercomputer Skynet hanno scatenato una guerra globale e ridotto in ginocchio la razza umana. Che resiste come può, guidata da un John Condor, leader in pectore, che i vari terminator delle prime tre puntate avevano (invano) tentato di uccidere nel passato. Marcus Wright rappresenta la nuova generazione di terminator: parzialmente umano, lui crede di esserlo totalmente, si offre per combattere con la resistenza contro lo strapotere di Skynet.

Il film sconta tutti i difetti del genere a cominciare da una trama poco credibile, personaggi bidimensionali, la tendenza alla retorica ed effetti speciali debordanti. Ma con qualche nota positiva che vale la pena di sottolineare. Come il personaggio di Marcus Wright, l’uomo-macchina, l’unico dotato di una certa complessità, che ruba la scena spesso e volentieri a un John Connor sin troppo compreso nel ruolo. O l’ambientazione apocalittica, uno scenario reso efficacemente e che sarà ampiamente sfruttato, ci scommettiamo, in futuri ulteriori episodi della saga. Il film, poi è dal punto di vista tecnico veramente ben realizzato, con il taglio iper-realistico che contribuisce a rendere le scene d’azione meno confuse del solito.

Non ci si poteva aspettare molto di più.

 

Regia di McG (Joseph McGinty Mitchell); con Christian Bale, Sam Worthington, Anton Yelchin, Bryce Dallas Howard, Moon Bloodgood.

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