Quale politica per i migranti della Diciotti?

Dopo il contrastato sbarco a Catania, i richiedenti asilo, raccolti dalla guardia costiera italiana, arrivano, grazie alla Cei, alle porte di Roma. Tra proteste e saluti di benvenuto. La logica dei muri rende permanente l’emergenza

«Non vi interessa niente dei migranti, state qui per difendere i vostri interessi legati alla cosiddetta accoglienza, non vi muovete con lo stesso slancio per i lavoratori italiani sbattuti in mezzo alla strada». Il militante della destra romana ha ripetuto la solita tesi contro le persone radunatesi in tutta fretta la sera del 28 agosto, esponendo fogli con la scritta “Welcome” (benvenuti!), davanti alla sede del “Centro per un mondo migliore”, a Rocca di Papa, per contestare il sit in preannunciato da Casa Pound contro l’arrivo dei richiedenti asilo sbarcati a Catania dalla nave Diciotti della Guardia costiera italiana.

Dopo un lungo tira e molla del governo, come è noto, l’intervento umanitario della Chiesa italiana ha scongiurato il peggio. Le condizioni di salute di molte delle persone trattenute sull’imbarcazione, infatti, destavano preoccupazione, ma il ministro degli Interni, Salvini, era interessato a lanciare un messaggio eclatante di stop all’arrivo di altri migranti in Italia, senza trovare resistenze all’interno dell’esecutivo che pure vede la presenza di uomini simbolo di garanzia istituzionale come il ministro degli Esteri Moavero Milanesi.

Le cronache parlano di una divisione in atto tra la popolazione dei Castelli Romani. In effetti, a scendere per strada sono sempre in pochi. Sempre gli stessi, come quando si accesero gli scontri per la mossa improvvida dei preti di Lefebvre di celebrare i funerali del criminale nazista Priebke nella loro sede di Albano Laziale. Da una parte gli estremisti di destra, che vantano ideologi residenti in tali posti ameni e raccolgono consensi inaspettati nelle elezioni studentesche degli istituti superiori, dall’altra parte un arcipelago di appartenenti a centri sociali e altre associazioni di una sinistra abitualmente divisa, ma che si ritrova nel dividere il mondo tra sfruttati e sfruttatori piuttosto che tra italiani e no.

Non appare, come al solito, l’opera silenziosa di coloro che cercano di creare rapporti e dare aiuto all’integrazione sul posto.

Le persone “per bene”, invece, di solito non si espongono se non quando il problema li tocca da vicino e qui si tratta non di una periferia degradata, ma di un luogo di pregio ambientale, meta delle uscite domenicali dalla Capitale, fortemente segnato dagli interessi dell’espansione edilizia

La protesta inscenata sui tornanti della bella strada dei Laghi è, perciò, usata per raccogliere facili consensi al nuovo corso di Salvini che stringe, in chiave europea, accordi trasversali con il leader ungherese Orban, teorico del gruppo di Visegrad e della politica dei muri.

Anche perché il periodo di permanenza locale dei migranti della Diciotti si prevede assai breve in vista dell’accoglienza diffusa promossa con la disponibilità di molte diocesi italiane. Si tratta, in effetti, dell’unico modello lungimirante per la capacità di coniugare accoglienza e inclusione reale, a partire dal riconoscimento dei volti e delle storie delle persone che arrivano prevalentemente, come in quest’ultimo caso di profughi eritrei, da condizioni di inaccettabile violazione dei diritti umani. Il sistema, cioè, del Welcome sperimentato a Benevento e descritto nel testo L’Italia che non ti aspetti edito da Città Nuova.

Altre soluzioni, come l’assembramento, fuori dall’emergenza, di un numero elevato di migranti e richiedenti asilo non può che generare problemi per i più deboli e porre in pericolo la convivenza aprendo le porte a derive xenofobe.

Occorre una responsabilità politica che non si può scansare confidando nell’intervento di ultima istanza. Escogitato, in questo caso dalla Cei, ma che non potrà riproporsi se, come affermano alcuni, il modello da seguire resterà quello della chiusura, dei respingimenti in mare e dei muri alla frontiera.

 

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