Senza arbitri, non c’è calcio

451 aggressioni ad arbitri dilettanti nella scorsa stagione sportiva. Basta questo numero per evidenziare quale sia, al momento l’emergenza numero uno all’interno del mondo del calcio italiano. Un problema che non può essere risolto solo con le sanzioni

Sport e rispetto delle regole: due elementi inscindibili. Senza il secondo, non può esserci pratica definibile come tale. Il riconoscere che esistano codici di comportamento è il sale stesso della competizione, il suo fondamento, la base di tutto. Sin da bambini, sia negli sport di squadra che in quelli individuali, si impara in primis a rispettare l’avversario e, soprattutto, ad avere deferenza verso chi è tenuto a far osservare le regole. Perché, in assenza di chi giudica e sorveglia, il tutto si ridurrebbe ad una lotta senza direttive.

Il calcio, attività ludica più popolare nel nostro Paese, senza arbitri non potrebbe esistere. Una figura basilare, centrale, ma troppo spesso dimenticata e bistrattata. Soprattutto nel mondo dilettantistico, dove alla base della scelta dei giovani fischietti di indossare maglietta e calzettoni e scendere in campo c’è passione pura, senza alcuna prospettiva di guadagno. Sono poche le “giacchette nere” che riescono ad arrivare ai massimi livelli: per tutti gli altri, la carriera si muove tra i polverosi campi delle serie dilettantistiche che, purtroppo, sono anche i più pericolosi.

I numeri sono agghiaccianti. Si sono registrate 473 aggressioni a direttori di gara nel corso del campionato 2016-2017, 451 nella scorsa stagione, mentre in quella attuale siamo già a 51 episodi di violenza verso gli arbitri. Una vera e propria emergenza, un fenomeno sulla cui enormità si è ragionato finora troppo poco. È la Calabria a detenere il più alto numero di atti violenti verso i fischietti (95), seguita da Sicilia (67), Campania (47) e Lazio (43). Proprio da Roma viene l’ultima storia di ordinaria follia, riguardante il 24enne Riccardo Bernardini che, domenica 12 novembre, è stato aggredito al termine di Virtus Olympia-Atletico Torrenova, partita del campionato di Promozione laziale.

Un finale di gara teso, due espulsioni tra i padroni di casa, la rete degli ospiti nei minuti conclusivi: questa la successione degli eventi che ha portato, secondo le ricostruzioni dei Carabinieri, due uomini ad entrare in campo, dirigendosi verso Bernardini e aggredendolo con due schiaffi. Sul secondo, il ragazzo è caduto all’indietro, sbattendo la testa e rischiando la vita. È stato il preparatore atletico del Torrenova a soccorrerlo, rianimandolo prontamente: il giovane arbitro, infatti, ha rischiato il soffocamento in seguito alla caduta.

«Ho sentito un sacco di persone, ma nessuno della società ospitante. Forse si sentono in difetto – ha detto la madre dell’arbitro, Fiammetta Bernardini – credo che nelle società sportive dovrebbero fare dei corsi propedeutici sul regolamento, agli allenatori e anche ai ragazzi. Spesso non capiscono nulla delle decisioni dell’arbitro. Il rischio, purtroppo, c’è sempre. Immaginavo potesse succedere una cosa simile». Parole che nascondono l’agghiacciante consapevolezza che il terreno di gioco, per i fischietti, è paragonabile alla discesa in un’arena infernale. Una situazione inaccettabile, come ha specificato il presidente dell’Associazione italiana calciatori Damiano Tommasi, all’interno di una lunga riflessione pubblicata sulla pagina Facebook dell’Aic.

Squalificare è sufficiente? Questo si domanda Tommasi, d’accordo con lo stop ai campionati e con sanzioni molto severe che, però, purtroppo non riguardano chi dagli spalti entra in campo per aggredire arbitri e giocatori. Serve dunque di più: le pene, per quanto dure ed esemplari possano essere, lasciano un compito da fare. «La nostra quotidianità – afferma il presidente Aic – è fatta di persone e relazioni, comportamenti e rispetto che dovrebbe essere la base su cui innestare qualsiasi attività, dallo sport alla scuola, al lavoro. L’abc dello stare insieme». La cultura del rispetto delle regole, di chi le fa applicare, degli avversari, deve dunque allargarsi a un quadro più ampio: quello di una società in cui il riguardo e l’attenzione verso la cosa pubblica, le risorse comuni, il prossimo in generale dovrebbero diventare la base per una convivenza realmente civile.

La strada da fare purtroppo è lunghissima, ma il punto di partenza sono, senza dubbio, i bambini. Il messaggio video di auguri da parte dei ragazzini della Asd Stella Polare de La Salle, squadra giovanile di Roma, ha fatto il giro del web: un semplice «ciao Riccardo, ti aspettiamo presto!», rivolto al giovane arbitro aggredito. Questi piccoli ma significativi gesti possono essere l’inizio della rivoluzione culturale.

 

 

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