Religioni e identità comune

C’è stato un tempo in cui la religione era istintivamente concepita, nel contesto delle relazioni internazionali, come un fattore di conflitto più che come una “via di salvezza” dell’umanità.
L'incontro delle grandi religioni ad Assisi 2002

C’è stato un tempo in cui la religione era istintivamente concepita, nel contesto delle relazioni internazionali (dopo la drammatica esperienza delle “guerre di religione” che hanno caratterizzato le vicende storiche
dell’Europa e del Mediterraneo), come un fattore di conflitto più che come una “via di salvezza” dell’umanità. Oggi si può dire che questa fase di emarginazione della religione nelle relazioni internazionali sia alle nostre
spalle. Occorre però essere precisi circa le modalità con cui le religioni possono essere associate alla politica mondiale.

 

Per cominciare, chiariamo che le religioni hanno molto da dire nella politica mondiale ma non possono essere rappresentate riduttivamente come dei “gruppi di pressione” o come delle organizzazioni non governative. Le
religioni non possono essere ridotte, ad esempio, a strumento per la risoluzione dei conflitti, per quanto fondamentale possa essere questa funzione. Inoltre, esse operano nella sfera pubblica mondiale, che tuttavia
non corrisponde perfettamente alla sfera politica internazionale. Ciò che è importante è come le religioni si pongono rispetto all’idea di inclusione/esclusione.

 

Come una religione guarda al vasto e diversificato mondo di popoli e nazioni in termini di cooperazione o di competizione, connessione o confronto, è un dato rilevante anche per la politica mondiale. In molte tradizioni religiose possiamo trovare la stessa idea fondamentale di “comunità universale” o “famiglia umana”, il cui metodo di lavoro – per così dire – sarebbe costituito dal realizzare la “regola d’oro” su scala mondiale. Un modo per rendere la pace duratura è, dunque, costruire il senso di una mutua appartenenza planetaria, un’identità comune mondiale, data dalla coscienza di una fraternità universale.

 

Tale idea è stata considerata per lungo tempo solo come una mera aspirazione etica, irrilevante per l’ordine internazionale. Al contrario, lo sguardo universale delle religioni, in quanto alternativa alla globalizzazione ideologica e fondata esclusivamente su parametri economici, può fornire un significato più concreto, più democratico e meno oligarchico alla cosiddetta “comunità internazionale”.

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