Rapito dal Cielo

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Nessuno, prima della morte di Salvatore, sapeva della esistenza dei tanti suoi manoscritti rinvenuti nella casa di campagna, che ne disegnano una vita spirituale intima, profonda, insospettata: le false illusioni della vita mondana e la ricerca e scoperta di Dio, l’intimo filiale rapporto con la Madonna, l’amore a Gesù, la sacralità del suo umile lavoro di pastore, il suo impegno missionario, l’amore fine per i giovani della sua città, il servizio agli ultimi, il contributo alla chiesa operante in terra di missione. E poi, il duro, palpabile, combattimento con il maligno, ricorrente in tanti suoi pensieri e il suo legame con la spiritualità dei Focolari, che ne ha come confermato e precisato il santo viaggio della vita fino alle altezze del Cielo. Così Alfio Di Pietro tratteggia la figura di Salvatore Barresi, pastore trentasettenne di Chiaramonte Gulfi (Rg), morto il 9 giugno 2003, colpito da un fulmine, dalla cui vicenda umana ha ricavato un libro, Rapito dal Cielo (ed. Sion), che ne raccoglie il profilo e i pensieri spirituali. A partire da quel dies natalis che così viene descritto: Nel pomeriggio di quel giorno, Salvatore sta conducendo le pecore al pascolo in una delle tante piccole valli che si susseguono sugli ultimi declivi dei Monti Iblei degradanti verso sud, in direzione del mare. Qualche chilometro appena lo separa dall’ovile. Preceduto da un esteso addensamento di nubi, basse e scure, un temporale, breve e nemmeno intenso, si abbatte sulle colline dintorno. Saettante, improvvisa, una scarica elettrica unisce il cielo e la terra folgorandolo all’istante. A scoprirlo, a tarda sera, sarà il fratello (…). È disteso per terra sul dorso; i vestiti appaiono lacerati, a brandelli, come sventrati, ma il suo corpo è inspiegabilmente integro. Come spesso succede, è la morte a rivelare la grandezza di una vita vissuta intensamente, a scoprire la profondità dell’animo umano anche delle persone più semplici e, forse per questo, più vicine a Dio. Ma cosa ha spinto Alfio di Pietro a scrivere questo libro? Anzitutto un sentimento di pena che la notizia della morte di Salvatore Barresi ha suscitato nel mio animo – dice -. Poi, la sorpresa, lo stupore per l’ampia, immediata risonanza che tale notizia ha avuto a Chiaramonte e ben oltre i confini di questa città. Ancor più per la scoperta, nella sua casa di campagna, dei suoi manoscritti. Attraversavo un momento difficile – continua -. L’incontro con Salvatore mi sembrò il modo in cui Dio mi metteva accanto un’anima che chiedeva a me di accogliere e custodire il dono della sua esistenza. In quel momento mi sono sentito spinto a chiedere di avere fra le mani le cose più care di Salvatore, cioè i suoi manoscritti, nell’ambiziosa aspirazione di scoprirne e rivelarne la vita. L’assenso dei suoi, in particolare l’adesione della sorella Giovanna, è stato spontaneo, immediato. Ma, prima che i suoi manoscritti, Salvatore aveva da rendermi noto un suo messaggio, semplice e ad un tempo esigente. Entrato nella sua dimora di campagna, i miei occhi si posarono su cinque piccoli vangeli riposti su una scrivania della sua stanza da letto. Nessuno prima di allora ne aveva notato la presenza. Li aprii, e vi trovai impresse le sue dediche, una diversa dall’altra, inconfondibilmente rivolte ad alcuni suoi giovani amici. Avvertii subito che quei vangeli erano come il suo testamento e la sua eredità. E non finisce qui. In due blocknotes si trovano annotati, fitti fitti, i suoi pensieri: nel primo 377, nel secondo 152. Vi sono trascritti pure molti messaggini telefonici indirizzati ai giovani amici o ricevuti da loro. Un’agenda del 1995 raccoglie preghiere, riflessioni, pensieri vari, buona parte dei quali sono riprodotti nella seconda parte del libro. Tanti, infine, i fogli singoli, talora pezzi di carta strappati da un quaderno, da un’agenda. Cosa può aver indotto Salvatore Barresi a trascrivere puntigliosamente i suoi pensieri? Non trovo che una risposta: la sua intima comunione con colui che ne è la fonte: Dio; il suo dimorare dialogante nella sua Parola. Da qui il bisogno di fissare e non disperdere nulla di ciò che Dio, nel vuoto della sua anima, gli ha rivelato giorno dopo giorno. Leggendo il libro si ha la forte impressione che Salvatore abbia testimoniato nella semplicità e nell’umiltà della sua vita quotidiana la vita del Cielo. È quella del Cielo una, anzi, la dimensione costante dei suoi pensieri. Leggiamone