Scomunicare la guerra

Il 4 febbraio all’Angelus papa Francesco ha fatto un annuncio solenne: «Dinanzi al tragico protrarsi di situazioni di conflitto in diverse parti del mondo, invito tutti i fedeli ad una speciale giornata di preghiera e digiuno per la pace, il 23 febbraio prossimo, venerdì della prima settimana di Quaresima. La offriremo in particolare per le popolazioni della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan. Come in altre occasioni simili, invito anche i fratelli e le sorelle non cattolici e non cristiani ad associarsi a questa iniziativa, nelle modalità che riterranno più opportune, ma tutti insieme».

Il 12 febbraio 2018, incontrando i membri del Sinodo greco melkita, il papa ha detto: «È una preghiera che non può essere dissociata da quella per l’amata Siria e per tutto il Medio Oriente, regione nella quale la vostra chiesa è profondamente radicata e svolge un prezioso servizio per il bene del popolo di Dio».

Dunque una preghiera crescente verso i popoli più segnati dalla guerra, dove le vittime hanno il volto dei bambini e dove il fallimento della politica e della guerra ha la misura della distruzione, nei Paesi dove le armi moltiplicano la violenza e il conflitto.

Il papa indica un orizzonte: non solo la preghiera e non solo il digiuno, ma la preghiera e il digiuno, insieme, in un unico mistero di conversione.

Innanzi tutto il discorso delle beatitudini in Matteo ci indica la preghiera come semplicità, senza un’invasione di parole per esibirne la sovrabbondanza, per consegnarle al potere, per farne uno strumento di successo e di conquista.

Se il demone della violenza, che alimenta la terza guerra mondiale fatta a pezzi, si impone, i discepoli del Signore sono chiamati a vivere il primato di Dio nella debolezza e nella fraternità.

Non si cancella la guerra e il demone e l’idolo che la alimenta con la diplomazia o con l’astuzia della propaganda o con lo stare nella compagnia dei buontemponi, ma con il digiuno che libera e purifica il cuore e con la grande preghiera, nella sua piccolezza, del Padre nostro.

Non troppe parole, non la potenza dei palazzi, non la ripetizione del nostro nome come forma di propaganda, ma semplicemente l’invocazione debole e disarmata del perdono del Signore.

Papa Francesco, in una meditazione sul digiuno, ha posto davanti ai cristiani – persone e associazioni – il rischio del digiuno come superbia, come manifestazione di potenza. L’idolo cattura le persone religiose e le seduce, le porta al centro della storia, mentre le vittime salgono sul calvario, dove è purificato ogni desiderio di impossessamento dell’altro.

Allora il digiuno, come condivisione e servizio al più piccolo dei fratelli, deve essere libero da ogni ambizione. Se la preghiera cambia la storia, il digiuno è il conmorire al mondo, è il partecipare del mistero dello Sposo, che viene tolto, come profezia della sua morte e resurrezione. È la vittima con le vittime, è il povero con i poveri, è il più piccolo, che viene a rendere visibile lo scandalo della guerra, che si pone come l’idolo degli idoli.

Non si fugge dalla guerra, non si fanno calcoli per guadagnare sulla guerra, ma si sta, come Maria presso la croce, là dove sta suo Figlio e là dove sta il discepolo. Ecco il corridoio umanitario del Vangelo, che arriva al Calvario e alla croce. Il resto è astuzia politica.

Ecco, la preghiera e il digiuno di questo giorno e di questo tempo, rimandano alla parola di perdono.

Il papa si domanda con nettezza: che cosa si può fare per la pace, in Sud Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo, nella amatissima Siria? La risposta è semplice: perdonare, perdonare e perdonare ancora.

Siamo chiamati a scomunicare la guerra, cancellare ogni sua giustificazione, osare la pace per fede, chiedere perdono per tutte le volte che abbiamo guadagnato sul mercato delle armi, sulla loro produzione e sul loro uso, che ha prodotto un infinito scialo di morte.

Questa grande preghiera e digiuno si compie nella prima settimana di Quaresima, quasi a misurare l’intero tempo di purificazione. Tempo di grande perdono e penitenza per la pace, perché i nostri fratelli più piccoli possano essere aiutati ad abitare nello spazio del Vangelo.

Conclude il papa con questa domanda: «Come mi comporto per gli altri? Il mio digiuno arriva per aiutare gli altri? Perché se ciò non accade, quel digiuno è finto, è incoerente e ti porta sulla strada di una doppia vita. Bisogna, perciò, chiedere umilmente la grazia della coerenza».

Ecco la coerenza della Chiesa e dei discepoli sulla via della pace e del perdono, in questo tempo e sempre.

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