Segni tra le pagine

Alla scoperta del numero 10 della rivista Città Nuova, con una selezione di articoli da non perdere... Per tutti gli abbonati
Copertina CIttà Nuova n. 10

Cosa propone il numero 10 della rivista Città Nuova? Ecco una piccola selezione di articoli, per i nostri lettori.

Il bacio sigillo d’amore: l’erudita rassegna artistico-letteraria-cinematografica, proposta da Michele Genisio a pagina 70 del decimo numero di Città Nuova, ci avvia a una lettura della rivista a partire dal piano degli affetti. «Il bacio può avere mille volti, mille significati» – scrive Genisio. «Rimane spesso in bilico tra profano e sacro. Ma deve sempre essere un’espressione dell’anima, non solo delle labbra o delle guance che s’avvicinano. Il bacio, come la parola, è un segno che va dato con cura, specchio della verità nascosta nel cuore».

Chi può conoscere la verità inabissatasi nel fondale di un matrimonio fallito? Con attenzione e rispetto sia per il primo amore naufragato come per il nuovo che spiega le vele, Aurelio Molè a pagina 18 rilancia Il grido dei divorziati. “Tra la dottrina della Chiesa e le convinzioni vissute da molti cristiani si è creato un abisso”: Molè rievoca le parole pronunciate dal cardinale Walter Kasper nel Concistoro del 22 febbraio indetto per discutere di famiglia in vista del prossimo sinodo […]. «La proposta pastorale presentata dal cardinal Kasper – aggiunge il giornalista – fa perno sulla misericordia evangelica per proporre un nuovo paradigma che permetta, dopo un cammino penitenziale, di ammettere alla Comunione i divorziati risposati […]. Servirà un profondo discernimento per poter rispondere adeguatamente. Il cammino è però cominciato».

Di amore straordinario e universalmente riconosciuto sono capaci i genitori di bambini disabili, amore però che non può non tener conto, come riferisce Attilio Menos a pagina 24, del Dopo di noi, definizione abbastanza esplicativa di quell’interregno che si apre dopo la morte dei genitori di una persona con problemi di carattere mentale e di autonomia. «Questo periodo, che spesso apre veri e proprio vuoti assai difficili da gestire, è la conseguenza di una mancata organizzazione “durante noi”». Menos riferisce una positiva esperienza di un “Gruppo appartamento” per giovani diversamente abili, presentato «come un’occasione positiva per altre famiglie che abbiano il coraggio del “durante noi”».

Come rapportarsi al meglio con un bambino dislessico? In Dsilisecic (dislessici) felici… a pagina 74 Anna Maria Gatti recensisce il libro “Hank Zipzer e le cascate del Niagara” (di Winkler e Oliver, Uovonero edizioni): «Questo libro aiuta un approccio controcorrente e ottimista alla dislessia. Per quanto la scuola possa sembrarvi difficile, questo non ha nulla a che vedere col fatto che siate fantastici. In ogni bambino c’è della grandezza ,bisogna solo scoprire quale sia il vostro talento. Il mondo ne avrà bisogno».

Nella rubrica Vita in famiglia Maria e Raimondo Scotto a pagina 26 ricordano che Giovanni Paolo II parlando del IV comandamento, “onora il padre e la madre”, dice tra l’altro: «Esso impegna a onorare solo i genitori? In senso letterale, sì. Indirettamente, però, possiamo parlare anche dell’“onore” dovuto ai figli da parte dei genitori […]. Spesso succede che i genitori non abbiano lo stesso pensiero in campo educativo. Generalmente la coppia è spaventata da questa diversità di vedute e non valuta, invece, la ricchezza che nasconde. […] Questa ricerca incessante e serena per capirsi e valorizzarsi reciprocamente sarà per i figli una vera scuola di socialità».

La nostra vita? Un dialogo. A pagina 38 Oreste Paliotti rievoca il fecondo rapporto d’amore di Diana e Antonio, lei cattolica, lui di convinzioni non religiose. Due sposi la cui vita è stata un forte esempio di come sia possibile accogliersi nella diversità. Racconta Diana: «Non mi ha sfiorato neppure l’idea che il suo esser lontano da una fede religiosa potesse essere d’ostacolo fra noi: avvertivo infatti, in lui, lo stesso amore per l’umanità, la stessa ansia di giustizia […]. Ci hanno aiutato a crescere quel dialogare nella verità, quel farsi vuoto per accogliere la diversità dell’altro, quel patire e gioire insieme. Ricordo un episodio: eravamo a tavola con il nostro secondo figlio di cinque anni, e lui: “Perché papà non viene a messa con noi?”. Ci siamo guardati. E lì ci è venuto spontaneo dargli questa spiegazione: “Papà e mamma hanno in comune un grande amore per l’umanità, solo che mamma pensa che la radice di questo amore sia in Gesù, mentre papà la cerca nella sua coscienza”. Il bambino ci guarda e: “Ho capito: è come il pane nero e il pane bianco, ma sempre pane siete”».

Nel Diario di una neomamma a pagina 58 Luigia Coletta racconta come ha affrontato il periodo in cui la sua piccola imparava a camminare: «I bambini la maggior parte delle volte se la cavano meglio di noi e vanno per la loro strada, come ha fatto pure Irene che a nove mesi ha deciso di camminare. E così lasciando in vetrina ogni tipo di girello (quello sì, è sconsigliato all’unanimità), mentre la piccola drizza la schiena, mamma e papà la piegano! Un giorno in un negozio di articoli per bambini abbiamo trovato la soluzione per rilassare un po’ i muscoli: le redinelle primi passi […].Dopo aver superato l’iniziale imbarazzo, per cui molti potrebbero additarvi come se portaste in giro un cagnolino, sarà una comodità sollevare solo un braccio per evitare gli ostacoli. Ma non illudetevi, sarà sempre lui a portare voi!»

Difficile per i giovani d’oggi camminare sulle proprie gambe decidendo dove andare. Globalizzati o sradicati? si domanda Michele Genisio a pagine 72 a  partire da un tratto comune alle riflessioni di Weil, Pasolini e Testori: «Tutti e tre parlano di sradicamento. Ora la domanda è semplice e sterminata: quali conseguenze necessarie ha l’omologazione-sradicamento di cui parliamo? Mi viene in mente la geniale definizione che del denaro diede Karl Marx: “merce universale”. La “merce universale” si scambia con tutto e anzitutto con la vita umana, non concede reciprocità né economica (mercato) né finanziaria (speculazione), molto evidentemente riducendo l’uomo stesso a merce, ovviamente deperibile e perciò illimitatamente sostituibile, dato che le radici, già strappate, non fanno resistenza».

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