alcuni: Pur non sapendo né il giorno, né l’ora dell’arrivo, sappiamo che siamo partiti e siamo in viaggio per il cielo, quel cielo nel quale tutti stanno ad aspettarci con nostalgia; Caro Giovanni, leggendo questo Vangelo di Gesù, potrai capire veramente chi sei, cosa fai qui e dove andrai in futuro e capire soprattutto chi è questo Dio che è venuto in mezzo a noi, che si è fatto uomo come noi e che noi continuiamo a inchiodare in croce. Quando avrai capito tutto questo vedrai che nel cielo c’è qualcuno che ti aspetta; Caro Sebastiano, si dice che in cielo non ci sia arrivato mai nessuno, è tutta una menzogna, prova a seguire lui, Gesù di Nazareth, e vedrai che c’è una strada per arrivarci. Non ti farà correre ma volare verso il Cielo. La percezione del Cielo è stata talmente viva da fargli provare, negli ultimi tempi della sua vita terrena, una sofferenza paragonabile, credo, a quella che certe anime sperimentano quando avvertono l’insopportabile peso della caducità delle cose terrene e persino del proprio corpo. Ce lo rivelano queste sue parole: Signore, ma insomma, non ne posso più di questo corpo mortale, vieni a liberarmi! Infatti, questo corpo ha sete, ha fame, ha freddo, ha caldo, ora è stanco e ora vuole dormire e non si sa più cos’altro desidera, insomma più gli do e più vuole. Io vorrei stare sempre con te, e invece devo restare tanto tempo a soddisfare i suoi capricci. Signore, liberami dalle cose che passano. È naturale pensare, pertanto, che in quel Cielo, verso il quale ha desiderato ardentemente innalzarsi, Salvatore si sia sentito come attratto, anzi vi si sia… trovato già, dal momento in cui esso è sorto nel suo cuore. C’è un itinerario spirituale che ha ispirato Salvatore nella sua corsa verso la meta? A lui è apparso evidente che per entrare nel Regno di Dio occorre una sola cosa, amare: amare per primo, sempre, amare tutti, anche il nemico; che l’amore non ha complessi di inferiorità, ma ama con semplicità e senza giudicare; che anche un piccolo gesto fatto con amore è grandissimo nel Regno dei cieli. Gli è sembrato manifesto, ad un tempo, che l’amare non vale tanto per sé stessi, ma vale per la salvezza di quelle anime che non hanno conosciuto e accolto l’Amore. Testualmente scriverà: Per entrare nel Regno di Dio non basta aver pagato il proprio biglietto, ma è necessario pensare che tanti altri non lo hanno ancora pagato o perché non vi hanno pensato o perché pur pensandoci non sono in grado di pagarlo. Salvatore ha pagato per gli altri? Sì, non posso dubitarne. Me lo dice la sua vita e me ne dà conferma uno dei suoi pensieri: Come puoi dire di avere la coscienza a posto quando tanti tuoi fratelli ogni giorno muoiono più di fame di Dio che di fame materiale?. Egli ci ha rivelato, così, che occorre farsi santi e farsi santi con gli altri e per gli altri. Con acutezza è stato osservato che nemmeno Gesù è andato in cielo da solo. Nell’estremo sacrificio della Croce ha condotto con sé il buon ladrone. Ci sono poi tanti altri aspetti interessanti della sua personalità, come il suo rapporto con la natura, il modo di intendere il lavoro… Il suo rapporto con gli elementi della creazione a tratti è paragonabile a quello di san Francesco, come dimostrano questi suoi messaggini telefonici: Oggi fratello sole si è messo un po’ da parte per far posto a sorelle nuvole anche se non hanno tanta voglia di mandarci un po’ di pioggia. Auguri per il tuo onomastico. Qui l’attimo presente è abbastanza caldo ma ora va meglio in quanto sono ospite di un albero di mandorlo. Oggi frate vento è venuto a portarci un po’ di sollievo ma le cicale dicono che c’è ancora molto caldo. Pare che fratello sole e fratello sonno ce l’abbiano con me, ma poi penso: senza di loro come sarebbe la vita!. E riguardo al lavoro: Mille impegni, tanti piccoli o grandi lavori eseguiti in un giorno, ma solo se abbiamo messo tanto amore per ognuno prenderemo il volo per l’eternità; Se tutto il lavoro che facciamo non ha come fine l’edificazione della casa celeste diventa tutto vanità. Una parola del vangelo, scelta da Chiara Lubich proprio per lui, sintetizza quella che è stata la sua vita: Chi vuole esser grande tra voi si farà vostro servitore. E così, servendo, è arrivato più in alto di noi, perché, pur nella disarmante semplicità dello sguardo, i suoi occhi guardavano ben oltre le cose, come si legge tra le pagine di questo libro che emana da ogni pagina profumo di Cielo.

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