Pulcinella non solo a carnevale

Pure al largo della città partenopea, con occhio attento, potremmo scorgerlo, ma non è quello l’ambiente preferito. È a suo agio in climi molto più severi e in habitat quali le falesie terrazzate dei mari nordeuropei. Le coste scandinave, britanniche, bretoni o irlandesi lo vedono infatti come primo attore. Artista, sì, perché il pulcinella di mare sa colorare con la sua presenza ambienti decisamente più monotoni, cromaticamente parlando, rispetto a quelli assolati del Mediterraneo. Le tonalità del becco, il curioso gioco di chiaro e scuro, specie della guancia facciale, che ha ispirato il nome italiano di pulcinella, nonché il disegno a triangolo sul perimetro oculare, rendono in effetti piuttosto simpatico questo volatile, specie se si ha la fortuna di vederlo da vicino. Per farlo, occorre aggirarsi con circospezione sulle scogliere del nord a primavera, luoghi normalmente scelti per la nidificazione. Qui, per il tempo necessario alla cova delle uova e all’involo dei giovani, si concentra in colonie brulicanti di individui. Di indole pacifica e curiosa, non è difficile avvicinarlo e osservarlo a terra, una volta ritornato dalla pesca in mare aperto, col becco rimpinzato e baffuto di pesciolini penzolanti. Infatti quello strano, massiccio e colorato becco è all’occorrenza trasformato in magazzino portavivande per trasportare gli alimenti dal mare aperto al nido. Le prede sono stipate, in ordine e con maestria, l’una affianco all’al tra e immorsate con tenacia tra le due parti del becco. Il risultato è un curioso disegno in cui i colori rosso, giallo e blu delle bande esterne sembrano continuarsi nei pesciolini veri, pensili su entrambi i lati. Specie durante l’allevamento della prole i genitori si occupano di questa impegnativa spola fra mare e terraferma, esercizio vitale per il successo della covata. I pulcini restano nel nido, in genere una buca nel terreno, in attesa dell’apporto alimentare durante le ore di luce. All’arrivo dell’imbrunire però sgattaiolano silenziosamente verso altri nascondigli, per evitare la predazione di gabbiani e stercorari. Ritornano poi nella buca al mattino seguente, pronti per una nuova razione di cibo. Una volta acquistata la forza sufficiente e completata la crescita della livrea, lasciano la falesia per un lungo pellegrinaggio in mare aperto, quasi senza méta. Comunque, in genere, non oltre le latitudini spagnole. La vista della costa sarà legata, salvo bufere, al solo richiamo riproduttivo parecchi mesi dopo. Ci sarà data qui la nuova opportunità per fissare immagini di questa specie. I primi piani rammentano una burla carnevalesca; in realtà è un disegno del tutto originale quello che fa, del pulcinella di mare, una delle più curiose e affascinanti specie delle coste del nord. PARENTI DEI PINGUINI Della famiglia delle alche, lontani parenti dei pinguini, nidifica su gran parte delle coste nordeuropee. Fuori della stagione riproduttiva vive tutto l’anno in mare aperto dall’Atlantico settentrionale al largo delle Canarie e nel Mediterraneo occidentale. In Italia è possibile scorgerlo specie in inverno, sulle coste liguri e tirreniche fino alla Sicilia. In genere, grazie alle zampe palmate, ama galleggiare e nuotare sull’acqua non senza qualche tuffo per la cattura del pesce. È anche un perspicace volatore, capace di spostarsi per centinaia di chilometri tra l’oceano e i mari interni. Ciò nonostante, le dimensioni piccole delle ali rispetto al corpo, implicano la necessità di veloci e ripetuti battiti. Si rifugia sulla costa normalmente solo in caso di maltempo con mare grosso, o per la nidificazione, che inizia da aprile inoltrato. L’unico uovo, o le due uova, sono covate per oltre un mese principalmente dalla femmina. I giovani lasciano la terra per il mare dopo circa sette settimane. La colorazione del mantello è caratteristica, soprattutto in estate, con le tonalità bianco-nere delle alche disposte a mo’ di smoking e il disegno a bande multicolori del becco a forma di triangolo. Le popolazioni britanniche e irlandesi di pulcinella sono attualmente stimate in un milione di individui, meno di un migliaio invece quelle francesi. Gli individui svernanti in Italia sono appena qualche centinaio. La specie ha risentito fortemente dei disastri ecologici dovuti agli incidenti causati dalle petroliere. L’imbrattamento da idrocarburi ha infatti causato perdite di migliaia di individui, soprattutto delle popolazioni della Manica.

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