Rappresentanza politica, una questione centrale per le democrazie

Politica e società civile, un rapporto difficile e instabile. Occorre ripensare il patto di delega tra i cittadini e suoi rappresentanti
Aula del Senato

C'è qualcosa che non mi convince in quanto è stato scritto da Luigino Bruni in Riforme? Un’Assemblea costituente

Provo a esporre il mio pensiero come incentivo a dialogare a fondo sul tema della rappresentanza, questione centrale per tutte le democrazie occidentali, non solo per l'Italia.

È vero! Il sano strutturarsi della democrazia attraverso regole certe ‒ suffragio universale, assemblee rappresentative ad ogni livello, stabilità di governo con alternanze, compensi (da ripensare nella modalità, ma da non toccare pena la fine della sovranità popolare!) – è degradato man mano in un fortilizio con il ponte levatoio alzato.

La capacità di rappresentanza dei corpi intermedi (quali i partiti) si è ridotta fin quasi allo zero e va ripensata integralmente, con strumenti completamente diversi da quelli che risultavano efficaci nella società stratificata e fondamentalmente omogenea del dopo guerra.

 

 

Ma mi sembra che la politica non possa svolgere il suo compito di sintesi efficace se cancelliamo il patto tra eletti ed elettori, che passa attraverso un voto o comunque attraverso una processo che ci veda tutti protagonisti.

Mi sembra di poter dire che la soluzione possibile per uscire dall’empasse stia nel ripensare il patto di delega tra la società e i suoi rappresentanti, non nel affondarlo.

Tra le novità possibili io non escludo il sorteggio, per esempio, tecnica sperimentata e nei risultati non peggiore della selezione attraverso liste.

È necessario aprire un efficace ascolto ed una collaborazione reciproca. Ma la chiamata alla rappresentanza per merito, mi sembra sempre pericolosa e troppo “ballerina” (chi controlla i controllori?). Penso a certi automatismi già in atto da tempo per cui i presidenti di note associazioni nazionali o segretari di sindacati sono destinati, per automatismo, alla carriera politica: non sempre hanno portato grandi risultati.

 

 

L'attuale confronto che si è aperto in vista del referendum viviamolo come un’occasione, chiamando sempre all’appello le ragioni del no e quelle del sì, dedicando spazio e tempo, nelle scuole, nelle università, nelle associazioni, nelle parrocchie (sic!), nelle famiglie, come esercizio per sentire ognuno come propria la "questione Paese".

A me fa sempre paura la soluzione leninista di affidare le sorti del proprio paese alle avanguardie "sane", come più atte al governo.

Certo occorre coinvolgere queste minoranze rappresentative, ma se scendono in politica devono sottoporsi alle regole democratiche della rappresentanza universale

Non mi convince la lettura che tanti fanno della notte senza luce in cui stiamo vivendo nella politica, credo che oggi siamo davanti ad un "nuovo" che si sta formando e che ha bisogno di categorie e di strutture democratiche nuove da decidere tutti assieme.

Io preferisco, come direbbe proprio Luigino Bruni, le agapi universali alle filie elettive.

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