Senza fondo ormai

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Dal 28 dicembre al 6 gennaio va di scena il Tour de Ski, otto gare di altissimo livello in dieci giorni, in tre nazioni diverse, Cechia, Germania e Italia. Tanti soldi in palio, grande copertura televisiva, una vetrina per fondisti polivalenti. A febbraio 2006 la staffetta 4 x 10 chilometri era sul podio olimpico di Torino: oggi i 4 moschettieri azzurri del fondo sono gli atleti più longevi del circo bianco e dietro a loro non esiste ricambio. Di questo allarme, Marco Selle, allenatore della squadra maschile, è consapevole: La staffetta di Torino è oggi… la più vecchia del mondo: gestisco un gruppo di atleti di valore assoluto, olimpionici, campioni del mondo, sulla cresta dell’onda da diverse stagioni. Ma dietro a loro non si vedono altri talenti all’orizzonte. E questo riduce anche gli stimoli. Oggi valiamo un sesto, settimo posto nelle classifiche mondiali. La loro lunga esperienza è ancora una garanzia? Non si faranno sfuggire occasioni per emergere, ma un piazzamento nei primi 10 o il terzo posto per nazioni in staffetta, come quello conquistato in Norvegia, sono risultati che dobbiamo ormai considerare di prestigio! Su sei atleti in squadra A, abbiamo quattro atleti con più di 31 anni (Zorzi e Di Centa 35) e due giovani di 25 e 27, l’età dei più vecchi nella squadra russa o norvegese, oggi in testa alla Coppa, i cui giovani hanno 19, 20 anni. A preoccupare ancora di più è la mancanza di un ricambio generazionale. Quali le cause? Sono diverse. Alla base di tutto sta il fatto che negli ultimi dieci anni la possibilità di fare sport meno faticosi, rispetto allo sci di fondo, è aumentata notevolmente anche per chi vive nei paesi di montagna. I giovani disposti a fare i sacrifici che uno sport del genere richiede, pur sapendo che un giorno saranno ripagati, sono sempre meno. È una realtà comune a tutte le nazioni, tolte quelle in cui i giovani hanno ancora… fame di risultati, come i Paesi dell’Est. In Germania ed in Norvegia però hanno ancora ricambi. Esiste anche un problema a livello di tecni- ci? I tecnici di oggi sono i baby-pensionati di 10-15 anni fa, come il sottoscritto, con un passato da atleta e con la disponibilità a lavorare con scarsa remunerazione, tanta passione e con buone conoscenze tecniche. Ringiovanire le fila ed aggiornare i tecnici è una necessità improrogabile . Quanto incide la riduzione dei fondi a disposizione degli sport invernali? Non è giusto dare la colpa di queste carenze a livello giovanile alla mancanza di fondi. Nonostante il deficit della federazione sia sempre più grosso, siamo messi nella condizione di poter lavorare bene, meglio di tante altre nazioni, dove gli atleti più forti che si sono persino autotassati per continuare a gareggiare . Si è ridotto il numero dei praticanti più giovani? No, a calare non è il numero dei praticanti, ma il livello: gli junior di 10-15 anni fa, i vecchietti di oggi, allora facevano risultati. Gli junior di oggi non entrano nei primi 30. Quale il motivo di questo calo? Le altre nazioni impostano la preparazione del settore giovanile sul gioco, sul divertimento, sullo sviluppare le qualità motorie e coordinative. Noi siamo al mondo quelli che hanno la specializzazione, il professionismo più precoce: cerchiamo quel risultato immediato, già a livello giovanile, che permetta ad un giovane di entrare in un gruppo sportivo militare a 16 anni ed aver così una garanzia economica per il futuro. Se da una parte i corpi sportivi militari sono una manna perché permettono ad un giovane di allenarsi a tempo pieno, dall’altra costringono allenatori, genitori e ragazzi ad allenarsi in maniera semiprofessionista già nell’adolescenza. Raggiunto questo obiettivo, molti perdono quegli stimoli che dovrebbero invece iniziare ad esserci da lì in poi. Ci sono prospettive? Il recupero del gusto del divertimento della pratica sportiva è l’obiettivo principale, superando l’idea che il fondo sia solo abnegazione, sudore e fatica. L’altro giorno, in Norvegia, vedevo i ragazzi di una scuola sulla neve durante la ricreazione: qualsiasi cosa che scivolasse era buona per divertirsi, una cosa che da noi non si vede più. Guardavo anche la squadra giovanile norvegese, oggi fortissima: le ragazze, nel fare delle prove ad alta velocità, un allenamento impegnativo, si stimolavano a vicenda. Ed alla fine della prova facevano una spaccata con gli sci, ridendo tutte assieme. Da noi i ragazzi sembrano piccoli forzati della fatica: escono dal pulmino al freddo con l’aria di dire speriamo che passino in fretta queste due ore di allenamento per poter tornare al pulmino al caldo e non soffrire più. Dobbiamo ritrovare la strada per far capire ai ragazzi che sciare è un’attività ludica, piacevole, divertente, ricca di soddisfazioni e salutare. La colpa è nostra, dei tecnici, che non riusciamo più a trasmettere questi concetti: assistiamo inermi a un abbandono precoce quando l’obiettivo del gruppo sportivo militare svanisce. Poi ci troviamo persone di trent’anni anni, con la pancia, che si guardano indietro e si chiedono come hanno fatto a non capire quanto bello era far fondo con gli sci!.

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