Sobri, generosi in cerca di sicurezza

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Due quarantenni di fama planetaria sono usciti allo scoperto. L’anno è iniziato con una nota incomprensibilmente tragica in Asia, hanno scritto insieme il cantante irlandese Bono, leader degli U2 e artefice di iniziative umanitarie, e Bill Gates, statunitense, fondatore della Microsoft, ritenuto il più ricco del mondo e molto generoso nel sostenere iniziative sociali. Tuttavia – aggiungono -, tutto contribuisce a rendere questo l’anno in cui il mondo penserà seriamente a cambiare il futuro dei suoi abitanti più poveri. Sarà vero? Se falliremo – precisano -, il giudizio della storia sarà impietoso, per il semplice fatto che siamo la prima generazione in grado di riuscirci. Da una tragedia immane ad una solidarietà permanente. È una grande possibilità. Potrebbero così diventare solo un ricordo anche i 5 milioni di bambini sotto i cinque anni morti di fame lo scorso anno. Potrebbero beneficiare di cure i 10 milioni di orfani africani dell’Aids. Potrebbe altresì cessare lo scandalo dei paesi ricchi, che non riescono a trovare 40 milioni di dollari in più per sostenere iniziative contro la povertà e le malattie, ma capaci di investire nel 2004 956 milioni di dollari in spese militari , come denuncia Giovanni Micali, presidente dell’Unicef Italia. Gli italiani sono stati prodighi di offerte verso il Sud-Est asiatico. Nessuno dubitava. Anche se il momento (ed è molto più che un momento) non è dei più facili. Preoccupa soprattutto l’economia familiare. Anzi. La maggioranza della popolazione teme un ulteriore peggioramento della situazione, come ha rilevato l’indagine Demos- Eurisko. Il 93 per cento degli intervistati segnala nuovi rincari che riducono la capacità di risparmio delle famiglie, mentre l’84 per cento reputa oggi più difficile mettere da parte dei soldi rispetto ad un anno fa. Le difficoltà permangono e gettano ombre sulle aspettative future, tanto che non è difficile scorgere un incremento del pessimismo, come l’indagine evidenzia. E non sono certo di conforto le stime diffuse dall’Intesa consumatori, che indica in 1.176 euro il nuovo salasso che colpirà le famiglie in questo nuovo anno a causa dei rincari di prezzi (alimentari, mobili, assicurazioni auto, alberghi e ristoranti, servizi bancari), di tariffe (luce, gas, acqua, autostrade), oltre ai riflessi negativi della Finanziaria su bolli, imposte di registro, concessioni governative, imposte ipotecarie e catastali. Le conseguenze di una tale prospettiva si ripercuoteranno non solo sulle decisioni immediate maturare da singoli e famiglie ma anche sui loro modi di pensare. Nel suo annuale Rapporto sulla situazione sociale del paese, il Censis ha fotografato una sobria temperanza dei consumi, con un cambio del modello di consumi, che sta a significare: gli italiani non vogliono più né superfluità, né eccesso nel consumo. Di fronte all’incertezza, gli abitanti del Bel Paese stanno dando vita ad un grande processo, quello di una patrimonializzazione crescente, che altro non è che la messa al sicuro dei propri soldi attraverso l’acquisto di immobili. Nel 2004, sono state comprate 870 mila abitazioni. Ma chi sono questi italiani? I soliti ricchi? Gli acquirenti sono singole persone nell’8 per cento dei casi, coppie di sposi (20 per cento) e poi famiglie del ceto medio che riescono a comprare il sospirato immobile in virtù dei mutui con tassi a buon mercato. Significativo è comunque un dato: il 37 per cento degli acquisti è effettuato con denaro contante; cifra che sale ad oltre il 41 nel Mezzogiorno. Cosa significa questo? Ognuno cerca di dare a sé stesso la necessaria sicurezza- illustra il Censis -, è la spia di un disagio diffuso. Per decenni siamo andati avanti tutti insieme a cercare di stare meglio, di essere più ricchi, di fare reddito, di fare impresa. Ora è diverso. Quando interviene il fattore patrimonio – chiarisce Giuseppe Roma, direttore del Censis – la società si sgrana maggiormente, c’è una forte divaricazione sociale tra le varie componenti, nascono più ineguaglianze . L’anno appena iniziato invita perciò gli italiani ad una solidarietà anche interna, fondata sulla giustizia e sulla fiducia. Il problema non è sperare o disperare, essere ottimisti o pessimisti – ricorda Enzo Bianchi, priore di Bose -, ma trovare fondamento alle speranze ed essere consapevoli di che cosa si può sperare. Aggiunge: La speranza nasce quando si prende posizione riguardo al