Politica di pace, nonviolenza e uso della forza

Colloquio a tutto campo con don Renato Sacco coordinatore di Pax Christi Italia. Dall’intervento armato al ruolo dell’Onu e della Nato. Sul commercio di armi e Isis, tra Costituzione e Vangelo  
Soldati fanno rifornimento di armi

Conosce bene il Medio Oriente, ha stretti rapporti con il martirizzato Iraq, ma è stabile parroco a Cesara, un piccolo paese in Piemonte, nella zona dove si formò una delle più conosciute esperienze partigiane, i 40 giorni della “Repubblica della Val D’Ossola” che molti, come Aldo Moro, considerarono un modello per la Costituzione del 1948.

Don Renato Sacco è il coordinatore in Italia di Pax Christi, un movimento cattolico internazionale fondato in Francia nel 1945, presente in Italia dal 1954 sotto l’auspicio del cardinal Montini, futuro papa Paolo VI. Presidente della sezione italiana è sempre stato, dall’inizio, un vescovo, attualmente quello della diocesi di Gravina, Giovanni Ricchiuti.

Una necessaria premessa per capire quanto le affermazioni di don Renato siano espressione interna alla Chiesa, anche se la cosa non dovrebbe più stupire al tempo di Francesco del quale, in questi giorni, è stato reso noto il messaggio, dal titolo e contenuto emblematico, per la cinquantesima Giornata mondiale della pace che si svolgerà il prossimo primo gennaio 2017.

 

Un evidente segno dei tempi, don Sacco…

«Si, il titolo è significativo e profetico: “La non violenza: stile di una politica di pace”. È davvero un invito a compiere scelte personali ma anche “politiche” molto diverse da quelle che spesso vediamo intorno a noi. Ancora una volta papa Francesco si conferma come un vero uomo di Dio attento alle persone e alla storia. La nonviolenza è spesso vista con un sorriso di commiserazione da chi confida solo nella forza e nelle armi. E infatti nel messaggio ci sarà una parte dedicata alla armi, al traffico legale e illegale di armi che sostiene molti conflitti nel mondo. C’è molto da lavorare ancora su questo. Intanto ci diamo appuntamento, come ogni anno, alla marcia nazionale per la pace, la sera del 31 dicembre. Quest’anno sarà a Bologna, ospiti della diocesi con il suo nuovo vescovo».

 

La scelta cosiddetta “pacifista” o “non violenta” è incompresa perché facilmente banalizzabile. Ad esempio le critiche sulla politica degli armamenti presuppongono la prospettiva di un necessario disarmo anche unilaterale?  Oppure possono accettare una politica di difesa in linea con la costituzione non determinata dagli interessi delle lobby industriali?  

«Siamo in un tempo in cui si tende molto a semplificare, e poco ad approfondire. Si usano espressioni “pacifismo di vecchio stampo” come ha fatto recentemente l’ex presidente Napolitano. I tempi dell’Isis vengono usati per giustificare l’uso delle armi; oggi conta il realismo, si dice, ma la realtà è molto più complessa. Esiste un rischio di sminuire tutto non affrontando la realtà nella sua interezza, perché l’esistenza del Daesh viene agitata per giustificare la guerra da parte di certi governi che poi permettono – e promuovono – la vendita delle armi ai gruppi terroristici. È un dato ufficiale che l’Italia venda armi all’Arabia Saudita. Così come è ufficiale che l’Arabia Saudita sostenga l’Isis. Parlare di disarmo non è un vuoto idealismo, ma l’unico realismo possibile davanti a coloro che coprono interessi nascosti. La storia recente ce lo spiega con abbondanza di particolari prendendo ad esempio l’inchiesta sulla strage dell’11 settembre a New York che non ha sfiorato la evidente  presenza dei sauditi e il loro coinvolgimento, lasciandoli così indenni da ogni ritorsione. Per tornare al realismo, invito a ricordare l’urgenza invocata da papa Benedetto XVI, commentando la prima lettura (Isaia 9,1-6) nella messa della notte di Natale del 2010: “Signore, realizza totalmente la tua promessa. Spezza i bastoni degli aguzzini. Brucia i calzari rimbombanti. Fa che finisca il tempo dei mantelli intrisi di sangue. Realizza la promessa: La pace non avrà fine”».

 

Ma certe volte non occorre l’intervento armato? Prendiamo ad esempio Bonhoeffer, grande teologo sostenitore della scelta di pace dei cristiani ma risoluto nel preparare l’attentato, poi fallito, a Hitler. Oppure l’appello di Alex Langer per porre fine alle stragi nell’ex Jugoslavia o l’esempio attuale delle donne curde che lottano in armi contro l’esercito dell’Isis…

«Non voglio rispondere in modo presuntuoso, perché non mi sono mai trovato in una situazione estrema di grave pericolo, ma ricordo quanto ha detto il vescovo ausiliare di Sarajevo, mons Pero Sudar: “Riconosco di essere stato convinto anch’io che l’uso della violenza sia utile e necessario quando si tratta della libertà dei popoli. Dopo aver visto e vissuto da vicino che cosa vuol dire la guerra di oggi, non la penso più così. Sono profondamente convinto, e lo potrei provare, che l’uso della violenza ha portato sempre un peggioramento”. Ad ogni modo, leggendo il tempo attuale, un intervento, al limite, deve essere portato avanti da una autorità internazionale, legittima, come avviene quando si chiama la polizia nelle nostre città e non si affida il ristabilimento dell’ordine chiamando un clan contro l’altro. Il problema è che l’Onu viene sistematicamente screditata a vantaggio della Nato, che è l’espressione di alcuni Stati contro altri e non rappresenta per niente la comunità internazionale. La Nato andrebbe perciò smantellata a favore di un’organizzazione come le Nazioni unite, che è invece continuamente screditata, oltre che “bloccata”, dalle potenze che hanno il diritto di veto, e che sono anche le maggior esportatrici di armi».

 

Resta tuttavia l’esigenza dell’intervento armato in certi casi…

«Non voglio sminuire la follia dell’Isis, credo sia legittimo assimilarlo al nazismo, penso allo strazio attuale delle donne yazide che ho avuto modo di incontrare nel 2009 in Iraq, ma il primo passo da compiere in questi mesi sarebbe stato coerentemente quello di non vendergli le armi, le automobili e smettere di comprare il petrolio. Non è certo in questo modo che si combatte il terrorismo islamista, se non a parole ed evocando una guerra che copre altri interessi».

 

Sembrano però accuse generiche …

«Niente affatto. Ad esempio la rivista Mosaico di Pace (promossa da Pax Christi) ha denunciato il coinvolgimento in questi traffici della vendita di armi Italiane all’Arabia Saudita e i nostri interessi, ad esempio, anche con il Qatar che tuttavia è intoccabile per i troppi interessi economici che smuove anche nel nostro Paese. Pensando anche allo sfruttamento dei lavoratori per i Mondiali di calcio del 2022 io chiedo di boicottare i Mondiali di calcio in Qatar, è uno strumento di pressione politica possibile e fattibile da parte della società civile».

 

Leggi la seconda parte dell’intervista, “Costituzione e ripudio della guerra”.

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