Certo che se sei anfitrione di un summit delle Americhe al quale dovrebbero partecipare 34 Paesi e poi i presenti sono 20, siamo di fronte a un evento che difficilmente si potrebbe qualificare come riuscito. Infatti, tutto lascia pensare che i risultati di questo incontro saranno presto archiviati, come certi discorsi, quelli pronunciati pour la galerie, mentre i fatti dicono altro.

(Sean Kilpatrick/The Canadian Press via AP)
La principale ragione di questo fallimento, si deve anche alla decisione del presidente Joe Biden di non invitare i capi di stato di Cuba, Venezuela e Nicaragua, considerarti espressione di regimi antidemocratici. Decisione che ha provocato, con varie sfumature, l’auto-esclusione anche – niente di meno – di Messico, Bolivia, El Salvador, Guatemala, Honduras e vari stati dei Caraibi. Assenze importanti, visto che il maggiore risultato politico ottenuto da Biden sarebbe – il condizionale è d’obbligo – un accordo sul tema dell’emigrazione illegale. Tra gli assenti ci sono stati anche i presidenti dei principali stati dai quali provengono le ondate di migranti illegali che da anni gli Stati Uniti cercano di contenere. Mentre si firmava il nuovo accordo, una colonna di 15 mila migranti si dirigeva verso la frontiera statunitense attraversando il Messico.
L’origine stessa di questi summit non è delle migliori. Il primo venne celebrato nel 1994 a Miami da Bill Clinton, e l’idea era di ripetere ogni 3 o 4 anni tali incontri. L’iniziativa faceva però parte del progetto tutto statunitense di un’area di libero commercio americana, dall’Alaska alla Patagonia (Alca). Vista l’esperienza tutt’altro che esaltante dell’area di libero scambio creata – quasi forzatamente – tra Usa, Canada e Messico, i sospetti di un sistema a tutto vantaggio di Washington erano confermati dal criterio di pervenire a uno spazio di questo genere senza attutire le asimmetrie che possono esistere tra un Paese come la Bolivia o L’Honduras e una potenza come gli Usa. Negli anni ’90, però, era ancora in voga la dottrina statunitense che considerava i Paesi latinoamericani meri subalterni ai quali fornire indicazioni.
I cambiamenti politici avvenuti nella decade successiva, con l’ascesa al potere di governi disposti ad agire in autonomia nei confronti della Casa Bianca, portarono al fallimento del progetto Alca nel summit del 2005 in Argentina. Il sistema continentale, che prevede organismi come l’Organizzazione degli Stati Americani, la Corte e la Commissione interamericana per i diritti umani, la Banca interamericana per lo sviluppo, sono entrati in crisi proprio per l’insofferenza verso l’amministrazione di Washington poco disposta a dialogare da pari a pari.

(AP Photo/Evan Vucci)
I tentativi di creare istituzioni alternative (Celac, Unasur, Bansur) non sono andati molto più in là di alcune fiammate iniziali, poi spentesi, anche perché difficilmente si può fare qualcosa di diverso ripetendo gli stessi errori. L’errore della Casa Bianca, oltre a quello di credere che nella regione può solo dare ordini, è stato quello di applicare a singhiozzo i propri standard di politica estera: rigidità nei confronti di Cuba, mentre nei confronti di Turchia e Arabia Saudita si chiude un occhio e l’altro pure. Ma le istituzioni regionali alternative nate con l’idea di escludere di fatto la maggiore potenza regionale e mondiale, non hanno ragionato meglio. Infatti, si sono sciolte come neve al sole. Il risultato è l’assenza di un progetto politico regionale a partire da interessi e beni di natura comune, che non mancano. Tanto è vero che nell’accordo sull’emigrazione è rimasto fuori il Brasile, evidentemente poco o niente interessato al tema, pur essendo il Paese con maggiore popolazione dopo gli Usa.
Di questo accordo se ne potrebbe anche parlare, ma le assenze durante la sua definizione e la non partecipazione del Brasile sono una pesante ipoteca sulle sue reali possibilità. Le attuali ondate migratorie hanno una duplice componente che spinge messicani e centroamericani a sfidare la morte pur di valicare (in qualsiasi modo) la frontiera Usa. Si tratta di una di povertà resa insopportabile anche dalla violenza dei gruppi criminali che spadroneggiano in questi Paesi. Pertanto, al pettine di questi accordi dovrebbero giungere vari nodi: l’inarrestabile diffusione delle droghe, che muovono montagne di denaro, controllate dai cartelli dei narcotrafficanti; il modello di sviluppo col quale superare l’arretratezza economica di certe regioni, sempre più aggredite anche dal cambiamento climatico. Affidarsi al mercato supponendo che la crescita del Pil sia un criterio sufficiente… ha contribuito ad aumentare le attuali piaghe sociali. Ci vogliono allora nuove ricette. Ci vuole anche una politica con altre mire, ben oltre quelle dei risultati elettorali.