futuro, quando si pensa che un avvenire sia ancora possibile per un individuo, una società, l’umanità intera: si tratta di vedere oggi per il domani. Scegliere di sperare significa decidersi per una responsabilità, per un impegno riguardo al destino comune. Scriveva von Balthasar: Sperare è possibile solo se si spera per tutti. IL SOCIOLOGO DE RITA: Il paese si assesta ma scivola su scienza e diritto Alcuni possono considerarlo un fenomeno regressivo, altri lo reputano fisiologico. Sta di fatto che la società italiana, secondo alcuni esperti, si assesta sull’esistente e tutto il resto scorre via, senza quasi lasciare traccia. Eppure negli ultimi mesi ne sono capitati di avvenimenti. Pensiamo al federalismo, agli statuti regionali, alla riforma della scuola, alla Costituzione europea, all’ingresso di dieci paesi nell’Unione, alla discussione sui bassi consumi, all’uccisione del giornalista Baldoni e al rapimento delle due Simone in Iraq, alla strage di Beslan, alla paura del terrorismo in Italia. Cosa è rimasto? Costituiscono parte del tessuto so- ciale? Hanno fatto continuum storico? Per Giuseppe De Rita, uno dei più autorevoli studiosi della società italiana, il verdetto è senza appello: No, non si è lasciata coinvolgere dalla successione degli eventi. È allora grave che sia tutta impegnata a custodire la propria ricchezza e insensibile al resto? L’assestamento su sé stessa è evidente, ma può essere un passaggio. A De Rita interessano in questa fase gli elementi di movimento che stanno creando sensibilità nuove nel nostro paese. Il primo è il declino di quel primato della soggettività più o meno razionale su cui abbiamo vissuto per anni. Insomma, sinora abbiamo esaltato la centralità dell’individuo sino a secolarizzare la società, con le conseguenti morti di Dio, del sacro e del trascendente. Il sacro sembrava un residuo, anche per noi giudaico-cristiani, perché non crediamo più nel sacro ma nel santo, cioè nella santificazione, non nel sacrificio. E invece torna il sacro. Il kamikaze che sacrifica la propria vita ci interpella. È un sacro degradato ma ci pone un problema: che ne facciamo della nostra razionalità individuale, della nostra soggettività? Possiamo continuare a dire che bastiamo a noi stessi? Tutta la nostra società è basata su un modello soggettivo e allora si dovrà porre quesiti cruciali. D’altra parte, c’è il ritorno al borgo, al piccolo comune, ad una socializzazione comunitaria, come la definisce De Rita. E la si vede anche nelle grandi città. Gli interventi di riqualificazione urbana mirano a creare aree a misura d’uomo, e Roma stessa si va trasformando in tanti borghi. Altro grande tema, il primato della tecnica, specialmente della bioingegneria, e del diritto. La tecnica chiede libertà perché non ha altro scopo che sé stessa, rafforzare la tecnologia, sviluppare l’innovazione e la scienza. Non ha alcun riferimento extrascientifico, cioè etico, civile, religioso. Non ha bisogno di consenso. Però, poi, è il diritto che regola. No, il diritto segue, perché in qualche modo basta a sé stesso, come la tecnica. De Rita condivide il pensiero di Natalino Irti, docente di diritto privato all’università La Sapienza di Roma. Per Irti, infatti, il diritto si vale di un meccanismo per cui diventa lecito tutto ciò che il diritto decide, purché sia trasparente la procedura decisionale. In altre parole, se un’innovazione tecnica viene inserita in un testo di legge approvato da una maggioranza parlamentare, il comportamento conseguente diventa lecito. Non interessa più il contenuto umano, di diritto naturale, etico che sta prima della tecnica e del diritto. Si chiede allora De Rita su cosa giudicheranno gli italiani riguardo al referendum sulla procreazione assistita. Sulla trasparenza decisionale della legge 40? O sulla trasparenza del referendum? . Terzo elemento è il declino della temporalità. Per questo motivo ci si assesta sul presente. La storia, il futuro, le previsioni, la programmazione, lo sviluppo, la successione delle generazioni sono tutte componenti in disuso. Quello che conta oggi è lo spazio, il recupero della dimensione spaziale. Da qui il fatto che la logistica è il nuovo modo di essere di una società: dalla delocalizzazione industriale alla globalizzazione planetaria. Ma chi sa gestire lo spazio? Forse, solo quelli dei borghi, che vivono in una spazio che diventa luogo e quindi comunità. Ma gli altri? L’argomento terrà banco nei prossimi anni.

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